Puntata speciale di Servizio pubblico dedicata alla mafia, partendo dalla latitanza a Beirut di Marcello Dell'Utri, per arrivare alla trattativa stato mafia, la morte dell'urologo Manca, la latitanza di Bernardo Provenzano. Dalla mafia che faceva affari d'oro con la droga e il cemento ieri, alla mafia che oggi fa affari coi grandi appalti ma anche con le piccole cooperative, e che tramite l'usura riesce a prendere possesso di tante piccole imprese in crisi.
Nella copertina Santoro raccontava di un paese diviso in due, uno che comprende e che ancora è disposto a leggere per cercare di comprendere e un altro, rancoroso e in tempesta, in cerca del suo duce. Un paese dove rabbia e gossip sono distribuiti ad arte per demolire l'avversario e dove la colpa è solo di immigrati, lobby, casta.
Anche della mafia è sempre e solo colpa degli altri? O forse non è meglio guardarsi attorno e avere più coraggio per mettere in discussione noi stessi?
La ricostruzione di Walter Molino ha raccontato il viaggio a Beirut di Dell'Utri, prima della sentenza della Cassazione, poi slittata.
Il fermo della Criminalpol e la detenzione in un ospedale.
Sandro Ruotolo ha posto tutti i dubbi su questa storia al pentito di mafia Di Carlo: "Dell'Utri si è trasferito lì per vedere come vanno le cose". A Beirut, dove avrebbe una base di protezione.
I due si conoscono, da ben prima che i mafiosi colonizzassero Milano per il traffico di droga.
Se ieri c'erano i grandi boss, oggi la situazione è cambiata poco: si uccide ancora per il predominio dello spaccio. I due fratelli Tatone sono stati ammazzati per questo, a Quarto Oggiaro dai calabresi.
Che aria si respira a Milano, la città dell'Expo?
Le due morti non hanno portato ad un risveglio di coscienze: la rabbia e le tensioni al massimo si sfogano tra vicini e contri gli immigrati. Accusati, anche dalla Lega, di essere l'origine dei problemi.
Immigrati favoriti per le case dal comune.
Perché, tutti gli intervistati lo ripetevano alla giornalista di Servizio pubblico, se non c'è lavoro per noi italiani, perché darlo a loro. Se non ci sono case per noi ..
Sembra di essere lontani mille miglia da Expo: qui la gente ragiona con la paura, con la voglia di farsi i fatti propri.
Non vedere certe cose, fa campare meglio: come le cooperative in mano a Guido Porto e a Cinzia Mangano, ora agli arresti.
Cooperative aperte e chiuse, secondo le necessità, che riuscivano a prendersi appalti frodando il fisco, grazie all'aiuto di commercialisti amici.
Se avevano problemi di liquidità potevano chiamare le banche e avere il contante subito, diversamente da imprenditori comuni.
All'Ortomercato, nel cuore di Milano, ci sono ancora situazioni di sfruttamento e lavoro nero. Immigrati che accettano anche una paga da fame pur di non dormire per strada. Le aziende che hanno usato i servizi delle cooperative della Mangano non sapevano, non si sono chieste dei prezzi bassi. Delle fatture false.
Uno di questi imprenditori, per un debito non rientrato da 800000 euro avrebbe pure ricevuto minacce. Tutto registrato dagli investigatori.
Tutto sminuito dall'interessato.
Perché è meglio farsi i fatti propri.
Siamo a Milano o a Palermo?
Di Carlo, nell'intervista con Ruotolo, ha ricordato l'incontro avvenuto a Milano nel 1974 tra Berlusconi e il gotha della mafia. Stefano Bontade e Mimmo Teresi. Perché il costruttore aveva paura dei sequestri, e allora la mafia gli mise vicino Vittorio Mangano.
Ma anche perché la mafia aveva bisogno di imprenditori, specie al nord dove il sequestro dei beni era più difficile (al nord notoriamente la mafia non esiste).
Oggi, i capitali delle ndrine del sud arrivano al nord per essere riciclati tramite l'usura. A Seveso la ndrangheta aveva la sua banca nel tugurio. Prestava soldi a strozzo a imprenditori senza troppi scrupoli. Il capo era il boss della ndrina di Desio, Pensabene.
Gli usurati si rifiutano di parlare: l'unico che ha parlato al giornalista è stato il signor Tremolada.
La ndrangheta poteva anche andare a prelevare contante negli uffici postali: una persona normale dovrebbe prenotarli, i soldi. Qui invece c'era un direttore così gentile ..
