INCHIESTE (Roma). Che gli stadi siano la cartina di tornasole del gap che separa il calcio italiano da quello delle altre grandi nazioni europee è argomento trito e ritrito. Vecchi, brutti, scomodi: la storia delle nostre arene è quella di gestioni politiche sbagliate, progetti approvati in tutta fretta a fine anni ’90 col mondiale italiano del ’90 che incombeva, e ora di pozzi senza fondo, visto che gli impianti della sola serie A odierna hanno costi di manutenzione annui superiori ai 750 milioni complessivi. Con ricavi che, è facile prevedere, sono ben al di sotto di tale cifra. Per poter seguire il modello Juventus Stadium, urge la tanto chiacchierata nuova legge sugli impianti sportivi.
Di questo si è parlato oggi al salone d’onore del Coni a Roma, all’interno del convegno “Uno stadio per amico”. E a lanciare subito il guanto di sfida è il presidente del Coni Giovanni Malagò: “Da tempo sostengo “la necessità che il CONI, pur non avendo capacità legislativa, aiuti a portare a compimento il procedimento normativo per la realizzazione di impianti sportivi”.
Fotografa lo stato dell’impiantistica sportiva in Italia Michele Uva, Direttore Centro Studi FIGC: “La burocrazia e lo scarso livello di investimenti pubblici determinano il ritardo italiano. Solo la definizione di una tempistica precisa per la realizzazione delle strutture e una compensazione funzionale, intesa come sostenibilità nella costruzione e nella gestione delle stesse, potranno cambiare le cose”. Sulla necessità di far fronte ad un problema di carenza infrastrutturale concorda il deputato Dario Nardella: “Ho ripreso alla Camera la proposta di legge sugli stadi della passata legislatura, perché la drastica riduzione degli investimenti pubblici e l’urgenza di realizzare in Italia strutture di nuova generazione lo rendevano necessario. Quest’ultime saranno un volano per l’economia e uno strumento per recuperare il rapporto con il territorio”.
Attesi gli interventi di Claudio Lotito, Presidente della S.S. Lazio e di Claudio Fenucci, Amministratore Delegato della A.S. Roma. Mentre il primo reclama uno strumento normativo che aiuti le società sportive ad avere un impianto di proprietà in funzione h24 e in cui vi siano servizi da offrire agli utenti perché “bisogna agire sul costo della vita quotidiana”, il secondo parla di stadi di proprietà come fatto economico e culturale. Afferma Fenucci: “ Lo stadio diventa la casa dei tifosi, aumenta l’identità tra tifoso e club e porta comportamenti positivi”.