Come tradizione vuole nel mio blog, pubblico un racconto natalizio.
Che significa per me "natalizio"?
Bé, qualcosa che mi si sprigiona dal cuore, senza bisogno di lavoro ulteriore, proprio così, come mi esce dal cuore.
La scena si svolge all'interno di un centro commerciale. Odio tutti i luoghi chiusi e, sinceramente, non pensate anche voi all'immagine di un'enorme gabbia quando c'entrate? Non ci sono finestre che si aprono... tutto ermeticamente chiuso. E' così che mi è venuto in mente questo racconto...
Ora è Natale!
“Se assomiglio a un fiocco di neve, posso sciogliermi e scomparire”, così pensava Marco osservando la neve che stava cadendo mentre la mamma lo strattonava con forza per entrare nel mega supermercato nuovo. L’ingresso sembrava una bocca enorme che avrebbe ingoiato lui e la sua mamma. Provò a piagnucolare ma la donna entrò decisamente e furono avviluppati subito da un turbinio di luci accecanti e di suoni allucinanti. Era come entrare in un’altra dimensione.
Se c’è qualcosa d’incomprensibile è la smania dei genitori di portare i bambini in questi centri commerciali. Non c’è nulla di più triste nel vedere le loro facce stanche, nervose, piagnucolanti, anche quando tengono in mano il giocattolo appena comprato per farli stare buoni. E i genitori s’infastidiscono ancora di più perché non riescono a concentrarsi sugli affari in bella vista sugli scaffali, distolti dal pianto dei loro bambini, di quelli che non sono riusciti a piazzare nel baby parking del centro, servizio assurdo in cui povere ragazzine sono costrette ad accudire orme urlanti di bambini, che come invasati passano da un gioco all’altro senza soffermarsi per più di cinque minuti davanti ai disegni e alle matite colorate proposte dalle improvvisate e imperterrite educatrici.
Le mamme e i papà hanno un sesto senso e non appena vedono palloncini colorati, palle, giochi rumorosi e soprattutto palizzate di legno allegramente colorate, piazzate nel bel mezzo del centro commerciale, sanno che quello è un baby parking e guardano a questo come fosse un miraggio nel bel mezzo del deserto.
Il problema è che i posti sono limitati e anche il tempo di massima permanenza del pupetto, per cui i genitori si accapigliano e lottano all’ultimo sangue per sbidonare il bambino senza sensi di colpa.
La mamma di Marco lo aveva subito visto e si era subito catapultata; aveva poco tempo perché doveva ancora pensare agli ultimi regali di Natale. Andare in un centro commerciale il pomeriggio della Vigilia significa doversi accontentare di scelte scadenti ma quell’anno tutto sembrava andar storto. Con suo marito le cose non funzionavano più e avevano deciso di lasciarsi per un po’ di tempo. Non era una storia di tradimenti, semplicemente il loro rapporto si era deteriorato… ognuno preso dai propri obiettivi lavorativi e da passioni diverse.
Ormai erano due mesi che vivevano distanti e avevano pensato di passare il Natale ognuno per conto proprio; il bambino sarebbe stato con lei il giorno di Natale e Santo Stefano l’avrebbe passato con il padre e i nonni paterni.
Marco guardava ai genitori sperando nei loro sorrisi o in un caldo abbraccio come ai vecchi tempi quando si gettava nel lettone. Aveva solo sei anni, ma già si sentiva grande e capiva che mamma e papà non si volevano più bene.
“Marco, stai qui che vado a prendere qualcosa da mangiare per il pranzo di Natale. Faccio presto e poi andiamo insieme a cercare qualcosa di bello per te, va bene?”
Marco la guardò desolato, la baciò per accontentarla e poi entrò nel baby parking e si accomodò sulle piccole poltroncine, sorridendo mestamente alla giovanissima baby educatrice che gli porgeva con altrettanta poca convinzione un foglio e grossi pennarelli.
Anna aveva lasciato suo figlio con uno strano presentimento. La gente si affollava accaldata a fare gli ultimi acquisti. La musica girava imperterrita, martellando i cervelli e sfidandoli a seguire i ritmi che inducevano a perdersi tra gli scaffali pieni delle cose più assurde, oggetti che avrebbero schifato chiunque in qualsiasi altro periodo dell’anno al di fuori del Natale.
Si fermò a pensare davanti alla vetrina di una gioielleria e guardò quell’anello che portava ancora al dito. Se lo tirò via e lo mise nella borsetta. Entrò nel negozio per comprarsi quell’anellino rosa che avrebbe sostituito senza pentimento la fede matrimoniale.
Qualche minuto prima aveva visto Massimo, suo marito, con un’altra donna. Si erano fermati e salutati come due estranei. Le aveva presentato quella donna come una sua amica, ma sembravano già qualcosa di più dal modo in cui lei lo teneva sottobraccio.
Massimo in realtà aveva incontrato quella donna, una sua vecchia fiamma, al supermercato e gli si era appiccicata, nonostante i suoi tentativi per spiegare che stava comprando gli ultimi regali per Natale. E poi incontrare Anna, sua moglie, lì… vederla e vederla ancora come la donna più bella del mondo. Avrebbe voluto abbracciarla e dirle di tornare insieme almeno per Natale ma lei era stata così fredda con lui e l’aveva lasciato andare senza riuscire a spiaccicare una parola.
Intanto nelle stanze della direzione del Centro Commerciale stava succedendo qualcosa di strano. Gli agenti di sicurezza osservavano con preoccupazione quell’immensa folla che si accalcava negli spazi seppur immensi ma non illimitati del meganegozio. La mattina avevano provato le eventuali uscite di sicurezza in caso di situazioni d’emergenza ma la folla che era entrata quel giorno era di là di qualsiasi previsione ottimistica; sembrava che il centro fosse la sede di una manifestazione politica con un ammassamento mai visto sinora. D’altra parte il centro aveva aperto da poco e in prossimità delle feste natalizie proprio per ammortizzare subito il capitale impegnato che alla fine si era rivelato maggiore di quello inizialmente previsto. Nonostante questo grosso investimento anche in termini di sicurezza, proprio quella mattina erano state segnalate alcune anomalie nella chiusura e apertura delle enormi saracinesche meccanizzate che lo sigillavano interamente e che lo rendevano simile a un bunker.
In più erano state attivate alcune nuove precauzioni con la chiusura automatizzata in caso di rapina.
Erano proprio davanti alle postazioni delle telecamere quando videro i banditi fare irruzione con i passamontagna, armati di piccole mitragliette e dirigersi senza esitazione verso la tesoreria del supermercato all’interno del centro commerciale. Sapevano bene dove dirigersi.
Gustavo, il comandante della sezione sicurezza comandò subito la chiusura delle uscite per evitare che i banditi uscissero con il bottino dal centro. Nella tesoreria c’era solo il direttore del centro a custodire la grande cassa di deposito, ma in quel momento era uscito per una commissione.
“Chiudi tutto, andiamo a prendere quei bastardi e chiama subito la centrale di Polizia!” ordinò agli altri agenti di sicurezza, preoccupato che uscissero con il bottino e bloccò le porte della tesoreria. Oltre a queste, le serrande che chiudevano il centro commerciale si abbassarono di colpo e tutte le uscite furono bloccate nei due piani, al primo piano e al piano terra dell’ipermercato.
Crash! Ci fu un calo di tensione che bloccò per pochi secondi l’energia elettrica. I server andarono in tilt e di lì tutto andò a precipizio. Se le chiusure funzionarono, a non funzionare fu senz’altro la folla di persone che si trovavano all’interno del centro. Il silenzio che si era creato per la chiusura delle centraline che regolavano la musica all’interno dei vari negozi e che era emessa in maniera diffusa su tutto il megacentro creò, in effetti, un ambiente ben diverso, un po’ come nella famosa fiaba della Bella Addormentata, quando la fata fa addormentare l’intero castello e tutti s’immobilizzano. Finalmente si sentì emettere un suono umano. Le voci delle persone crearono un brusio, quasi un’onda che si trasmetteva da un piano all’altro, attraverso le scale mobili e le grandi scalinate e attraverso gli sguardi sorpresi che si rincorrevano di persona in persona, come un’enorme scossa elettrica. I primi ad accorgersene furono chi stava per uscire o per entrare nel centro. E soprattutto gli agenti di sicurezza che si trovavano vicino all’uscita cominciarono a guardare con terrore quell’enorme ammasso di gente che cominciava ad affollarsi verso le porte come a voler sfuggire qualche pericolo.
Un’enorme gabbia, ecco cos’era diventata ora quel centro.
Anna si trovava in un negozio di giocattoli e stava per comprare un bel regalo per il figlio quando annusò la paura nell’aria e provò a chiedere in giro cosa stava accadendo. Quello strano assembramento vicino all’uscita non la faceva stare tranquilla e poi tutti quegli uomini di sicurezza in giro che si parlavano freneticamente.
