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Come dicevano i latini, "Nomen omen". Forse il caso di Renato Buso potrebbe essere uno di quelli. Il suo cognome, infatti, fa pensare ad un mezzo di trasporto. il "bus", appunto. Non inteso, però, nel senso napoletano del termine.
Infatti Buso era un condensato della potenza e della puntualità che si addice ad un mezzo di trasporto pubblico nel normale esercizio delle sue funzioni.
Nato come centravanti, Buso esordì giovanissimo con la maglia della Juve.
La sua strada si è unita con quella del Napoli a partire dal 1993, quando, sotto la guida di Lippi, fu acquistato insieme a Corini (ed ora i due sono alla guida tecnica del Chievo) entrambi dalla Sampdoria. dovevano essere gli eredi di Vialli e Mancini, ma ciò non avvenne.
Lippi seppe rivalutarli entrambi in una stagione che regalò al Napoli la coppa Uefa. Buso, in particolare, riuscì a trasformarsi pian piano da attaccante centrale a tornante di destra, ossia quello che nel linguaggio contemporaneo definiremmo un esterno di fascia.
Combinando il senso del gol con la costanza e la velocità sulla fascia, Buso divenne per il Napoli uno degli artefici della conquista dell'Europa, e, negli anni successivi, quelli di Boskov e Guerini, un vero e proprio trascinatore di una squadra che iniziava a dare i primi segni di cedimento per quel declino che divenne poi pian piano inesorabile.
Ricordiamo sicuramente quel suo gol tutto cuore, grinta, datato 12 marzo 1995. Il Napoli perdeva inizialmente con la Lazio per due reti a zero, poi riuscì a pareggiare e proprio lui, Renato Buso, al minuto 87, mise dentro la palla del tre a due, facendo esplodere lo stadio san Paolo.
Lo ricordiamo per la sua serietà, e forse, proprio per questa sua dote e per il grande impegno profuso, avrebbe meritato un po' di più a livello di risultati.