Questo libretto è taaaanto americano! A leggerlo, sebbene più volte ripeta che bisogna dedicarci una montagna di ore, sembra che chiunque possa vivere della propria passione/hobby, che dipende tutto da te, non da quanti soldi o quali parenti hai. Dice che coi social media, oggi, se davvero sei appassionato di un argomento, puoi trovarti la tua nicchia e fare business; magari non sempre diventerai miliardario, ma potrai guadagnare altrettanto di quello che prendi col tuo attuale lavoro.
E ti fa davvero venir voglia di mollare tutto per dedicarti a quello che ti piace sopra ogni cosa:
Che cosa vuol dire vivere una passione? Vuol dire che quando ti alzi la mattina, ogni mattina, per andare a lavorare, ti alzi con entusiasmo perché sai che vai a fare la cosa che ti piace di più al mondo. Vuol dire che non vivi in perenne attesa delle vacanze per prenderti una pausa; per te lavoro, divertimento e relax sono un tutt’uno. Non fai nemmeno caso a quante ore stai lavorando perché per te non si tratta di vero lavoro (…). Spero che tu ti sia ritrovato in quanto ho appena detto e che non stia lavorando per arrivare a fine mese, perché staresti sprecando la tua vita… e la vita è troppo breve per essere sprecato. Fallo per te stesso: devi cambiare radicalmente vita per ottenere il meglio; tutto quello che devi fare è buttarti su Internet e sfruttarne gli strumenti.
Ma diciamocelo. abbiamo tutti il DNA da imprenditore?? E anche se fosse, ricordiamoci che Gay Vay Ner Chuk, anche se di origini europeo/ebree, vive negli Stati Uniti, mercato enorme, e con una mentalità molta più aperta dell’italiana, senza parlare delle lungaggini burocratiche.
Io non credo che tutti possano farcela col personal branding. Anche perché sempre meno gente è disposta a nutrire davero una passione, indipendentemente da eventuali monetarizzazioni. vedo sempre più uomini e donne che lavorano dal mattino alla sera e poi passano il resto del tempo in famiglia davanti alla TV (ma se glielo chiedi, tutti dicono di guardarla pochissimo). Hobby? Magari un mese di pesca, un altro di acquabike, un altro di pittura sui sassi. Ma con pochissima, pochissima passione. E quella che c’è, è di breve durata. Niente che tenga svegli la notte per approfondire l’argomento e che riempia le serate in modo monotematico per di sviscerare ogni sfumatura dell’argomento.
Ciononostante, l’autore dà molti suggerimenti su come gestire la propria presenza online (e questa alla fine può aiutare a incontrare la gente giusta).
Le aziende sono terrorizzate dai contenuti non filtrati ma ciò che dovrebbero fare è incoraggiare ogni dipendente ad avere un account Facebook in cui parlare del lavoro e dell’azienda (e di tutto quello che vuole, naturalmente). (…) Non aspettare i colloqui postdimissioni per scoprire che cosa pensano davvero i tuoi dipendenti, tasta il polso della società e inizia a cambiare da subito. (…) Un tempo eri alla mercé dei media e non potevi dire una parola sul modo in cui raccontavano la tua storia a meno che non dovessero citare la tua versione. Se il ritratto che ti facevano non ti piaceva, eri incastrato. Adesso puoi combattere i media con questi strumenti: il tuo blog, Facebook e Twitter.
Non basta offrire il prodotto buono! Bisogna farne parlare.
E poi, consiglio valido per tutti: i contenuti vanno curati. Non si può aprire un blog di design per promuovere la propria inventiva, scrivere di aria fritta per giustificare ciò che basterebbe una foto a lanciare, e aspettarsi migliaia di followers.
Detto questo, leggete questo libro per le dritte sul personal branding, qualcosa si impara sempre, ma non crediate di comprarvi tutti una squadra di calcio coi soldi che guadagnerete dalla vostra passione per le creme depilatorie fatte in casa o per l’autoproduzione di utensili fai-da-te.