Fu questione di pochi minuti, il tempo del breve calo di luci, perché istintivamente lasciò il giocattolo nelle mani della negoziante che si stava arrabbiando per questo comportamento, preoccupata perché si sfumava l’affare.
Marco…, pensò e si diresse senza esitazione verso in baby parking al piano superiore rispetto al piano terra dove si trovava. Le stava prendendo il terrore, aveva come unico obiettivo raggiungere subito suo figlio. Le scale mobili erano immobili e tutte intasate, la folla si muoveva minacciosa. Provò a infilarsi ma non c’era spazio e come lei altre donne e uomini cercavano di aprirsi inutilmente dei varchi ma gli spintoni e occhi impauriti la riportavano al suo posto iniziale. Si fermò, sapeva che razionalmente doveva stare calma, Marco probabilmente non si era accorto di nulla e stava giocando con gli altri bambini. E mentre stava così in tensione, guardò in alto nel piano superiore e incontrò gli stessi occhi di Massimo, suo marito, che cercava di farsi notare da lei.
Si capirono… Marco, sussurravano entrambi.
“Prendi Marco, è al baby parking!”, gli gridò in mezzo al rumore della folla.
Massimo capì e si diresse verso quello spazio che sapeva era stato adibito per fare giocare i bambini.
Tutti i genitori si erano precipitati a prendere i loro figli ma tanti erano ancora lì da soli a piagnucolare e così anche Marco, accanto alla piccola ragazza che lo avrebbe dovuto accudire.
Marco gli gettò le braccia al collo: “Papà!” e Massimo provò una felicità incontenibile. Si sentì come pieno di un amore immenso, qualcosa che lo completava.
“La mamma dov’è?” gli chiese mentre lo abbracciava.
“Non preoccuparti, ci aspetta al piano terra perché ci deve essere stato qualche guasto elettrico alle scale mobili e non si riesce a passare tra la folla e così mi ha chiesto di prenderti perché io mi trovavo qui sopra”.
Marco si tranquillizzò, era felicissimo, stare finalmente col papà!
In quel momento si sentì la voce negli altoparlanti: “Gentili clienti, ci scusiamo per l’inconveniente tecnico. A breve sarà ripristinato l’intero sistema e tutto tornerà nella norma e si riapriranno le uscite per cui vi chiediamo per ragioni di sicurezza di mantenere la calma e a tutti sarà consegnato un ulteriore sconto nella spesa natalizia per risarcirvi in parte del disagio. La Direzione, grazie.”
La gente si tranquillizzò, in fin dei conti si trattava di un guasto tecnico e presto sarebbero tornati a casa. Trovarsi chiusi la notte della Vigilia di Natale in un centro commerciale in fin dei conti non era una situazione desiderabile, anche se qualcuno avrebbe ben rinunciato all’abitudinario cenone natalizio con il parentado.
Così cominciò un po’ il rientro alla normalità e la gente tornò a fare gli ultimi acquisti, anche se non si era scemata la folla davanti alle uscite.
Riuscirono, Marco e Massimo, a farsi strada tra la folla e raggiunsero Anna al piano terra.
Quando li vide insieme, tirò un sospiro di sollievo. Guardò Massimo e gli sorrise e si abbracciarono; la tensione si stava sciogliendo e insieme sprigionavano la magia della felicità.
In quel momento scattarono le serrande e si riaprirono le porte del centro. Fu tutto un fluire, un applauso di mani felici, sospiro immenso e la folla uscì insieme fuori da quell’enorme gabbia dorata. A che serviva quell’immenso contenitore se non poteva contenere le cose più importanti, l’aria e la terra?
La neve aveva riempito i piazzali e i parcheggi antistanti. Erano le dieci della sera e c’era il cielo stellato.
La vera felicità, la libertà, si trovava fuori, nel soffio di vita che percorreva ancora l’universo e nella nascita dell’amore che sempre dà luce ed è amore semplice, senza retorica, povero ma ricco nella sua essenza.
Uscirono anche loro tre, Anna guardò Massimo e Marco. Non c’era bisogno di parole. Tornarono a casa. Quella notte l’avrebbero passata insieme, per loro in quel momento aveva deciso il destino e poi… per decidere ci sarebbe stato tutto il tempo necessario.
Ora è Natale.