Lo spettacolo messo in scena nel consiglio comunale di ieri è stato davvero degno del teatro dell’assurdo. Ad un mese dalle dimissioni del vicesindaco, Pippo Ascrizzi, il sindaco ha ritenuto di dare delle “comunicazioni”. Meglio tardi che mai. Un’opposizione più attenta avrebbe dovuto incalzare l’amministrazione sulla questione, magari con un manifesto pubblico che sottolineasse l’anomalia di due dimissioni consecutive, quelle dell’ex presidente del consiglio comunale, Tonino Alati, e quelle, appunto, di Ascrizzi, entrambe “per motivi personali”.
Lo intuiscono anche i sassi che i motivi sono altri. Eppure, tutto tace. Il torpore più assoluto. D’altronde, la classe politica e amministrativa è espressione della cittadinanza. La quale, tanto per usare un eufemismo, non dimostra particolare interesse per le vicende del Comune. Altrimenti, ad un consiglio comunale convocato dopo le dimissioni del vicesindaco, avrebbero dovuto assistere più cittadini rispetto ai nove – compresi i dipendenti comunali – che non hanno certo faticato per trovare le poltroncine libere.
Nello specifico, il sindaco ha dato lettura delle dimissioni di Ascrizzi, chiosandole – e qui sta la demenzialità – con l’auspicio beffardo che il suo ex vice possa continuare a dare il proprio contributo all’amministrazione comunale per la crescita del paese. Invece dell’apertura di una discussione sul punto – le frecciatine di Creazzo e Papalia non possono considerarsi tale – abbiamo appreso dal sindaco che gli è stata proposta una collaborazione dal primo cittadino di un comune con 700.000 abitanti – a conferma dell’ormai notissimo “qua c’è scienza”, pronunciato in un precedente consiglio – e che il nostro ragioniere comunale non ha eguali in tutta la Calabria. Per carità, è giusto lodare chi lavora bene; sull’auto-elogio, invece, continuiamo a pensarla come il saggio (“chi si loda s’imbroda”): è decisamente poco elegante.
Non è un po’ inconsueto che in un consiglio si parli più della bravura di un dipendente comunale che delle dimissioni del vicesindaco? Il cattivissimo commissario d’esami interpretato da Alberto Sordi nel film Totò e i re di Roma, al cospetto della deludente performance del nostro consiglio comunale, non avrebbe avuto alcuna indulgenza e avrebbe cominciato a strillare: “Senz’altro bocciato! Senz’altro bocciato!”