Parlando con estrema franchezza( penso in questo momento a certe realtà oscurantiste di paesi asiatici come l’Afghanistan e le “sue” donne con il burka o il Pakistan con le spose” bambine” o la stessa India, che non è certo tutta quella modernità apparente ) non solo una realtà piccola e difficile come il Burundi ,nel cuore dell’Africa nera, ha bisogno di consentire l’accesso all’ istruzione a tutte le donne e ( possibilmente senza discriminazione alcuna di stato sociale) ma, ai nostri giorni, ogni spazio del mondo abitato, in cui c’è una donna, che sarà quasi certamente moglie e madre.
E le spiegazioni sono superflue in quanto,senza volere essere femministe tout court, è più che lapalissiano che la donna, specie se madre di famiglia, in una società complessa com’è divenuta la nostra, Africa, Asia o Europa indifferentemente, ha grosse responsabilità in materia di educazione dei propri figli e di conduzione della famiglia nel suo insieme.
E non può più permettersi di “non sapere”, di ignorare, di restare ferma al palo.
Istruzione è progresso. Sviluppo. E quindi migliore qualità della vita cui tutti gli esseri umani hanno diritto.
E’ abbastanza noto poi , grazie ad un’informazione, sempre più documentata anche degli stessi “media” generalisti, che le donne in Africa hanno, comunque, grossi carichi di lavoro.
E questo in quanto i loro uomini o sono lontani per ragioni di lavoro, per poter mandare qualche soldo a casa o sono, al contrario, dei fannulloni,dei buoni a nulla, che demandano ogni tipo d’incombenza alle proprie mogli.
E fare bene il proprio lavoro per la donna, fosse pure la coltivazione dei campi(il Burundi è una società in prevalenza agricola), con tecniche moderne e adeguate, è già portare a casa un discreto risultato.
Che significa soddisfazione, soldi e benessere poi per tutti.
Per quanto riguarda il Burundi nello specifico, secondo dati ufficiali dell’Unesco, solo il 31% delle ragazze burundesi, purtroppo, prosegue gli studi dopo la frequenza delle scuole primarie.
Trattandosi di un dato estremamente modesto , il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS),presente in loco, facendosene carico, ha messo in piedi nel Paese africano un progetto che possa coinvolgere tutte le donne disponibili a spendere qualche ora della loro giornata per istruirsi.
E l’impresa pare stia funzionando alla grande,perché sono soprattutto le madri di famiglia a frequentare i corsi e anche con buon profitto.
E qualcuna, inaspettatamente,arriva a ricevere addirittura gli elogi del coniuge orgoglioso.
In genere si tratta di donne, la maggioranza appartiene alla società contadina, che non hanno proseguito negli studi quasi sempre per mancanza di mezzi economici e difficoltà logistiche o a causa di matrimoni precoci.
Ma il progetto dell’JRS si propone come obiettivo, accanto all’istruzione delle donne, che è già di per sé un ottimo traguardo, la sensibilizzazione del mondo maschile a tutto questo.
Ed è senz’altro questo lo “zoccolo duro” da superare anche se più di qualche segnale positivo c’ è già.
Anche perché qualcuno di questi padri, mariti, fratelli o compagni si ricorda spesso di quelle che sono state le proprie di difficoltà ( e la delusione da ingoiare) di quando da ragazzino avrebbe voluto continuare a frequentare la scuola e la cosa non era stata fattibile.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)