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E se fosse tutto diverso da quel che ci hanno raccontato alle medie? Si dia infatti il caso che non è detto che l'Homo habilis possa essere stato il precursore dell'uomo moderno; ora viene avanzata la tesi che possa essersi trattato di un ramo morto, come morti sono stati molti altri rami genealogici umani, dalle varie forme australopitecine ai neandertaliani. L'origine dell'uomo viene rimessa in discussione dal ritrovamento dell'Australopithecus sediba, in Sudafrica, di cui Spigolature si è già occupato mesi fa: http://gianlucagrossi.blogspot.it/2011/09/scoperto-lanello-mancante-fra-il-genere.html. Secondo Lee Berger, autore della scoperta, il genere Homo non s'è, dunque, sviluppato nella famosissima Rift Valley, ma ben più a sud del continente africano, nei pressi di Gladysvale. Il ritrovamento dei resti della nuova forma australopitecina risalgono al 15 agosto 2008. Con Berger c'era il figlio Matthew che s'è intrufolato in una zona boscosa rinvenendo un resto osseo: la clavicola di un sediba. Ed è diventato il primo fossile di Malapa. La datazione è stata fondamentale: 1,977 milioni di anni. E la rivoluzione paleoantropologica una diretta conseguenza. Prima si riteneva che dall'Australopithecus afarensis (la celebre Lucy) si fosse originato l'Homo habilis e quindi l'Homo erectus; ora si pensa (alcuni, come Berger, pensano) che ci sia stato prima l'Australopithecus africanus, poi il sediba e infine l'Homo erectus. Fantantropologia? Forse. Non tutti infatti concordano con la tesi di Berger. William Kimbel, per esempio, dell'Arizona State University si esprime fin troppo loquacemente: «Non vedo come un taxon con alcune caratteristiche che somigliano a quelle di Homo in Sudafrica possa esserne l'antenato quando in Africa orientale c'era qualcosa che era chiaramente Homo 300mila anni prima».
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