C’era un tempo in cui Science era, insieme a Nature, una delle riviste scientifiche più prestigiose e stimate. Per un ricercatore, riuscire a pubblicare su Science era come per un calciatore vincere la Coppa del Mondo: ne seguivano fama e una carriera sempre più brillante. A giudicare da quello a cui stiamo assistendo in questi mesi, invece, sembra che non sia più così. Science non è più garanzia di qualità. O meglio, pare che gli editor abbiano scelto di sacrificare il rigore scientifico per premiare la scoperta eclatante, quella con più chance di ricevere risonanza presso i media.
L’ultimo episodio riguarda proprio l’articolo pubblicato la scorsa settimana e sbandierato dalla NASA come la scoperta scientifica che avrebbe cambiato per sempre la ricerca di vita extraterrestre. Non intendo accusare i giornali per il fatto di avere usato un po’ troppo spesso e a sproposito la parola “alieno”, questo era anche lecito aspettarselo (la stampa ci ha abituato a imprecisioni ben più grossolane). Qui si parla della solidità scientifica del lavoro stesso, criticata duramente da moltissimi ricercatori, primi fra tutti i microbiologi Rosie Redfield e Alex Bradley.
I contestatori sono riusciti a dimostrare in modo piuttosto convincente che le conclusioni a cui sono arrivati gli autori dell’articolo sui batteri mangia-arsenico sono state tratte in modo troppo frettoloso. In pratica, gli scienziati non hanno eseguito sufficienti esperimenti per mostrare che l’arsenico si fosse realmente incorporato nel DNA dei batteri del lago Mono oggetto dello studio. Secondo i detrattori, è molto probabile che i microrganismi non abbiano sostituito il fosforo con l’arsenico, come sostenuto dagli autori, ma che l’arsenico fosse semplicemente localizzato vicino al DNA. Per sciogliere ogni dubbio, sarebbe bastato mettere il DNA in acqua: un DNA contenente arsenico avrebbe dovuto sfaldarsi rapidamente, al contrario di uno basato sul fosforo. Uno potrebbe dire che il DNA non poteva contenere fosforo perché ce n’era troppo poco nel mezzo di coltura utilizzato, ma anche questa affermazione è stata contestata: Max Bradley ci ricorda che i batteri che vivono nel mar dei Sargassi possono contare su quantità molto più basse di fosforo, eppure riescono comunque a mantenere un DNA basato sul fosforo. Insomma, come dice Rosie Redfield, pare che gli autori del lavoro non abbiano fatto tutti gli esperimenti necessari per validare o meno le loro conclusioni, ma soltanto quelli che gli facevano comodo.
La NASA, che ha finanziato la ricerca, ci tiene ovviamente a fare una bella figura in questa storia e non ha preso molto bene queste critiche. Un suo portavoce ha dichiarato che non accetta contestazioni pubblicate su blog e siti internet, ma solo comunicazioni ufficiali su riviste scientifiche, che siano sottoposte cioè alla stessa revisione che ha subito il loro articolo. Non voglio entrare nel merito della questione, quella che voglio fare è semplicemente una domanda: possiamo ancora fidarci di Science? Ricordate la storia dei geni dei centenari, pubblicata quest’estate? Anche in quel caso arrivarono feroci contestazioni alla metodologia utilizzata, e anche in quel caso la rivista era Science. E se non possiamo fidarci di una delle riviste più prestigiose del mondo, allora di chi ci possiamo fidare?
Altri link:
- Al lupo, al lupo! Ma non era arsenico? (Query Online)
- Quando l’arsenico è velenoso (per la notizia) (Leucophaea)
- Un bidone (pieno di arsenico) dalla NASA (Marcoscan)
- I batteri del lago Mono cambiano le regole della biochimica (myGenomix)
- I geni speciali dei centenari (myGenomix)
- Piovono critiche sulla scoperta del DNA dei centenari: chi avrà ragione? (myGenomix)
- Arsenic-associated bacteria (NASA’s claims) (RRResearch)
- Arsenate-based DNA: a big idea with big holes (We, Beasties)
- The Wrong Stuff: NASA Dismisses Arsenic Critique Because Critical Priest Not Standing on Altar (Wired – Neuron Culture)