L'inchiesta di Servizio pubblico è proseguita poi facendo un salto indietro nel tempo: agli anni, dopo il maxi processo, quando la mafia decise di eliminare Falcone. E forse non solo la mafia, se dobbiamo credere sempre a Di Carlo quando parla di un incontro con esponenti dei servizi, anche Arnaldo La Barbera dice, quando era nel carcere di Londra.
In molti omicidi di mafia, a cavallo tra gli anni 80 e 90 compare un misterioso personaggio: faccia da mostro è stato definito, per una cicatrice sul volto.
Era sul luogo dell'omicidio di Nino Agostino. Sarebbe implicato anche nella scomparsa dell'agente Piazza.
Un pentito di mafia ha parlato di un gruppo di fuoco esterno alla mafia, che da questa veniva usato per gli affari sporchi: ex membri di Gladio, uomini dell'alto commissariato antimafia del prefetto De Francesco.
Il giornalista di SP ha intervistato quello che si ritiene essere faccia da mostro: Giovanni Aiello, ex poliziotto di Palermo, nella Mobile. Assieme a Bruno Contrada.
Il padre di Nino Agostino, Vincenzo, avrebbe riconosciuto l'agente dalla foto e ne ha chiesto il confronto.
Gli interessati hanno tutti smentito: Aiello, Contrada. Anche l'ex agente Paolilli, chiamato a Palermo da La Barbera per lavorare sul caso Agostino. Ucciso, secondo quest'ultimo, per motivi di "pelo".
Un depistaggio? Perché allora Agostino temeva di dover morire? Perché Falcone gli doveva la vita?
Altri misteri sulla scomparsa di Emanuele Piazza: era entrato nel Sisde per dar la caccia ai latitanti? E quanti Sisde c'erano? Uno cattivo per i lavori sporchi e uno pulito per proteggere Falcone?
Il padre di Emanuele ricorda ancora la telefonata di De Sena (ex funzionario Sisde), mentre il fratello dell'agente la cattiva opinione su De Gennaro. Altri pezzi di un puzzle.
La latitanza di Provenzano.
A Barcellona Pozza di Gotto la mafia e il pizzo forse non esistono. E forse non è nemmeno vero che qui, nel convento, è stato ospitato Bernardo Provenzano, dove fu visitato per il suo tumore alla prostata dall'urologo Attilio Manca.
Il medico è stato poi trovato morto a Viterbo, dove lavorava. Un'overdose, ha stabilito il giudice. Con troppe contraddizioni.
La puntura sul braccio sinistro. Le ecchimosi. Il sangue.
Se è overdose, perché i colleghi del medico a Viterbo hanno paura?
Un'altra opera di depistaggio messa in piedi per proteggere Provenzano, garante della max mafiosa nata dopo la trattativa? Un'altra opera dei servizi sporchi?
Nel suo intervento Travaglio ha ricordato le amicizie di Dell'Utri, note da tempo. Ma bisognava aspettare le sentenze, e allora tutti facevano finta di niente.
Come per Andreotti. La sentenza arriva sempre troppo tardi. Perché la politica è sempre incompatibile con la verità sulla mafia, perché questa politica è troppo intrecciata con la mafia.
Il processo sulla trattativa si può fare solo ora, forse, perché i protagonisti sono oggi meno potenti di prima. Quando siamo a cavallo tra la seconda e la terza repubblica.
E forse sono in corso nuove trattative tra mafia e politica, per arrivare a nuovi equilibri.
Oggi la mafia non ha bisogno di sparare. Finché la politica si limiterà a combatterla solo a parole, perché i suoi voti gli fanno comodo.
Oggi politici e intellettuali (come il candidato PD Fiandaca) ammettono che forse la trattativa cè stata ed è stato giusto perché ha salvato la vita a qualcuno. Ma è un falso: perché la trattativa è avvenuta tramite le bombe che hanno ucciso persone innocenti.
La mafia non si combatte con la trattativa.
Nè con leggi annacquate, come il 416 ter uscito dalla Camera: le pene per il voto di scambio si sono abbassate da 4 a 10 anni. Niente galera.
E' questa la svolta buona?
Quarto Oggiaro, i palazzi di via Pascarella.
Dove la gente deve convivere con i giovani "Vallanzasca". Dove i giovani vorrebbero scappare, difendono l'amico (perché altre persone rubano e non vanno in carcere). E dove la parola comunità ha perso il suo significato. Nel profondo nord.
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