"Buon lavoro" alla ex Breda

Da Brunougolini


La crisi, con i suoi drammi, le sue vittime, le sue proposte, arriva anche a teatro. Arriva precisamente a Sesto San Giovanni, in uno spazio, un luogo emblematico dove un tempo sorgeva una delle piú grandi fabbriche metalmeccaniche, la Breda. Ora si chiama “Spazio Mil” (museo dell’industria e del lavoro”). Qui dove cresceva il lavoro compatto andrà in scena il lavoro spesso frammentario, precario, atipico, flessibile. Tutto avverrà la sera del 30 aprile, la notte della vigilia del primo maggio, in contemporanea con tanti appuntamenti di cui abbiamo parlato su queste colonne lanciati da Vicenzo Moretti con la sua notte dei lavori narrati (www.lanottedellavoronarrato.org). Questa iniziativa di Sesto, destinata a spostarsi poi al Piccolo Teatro di Milano prima di intraprendere un tour nella penisola, sostenuta dalla Cgil nazionale e dalla Cgil lombarda, é stata ideata e condotta da Elisabetta Vergani e Maurizio Schmidt, promotori dell’associazione “Farneto Teatro”. La loro ambiziosa scommessa porta il titolo "Buon lavoro”. L'hanno illustrata in un sito (www.buonlavoroteatro.it) e ricorda un possibile saluto di buon mattino, quando il padre o la madre o il figlio esce di casa per raggiungere la fabbrica, l'ufficio, il negozio. Come quando si dice “Buon giorno”. Gli autori si pongono a tal proposito una domanda: “Ma è sempre davvero buono quel lavoro?”. E aggiungono che loro hanno questo come obiettivo, ovvero contribuire a rendere un lavoro davvero buono sapendo che oggi troppo spesso esso é, purtroppo, “nero, precario, sommerso, schiavizzato, inesistente, introvabile, luogo di esclusione”.
Non sarà una ricostruzione fatta a tavolino. Non é nemmeno il tentativo di far diventare i temi della crisi una puntata di “Report” o di “Piazzapulita”. Gli autori hanno scavato nella realtá promuovendo un’inchiesta, raccogliendo centinaia di storie destinate a costruire l'intelaiatura di un’opera teatrale aperta, in progress. Sará un contributo ad acquisire una consapevolezza più nitida di quanto succede e di come si possa invertire la marcia. Un impegno, crediamo, atto a fare in modo che le stesse proposte sindacali (vedi il “JobFact” della Cgil ovvero il Piano del lavoro tradotto in tweet) possano ad esempio influire sui propositi del nuovo governo.
La lunga e complessa costruzione di “Buon Lavoro”, fatta anche di viaggi in tutta Italia, avrà bisogno anche di finanziamenti, atti ad affrontare i necessari costi. Perciò é stata lanciata una raccolta di fondi tramite Eppela (www.eppela.com), una piattaforma per il cosiddetto “crowdfunding”. Vorremmo dare, dicono gli organizzatori, “voce al mondo del lavoro e alle sue contraddizioni: al lavoro dei giovani, a quello delle donne, al lavoro che c’è, a quello che manca ed a quello che non si vede... Immaginiamo un montaggio che ponga gli spettatori di fronte alla complessità di tante storie, e che affronti anche il tema del conflitto fra generazioni con un particolare sguardo alla condizione femminile”. E a questo scopo è stata aperta anche una pagina su Facebook (www.facebook.com/buonlavoroteatro).
Le storie per ora raccolte e pubblicate nel sito www.buonlavoroteatro.it sono le più diverse. C’è quella di Basilio un cinquantenne che si definisce un artigiano della radio e che dopo 36 anni di lavoro si ritrova disoccupato. Mentre Rossella ha cominciato a timbrare il cartellino quando aveva 17 anni e ora ha visto la Fornero piangere in Tv mentre le allungava di otto anni quelle giornate di timbri prima della pensione. Un'altra lavoratrice, Fiorenza, racconta la sua vita fatta di lavori diversi iniziati a Milano presso uno studio edile. Allorchè si ritrovava “a dover combattere con un datore di lavoro che ti rincorre per tutto l’ufficio con la pretesa che tu ti sieda sulle sue ginocchia”. Una vita di mobbing come per tante altre donne. Cosi come c’è il trentenne con contratto che chiama “co.co.dé” a 800 euro al mese. E’ laureato in filosofia e va in giro per i supermercati emiliani per conto di una multinazionale. “Non è prevista indennità di malattia. Non è prevista tredicesima. Non è previsto trattamento di fine rapporto. Non sono previste ferie pagate. Non è prevista crescita all’interno dell’azienda. Non è previsto futuro. Solo uno scintillante presente”.
Storie amare. Hanno ricordato i promotori come la parola flessibilità sia una parola che nasce nel medioevo in Inghilterra. Indicava la capacità dell'albero e dei suoi rami di piegarsi sotto il peso della neve e le sferzate del vento e della pioggia per poi ritornare alla posizione iniziale. Oggi, nel mondo economico, annotano, ha mantenuto solo il significato del piegarsi, ha perso quello del ritorno alla prima postura. Ecco perché hanno messo all’inizio del loro sito queste parole di John Lennon: “Il lavoro è vita, lo sai, e senza di lui non c'è altro che paura e insicurezza”.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :