Molte volte si millanta che il popolo è sovrano e che le elezioni sono la via maestra per stabilire il candidato migliore. Tutte balle.
L’opinione popolare fa comodo solo quando è a proprio favore, il potere vero è in mano ai partiti, in grado di scorrazzare liberamente qualora si vedessero minacciati.
A Gavorrano, provincia di Grosseto, c’è un sindaco che è stato eletto due volte in tre anni, tuttavia vede la sua poltrona a rischio. Elezioni nel 2009: il PD affida la scelta del candidato alle primarie. Al solito, ha la meglio l’uomo di Sinistra Ecologia e Libertà, tale Massimo Borghi, impiegato comunale, con una storia a sinistra tra PC, DS e Sinistra Democratica.
Borghi di lì a poco vince le elezioni con due terzi dei voti: un trionfo. Una volta diventato primo cittadino, però, inizia a ficcare il naso in ambienti un po’ scomodi: abusi edilizi e gioco d’azzardo, contro le direttive dell’alleato PD.
Evidentemente il giro d’affari è conveniente, passa un anno e tutti i consiglieri democratici decidono di dimettersi dal Consiglio comunale, Gavorrano finisce così commissariata. Borghi torna a vidimare carte d’identità, ma nel frattempo prepara la sua lista civica Gente Comune. Il fronte della sinistra si sfalda ancora e alle elezione si presentano tre liste rosse e il PDL.
Borghi riesce a trionfare di nuovo con circa il 30 delle preferenze. Tempo un mese, però, e spuntano nuove grane per l’acchiappavoti: il prefetto di Grosseto avvia una procedura di azione popolare sul caso della sua presunta ineleggibilità. Sostanzialmente un cavillo che però può farlo destituire di nuovo: in quanto dipendente comunale, avrebbe dovuto chiedere l’aspettativa prima di ufficializzare la candidatura e non dopo.
Il caso è in tribunale e la decisione non arriverà prima di settembre. Borghi dall’alto della sua popolarità si professa sereno:
Io continuerò a governare fino all’ultimo grado di giudizio e nel caso in cui dovessi perdere la causa mi ripresenterò alle elezioni.
E facilmente le rivincerà.