Magazine Diario personale

C’è un solo vaso di gerani, dove si ferma il treno

Da Iomemestessa

Ieri sera sono andata a prendere amica-sorella alla stazione di M. Se pensate che sia piccola cosa, non conoscete il mio odio viscerale per la stazione di M. Ma amica-sorella vale il viaggio, va da sé.

É colpa della stazione di M. se ormai piuttosto che prendere un treno Mi sottopongo a tour de force estenuanti. Ho perso più coincidenze io ad M. Che elezioni il PD, per dire.

Alla stazione di M. c’é un bar come in tutte le stazioni. Il bancone é lungo venti cm. i restanti ottanta metri quadri sono occupati da ridenti video poker, che assicurano una fauna di qualità. Il bar della stazione di M. una volta è stato chiuso dai NAS, da tanto era lurido. Riaprí un mese dopo, riuscendo nella titanica impresa di essere ancora più sporco di prima.

Il proprietario, o gestore che fosse, aveva un’espressione che avrebbe reso felice al Lombroso, o quantomeno Vittorino Andreoli. Ier sera c’è n’era un altro. Fosse un congiunto o meno, bello sapere che certe cose non cambiano mai.

Il fatto che il bar della stazione sia l’unico luogo riscaldato mi ha fatto propendere per la preservazione della mia incolumità e mi son accomodata su una panchina al binario 1 (dei tre che ha la stazione di M.)

Sulla panchina, mi sovvenne un personaggio ormai sepolto tra i miei ricordi (dell’orrore). Passava il capostazione, e, per dare un senso alla mia serata gli faccio: “Ma il vecchio della panchina, é ancora dei nostri?” “Oh signore, è tanto che non me lo ricordano, lei lo conosceva? L’ha mai presa.” “No, ma un paio di volte c’è andato vicino” “Comunque, una sera ha dato di matto, ha fatto un casino, adesso è al ricovero (che da noi le case di riposo, si chiamano ancora ricovero)”.

Il vecchio della panchina stava sulla panchina tutto il giorno, inverno, primavera, estate, autunno. Sempre vestito uguale. Giacchetta, basco in testa, mezzo toscano in bocca. Mai capito se d’estate avesse caldo e d’inverno freddo, o se avesse una termoregolazione sua propria.

Stava lì, sulla panchina. Inerte. E te passavi, correndo, nel tentativo, per lo più vano di saltare sul predellino della littorina a gasolio quel l’attimo prima che la bastarda si staccasse dal binario lasciandoti lì a giacere quel paio d’ore.

E in quel momento, in cui tu sgambettavi correndo a lui dianzi, partiva, secco, rapido, implacabile. Lo sputo.

Non so quanta gente abbia centrato, ma aveva un degnissimo score. E distinguevi l’habituée dall’occasionale per quel riflesso condizionato che faceva sì di superare indenni la panchina del binario 1.

Poi finalmente amica sorella è arrivata, e vista l’ora ci siam fermate al cinese a mezza strada. E abbiamo bevuto birra cinese alla memoria del vecchio col basco e il mezzo toscano, che se ci avesse visto, avrebbe detto, ‘cazzo, la birra cinese, no, almeno una bonarda’.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :