a cura di Dale Zaccaria
La mafia è un fatto umano diceva Giovanni Falcone e in quanto fatto umano è prodotto da umanità, da persone. Ora spesso queste umanità sono persone arriviste, false, prepotenti e senza scrupoli. La prepotenza è un tipico atteggiamento mafioso poi. I Badalamenti insegnano e non solo. Come dice Dario Fo in un recentissimo articolo su l’Unità ” più nessuno al suo posto” tipico del prepotente invece prendere posti non propri, o come dice ancora meglio la Gabanelli ” poi questi si allargano” o meglio fanno e dicono cose che non sono di loro competenza. Ecco un’altra cosa tipicamente mafiosa: l’incompetenza, non si accettano competenze sul territorio mafioso, non si accettano professionalità, nel territorio mafioso vige la regola del controllo (dei territori quindi anche quelli letterari) vige la regola della svalutazione ( come la svalutazione o meglio la distruzione del territorio messo in atto con l’abusivismo edilizio) vige una sorta di medioevo, che io chiamo basso evo letterario in questo caso.
La mafia poggia poi le sue basi o meglio la sua forza su la quantità non certo sulla qualità. La quantità di rapporti che si creano e si intessono come una grigia ragnatela di favori, scambi, occupazione di luoghi e di ruoli. Poi magari qualche rapporto qualche filo si spezza e subentra il ricatto. La mafia è un sistema quindi dato da fattori numerici, da numeri, da persone. Persone legate da rapporti mafiosi quindi, rapporti non di qualità appunto. E così anche nel sistema letterario esistono una serie di numeri o di persone che spesso rappresentano gruppi che si muovono per il controllo del territorio e che si muovono e agiscono su quanto detto sopra.
Il sistema è medievale appunto. Abbiamo critici Re legati ovviamente alle università che rappresentano in maniera equivalente il baronaggio segue da buona partitura clientelare, la protetta o i protetti, seguiti a sua volta da faccendieri ruffiani al servizio e da una serie di cortigiani pronti a dare plauso e a gettare fiori e tappetti rossi, sarebbe buono se si gettassero loro. Un sistema appunto. Un fatto numerico. Fatto da più persone. Nel fare confusione i mafiosi sono bravi, a volte mettendo bombe altre volte semplicemente abusando di termini come “nuovi mistici dalle laicissime visioni” dicendoselo da sé in maniera barbara autoreferenziale e offendendo anche la cultura come se Theresa D’Avila per citarne una di mistica fosse dopobarba. La mafia penetra nell’ignoranza è lì che sta, e come dice la mamma di Peppino Impastato ” studiate perché solo con la cultura si combatte la mafia” perché la mafia uccide la cultura. La nega. Così il territorio si controlla. Nell’ignoranza. Nell’incompetenza. Ora non mi stupisco se la protetta me la ritrovo ad un Festival Letterario perché proprio quel festival chiedeva a me nomi/conoscenze da fare per portare un progetto che ovviamente non è che mi si valutava il progetto ma c’era bisogno di un nome e cognome che io ho fatto, dopodiché mi è stato confermato la possibilità di essere in certi luoghi, ma dopodiché ancora io non usato quel nome e cognome e il mio progetto me lo sono portato altrove in luoghi magari meno come dire “letterari” ma più umani. Perché la mafia è appunto un fatto umano. So benissimo che c’è un sistema mafioso letterario, lo conosco, l’ho visto, e me ne tengo lontana, come se fossero la peste, perché la mafia è la peste. Uccide. Uccide vita e futuro.
Per denunciare quello che io so utilizzo la satira come in poesie in forma di satira metaforizzando nomi e personaggi reali che magari vi capiterà di incontrare ( e non ve lo auguro) perché infondo la satira smaschera, ti da la possibilità di un riscatto da certe prevaricazione, che appunto i mafiosi prepotenti compiono. Brutto dirlo ma la mafia è oramai un sistema culturale, appunto un fatto umano, ma se come diceva Falcone proprio come fatto umano è destinato a morire, bé spero che muoia presto, perché non né poesia né letteratura è mafia letteraria.
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