Buongiorno, Italia. A quelli che si svegliano tardi o ai mattinieri che si fanno il caffè dopo una notte insonne. Sei ancora così, come ti abbiamo lasciato ieri. La tua faccia è la solita, alla luce cruda del giorno. Sui giornali continuano a rincorrersi i mille partitelli della campagna elettorale, volti noti e anonimi, che non bastano a soddisfare la ricerca vana di un leader che valga un applauso. E il ciclismo continua ad avere stampato in volto il sorrisetto di un re incoronato per la terza volta, ieri, a filo del quorum. L’ennesimo regno di Di Rocco bussa a una porta già aperta: i vuoti di bilancio, i soldi che sono serviti a portare gli entourage all’estero per gli eventi importanti hanno portato via anche quella.
“Rigore” continuava a ripetere il nostro scialbo premier per tutta la durata del suo governo tecnico. Penso, stamattina, ai frati cappuccini che, di rigore, se ne intendono. E credo anche di umiltà. Mi ha colpito il fatto che, nella loro Regola è previsto che dopo cinque anni, l’ultimo diventi il primo. L’ultimo arrivato subentra nel ruolo di “custode”. E’ un ciclo così. Mi chiedo cosa potrebbe significare un gesto del genere nell’Italia di oggi. Nel ciclismo di oggi. Rovesciare le carte, sparpagliarle, comporre di nuovo. Sì, perché per fare ordine, paradossalmente, bisogna fare disordine. Prendere i giovani, acchiappare la loro passione, il loro alzare la mano in un mondo che non li vede. Lasciare che le cariche passate di mano in mano come un prezioso testimone non siano più di moda, che chi ha scaldato la poltrona per anni vada a fare un giro in bicicletta, pensando che la vita è bella anche senza una corona in testa e persone che stringono la mano e sorridono solo perché sei importante. Dare alla nostra Nazionale quello che merita, possibilità per chi ha il cuore giovane e chi ha il cuore ferito, forse da uno sbaglio già scontato; un riferimento che non sia un per forza un campione ma qualcuno che sappia essere leader tra gli altri, che sappia amare ogni ciclista per quello che è, aiutarlo a occupare il proprio ruolo con orgoglio, stare vicino a loro anche in corsa, senza bisogno di radioline. Non è così che funziona una Nazione? Non è forse quando tutti danno il proprio contributo nella maniera giusta che le cose si risollevano? Rigore, sì, ci vuole quello anche nel ciclismo. Ma c’è bisogno anche del coraggio di farsi da parte e di amore. Sì, anche di amore.
Ma è solo un pensiero. Perché da ieri non è cambiato niente: sì, la tua faccia, Italia, è sempre quella. Anzi forse un po’ più stanca, un po’ più annoiata. Continueremo a vedere le corse nostrane sparire dal calendario e daremo la colpa alla solita crisi, continueremo a controllare fino allo sfinimento i nostri ragazzi che si sentiranno comunque, sempre, dire che sono solo un branco di dopati, senza che la loro Federazione apra la bocca per dire, almeno, di no. Continueremo a dire che è il momento di voltare pagina ma nessuno alzerà la mano per farlo davvero, per girare quella maledetta pagina piena di scarabocchi.
Buongiorno Italia. Ai tuoi laghi luccicanti, alla dolcezza del tuo mare, alla nebbia leggera che sale dalla tua terra profumata. Sei bella sempre. Ma del cambiamento, lo sappiamo, non sei mai stata amica.