C’erano una volta sette giorni in Egitto
Il 28 Aprile a Mynia, in Egitto, il giudice Said Youssef ha emesso, dopo un processo di pochi minuti in cui la Difesa ha avuto qualche difficoltà a prendere la parola, la condanna a morte di 683 presunti Fratelli Musulmani, tra cui la loro suprema guida spirituale Mohamed Badie. Costoro sono ritenuti responsabili di una serie di disordini verificatisi in manifestazioni non autorizzate pro- Morsi la scorsa estate a Minya. Il giudice Youssef ha inoltre confermato la condanna capitale per (soli) 37 di quei 529 imputati che erano stati condannati il 24 Marzo 2014, per l’omicidio di un agente di polizia e per la distruzione di una stazione di polizia durante gli scontri nell’ Agosto 2013 contro la destituzione del premier Morsi.
Dato che il giudice Said Youssef dev’essersi ad un certo punto ricordato di vivere in un’ epoca in cui le condanne a morte non piacciono troppo e attirano non poche inimicizie, ha previsto per gli altri 492 condannati la commutazione della pena capitale in un lasso di tempo variabile tra i 15 e i 25 anni dietro le sbarre .
I documenti relativi al processo sono stati in seguito inviati al Gran Mufti, autorità religiosa suprema del Paese, che avrebbe il potere di non approvare la sentenza emessa dal giudice Youssef , ma il cui incarico è da molti definito “solo una formalità”.
Martedì 29 Aprile trascorre tra l’indignazione occidentale che difende strenuamente i diritti umani, quella egiziana dei parenti delle vittime che criticano la sentenza a loro avviso emessa superficialmente e con scopi politici – persecuzione ed riduzione dei Fratelli Musulmani- e l’incontro tanto atteso tra il Segretario di Stato degli U.S.A. John Kerry e il Ministro degli Esteri egiziano Nabil Fahmy
Non è un segreto che i rapporti tra U.S.A ed Egitto si fossero leggermente incrinati dopo il golpe del 3 Luglio; così nemmeno è un segreto che proprio per questo Il Cairo fosse stato avvicinato da Mosca che, come spiegato da Yousry Al-Azabawy – ricercatore al Centre des Etudes Politiques et Stratégiques (CEPS) d’Al-Ahram – sarebbe stata in cerca di un partenariato strategico per cercare di ridurre l’influenza statunitense in Medio Oriente e in Africa. Ci ha provato con Teheran ma da quando i rapporti tra quest’ultima e Washington hanno conosciuto una relativa distensione, Mosca è andata a caccia di nuovi supporti.
In questo scambio di figurine tra potenti, all’Egitto è stato proposto di tutto : la vendita di 24 MIG 35 – il caccia di “ultima generazione” russo- , elicotteri da guerra, missili, sistemi difensivi costieri e aerei, un progetto di libero scambio tra l’Egitto e l’Unione Doganale russa che avrebbe potuto alleggerire la crisi economica egizia e chi più ne ha più ne metta. Ma gli Stati Uniti che già vivono una situazione di tensione estrema verso la Russia a causa della crisi in Ucraina, hanno deciso di riallacciarsi all’Egitto impedendo alla Russia di trovare altro margine d’ influenza nel mondo.
Così il 29 Aprile a Washington, Kerry ha sbloccato i fondi stanziati per l’Egitto – 650 milioni di dollari-, garantito la consegna di 10 elicotteri d’attacco Apache per aiutare il Paese nella sua lotta contro il terrorismo, criticato la sentenza emessa a Minya due giorni prima auspicandone una revisione al più presto e scattato la foto di rito mentre stringe la mano destra del Ministro degli Esteri egiziano.
Mercoledì 30 Aprile l’Egitto si divide tra la provincia di Luxor e la capitale Il Cairo.
Del primo luogo si parla con gioia per annunciare il ritrovamento di una necropoli contentente i resti di mummie probabilmente identificabili con i discendenti del faraone Thoutmosis III. Nessuno di noi NON-egittologi è costretto a conoscerlo ma, per la cronaca, è un Faraone vissuto nel XV secolo a.C. definito da un egittologo di quelli veri – l’americano Breasted- come “il Napoleone dell’Egitto antico” per le sue numerose conquiste in Africa e Asia. La bella notizia è annunciata dal Ministero delle Antichità Egiziane che insieme ad una missione archeologica dell’ Università di Basilea in Svizzera ha organizzato e gestito gli scavi.
Lo stesso giorno a Il Cairo muore cadendo dal balcone di casa sua dopo un malore – secondo quanto affermato dalla polizia- il famoso blogger della rivoluzione, Bassem Sabry, aperto oppositore di Mubarak e testimonianza preziosa dei movimenti di Piazza Tahrir che però di recente aveva anche criticato l’intervento oppressivo dell’esercito nei confronti dei Fratelli Musulmani. Una voce stridente e scomoda o davvero la vittima di un malore?
Tra Venerdì 2 maggio e Sabato 3 Maggio i giornali stranieri tornano a parlare dell’ Egitto a causa del suo lato violento e dalle fattezze a volte immortali che si riversano in due attentati terroristici alla soglia della campagna elettorale che porterà gli egiziani alle urne tra il 26 e il 27 Maggio.
Nella Penisola del Sinai un kamikaze fa esplodere una bomba vicino ad un bus turistico che in quel momento però trasportava lavoratori egiziani a El-Tur , e un altro si fa esplodere vicino ad un posto di blocco a El-Tur causando anche la morte di un soldato e il ferimento di altri cinque.
Se questi due attentati kamikaze sono stati rivendicati da Al-Qaeda, ancora nulla si sa dei responsabili degli altri due attacchi avvenuti al Cairo che hanno causato la morte di un civile e quella di un soldato.
La settimana cominciata così male con una condanna a morte di massa giunge al termine, ma, purtroppo o per fortuna a seconda dei gusti, la campagna elettorale per le prossime presidenziali è appena cominciata.
Articolo di Ludovica Tua.
Ricevuto e pubblicato.