(Pubblicato su Formiche)
Il primo ministro iracheno Haider al-Abadi, ha comunicato giovedì che le unità d’intelligence nel paese, hanno scoperto, attraverso vari interrogatori sui militanti, un piano dello Stato Islamico per portare a termine attentati nelle metropolitane americane (forse New York) e di Parigi.
Secondo quanto dichiarato dal governo di Baghdad, il complotto organizzato dall’IS sarebbe stato messo in pratica attraverso combattenti stranieri affiliati. Alla domanda se il piano aveva una scadenza imminente, al-Abadi ha risposto «Sì, ma non sono sicuro». Ai giornalisti all’Onu, che gli hanno chiesto se l’attentato sia stato sventato ha invece risposto: «No».
Il premier iracheno ha rivelato la vicenda ai giornalisti, senza approfondire per il momento ulteriori dettagli, a margine di una riunione tenuta durante l’Assemblea generale della Nazioni Unite.
La reazione americana è stata accorta, misurata, forse anche un po’ scettica: il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Caitlin Hayden ha dichiarato di non aver conferme sul complotto, e che serviva tempo per verificare le informazioni. Allo stesso, anche Brett McGurk, vice assistente del segretario di Stato con incarichi per Iraq e Iran, ha sminuito le affermazioni del premier iracheno alla CNN: «Lui [al-Abadi] mi ha confermato che non c’è nessuna minaccia credibile e specifica, scoperta negli USA». E pure un portavoce del National Security Council, sentito dal New York Post, ha detto che non ci sono conferme per il momento, nonostante il NSC stia lavorando per approfondire.
«Ma nessuna minaccia può essere trascurata», ha comunque affermato la stessa Hayden – le ferite dell’11 settembre sono ancora sanguinanti. Ci vuole prudenza. Certo è che l’Iraq, visto il comportamento dei propri soldati sul campo di battaglia, non è un partner affidabilissimo. E altrettanto certo è che città come New York o Parigi, sono investite da minacce e allarmi su base giornaliera. L’attività di verificare e corroborare le informazioni che arrivano, è il primo e fondamentale passaggio di intelligence: altrimenti si rischia il panico continuamente.
Anche per questo sia il governatore dello stato di New York Andrew Cuomo, che il sindaco di NYC Bill de Blasio hanno preso la “metro 5″ giovedì sera – con loro c’erano anche il capo della MTA Subway Thomas Prendergast e il commissario della NYPD Bill Bratton.
De Balsio e Bratton nel pomeriggio di giovedì, sembra abbiano anche avuto un tempestivo incontro con il vicedirettore dell’FBI Geroge Venizelos: i contenuti non sono stati resi pubblici, ma i risultati diversi newyorkesi li hanno notati. Fonti locali riferiscono che già nella serata era notevolmente aumentato il dispiegamento di poliziotti per le strade: nelle stazioni della metro erano presenti le unità cinofile k-9, in grado di fiutare gli ordigni, così come (soprattutto in zona Grand Central Station), giravano in pattugliamento piccoli nuclei di poliziotti in assetto da combattimento (giubbotto antiproiettile, elmetto e armi in mano).
Il sindaco aveva avvertito i cittadini di New York con un comunicato: «Potrebbero controllarvi le borse, ma non allarmatevi» diceva, sottolineando che si tratta solo di un aumento del livello di “attenzione”. Il grosso dell’assembramento di polizia, è stato notato nell’area dello Yankee Stadium – e su tutti i treni diretti nel Bronx -, dove il capitano dei New York Yankees Derek Jeter stava disputando la sua ultima partita.
Già nelle passate settimane, gli Stati Uniti avevano espresso preoccupazioni su possibili attacchi in territori occidentali, operati dai jihadisti siriani. Sia uomini del Califfo, cellule dormienti posizionate all’interno di città come New York appunto, o Londra o Parigi (sono molti, infatti, i combattenti inglesi e francesi nel territorio siro-iracheno, segno evidente che nei due Paesi c’è ampia diffusione delle istanze radicali islamiche); sia attraverso cani sciolti, elementi che avrebbero portato a termine azioni personali in nome di Khalifa Ibrahim, senza la necessità di un coordinamento. A questo, in particolare, si riferiva il portavoce del gruppo, Abu Mohammed al-Adnani, in un video diffuso giorni fa su Internet, in cui si invitavano ad uccidere gli infedeli con ogni mezzo disponibile – sassi, coltelli, mani nude, avvelenamenti, incidenti con autovetture, etc. Sulla stessa linea, quello scoperto dalla sicurezza australiana: una quindicina di sospettati sono stati arrestati la scorsa settimana a Sidney, con l’accusa di architettare attentati sul suolo australiano ai danni di ignari cittadini – in questi, il gruppo guidato da un noto jihadista locale, ora in Siria, avrebbe filmato le decapitazioni per poi postarle in rete.
Ma in base a quanto fatto sapere dal Pentagono, la più pericolosa minaccia siriana di attacchi verso cittadini occidentali, è rappresentata dal gruppo Khorasan. Entità secondo alcuni fantomatica, creata più che altro per giustificare una parte dei raid aerei sul territorio di Damasco, ma che invece per i vertici della Difesa americana rappresenterebbe un pericolo imminente. Il gruppo, guidato da Muhsin al Fadli, storico qaedista, nonostante la giovane età (ha 33 anni), sarebbe composto da meno di trenta militanti afghani e pakistani, con qualche elemento nord africano e yemenita, e avrebbe l’appoggio diretto della guida al-Zawahiri. Questi muhajirin (combattenti stranieri) sono arrivati nel 2012 dall’Iran e si sono posizionati tra le file di al-Qaida in Siria: avrebbero avuto il compito di lavorare da dentro la filiale locale al-Nusra, per compiere attentati contro l’Occidente – o in suolo siriano, o fuori, ma non è molto chiaro. E il pericolo era imminente, secondo Washington, anche se il New York Times ha smentito, spiegando che c’era solo la volontà di attaccare. Per questo le sue strutture individuate nelle zone orientali della Siria – Aleppo e Idlib i centri – sono state oggetto di pesanti bombardamenti.
La minaccia è seria e la possibilità che esca dai confini siro-iracheni è alta: ma al momento, quanto siano “operativi e imminenti” piano di attacco del Califfo contro l’Occidente, a tutti gli effetti, non è chiaro – e/o non è dato saperlo. Serve prudenza, si diceva: panico e sottovalutazione, sono le due componenti dell’eccessivo o dello scarso allarmismo.