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"caccia al tesoro": come ricreare un'economia etica?
Creato il 24 luglio 2014 da Alessandro @AleTrasforiniE' attorno a queste e molt(issim)e altre domande possibili che si articola il libro "Caccia al tesoro", scritto da Nunzia Penelope e pubblicato dalla Casa Editrice "Ponte alle Grazie". Lo squilibrio di certi (mancati) trattamenti è chiaro sin dall'anticipazione in copertina del testo:
"Il più grosso bottino della Storia: 30000 miliardi sottratti alle casse pubbliche da multinazionali, banche, evasori. Dov'è nascosto, come possiamo recuperarlo."
Alla voce verbale 'possiamo' sarebbe molto più conveniente (od inevitabile?) sostituire la voce verbale 'potremmo', in quanto sembrano essere incertezza ed opportunismo (politico non certo fra i primi) a farla da padrone in questo settore.
E' da e verso i cosiddetti 'paradisi fiscali' che queste risorse si mobilitano, seguendo flussi incerti ed oscuri che riescono ad occultare: livelli di tassazione, trasparenza delle società che li introitano, quantità annuali di utili e risorse smistate, [...].
E' la poca trasparenza a regnare incontrastata, su questo fragile argomento. C'è anche poca chiarezza sulla quantità di risorse che, senza sosta, riescono in un modo o nell'altro a 'sfuggire' dall'economia reale: si va da 6mila a 8500 miliardi di dollari.
Altre fonti hanno invece calcolato e qualificato spostamenti e cifre oscillanti fra 16mila e 32mila miliardi di dollari: sarebbe questo il patrimonio scappato (per sempre) dalle mani di Stati, stando a stime variabili.
Osservando tali dati sia dalla cifra più bassa che da quella più alta stimata, comunque la si ponga, è possibile rendersi conto della qualità e della consistenza dei capitali fuggiti a qualsiasi forma di controllo in questi anni.
Grazie a complessi meccanismi (resi?) legali dal confronto fra legislazioni differenti può infatti accadere, come è accaduto e continua a succedere tutt'ora, che transazioni e/o depositi milionari non paghino alcuna tassazione da/per i loro paesi di origine.
Può anche accadere che sia impossibile costituirsi parte danneggiata nei confronti di certi 'evasori etici', in quanto alla luce delle norme esistenti e di svariate forme di diritto il loro operato è considerato corretto e legalmente accettabile.
Come far diventare legalmente inaccettabile anche ciò che non lo è eticamente?
E' infatti tanto retorico quanto corretto affermare che, in questi anni di mordente crisi economica, quelli che hanno pagato il prezzo maggiore per questa crisi sono stati i cittadini, i semplici esseri umani che non potevano far traslocare i loro (esigui) capitali in paradisi fiscali.
Hanno pagato questa crisi coloro che non hanno avuto la possibilità/competenza/furbizia/[...] di far allontanare per tempo i loro risparmi dall'economia 'reale'? Può essere una vicenda come questa eticamente accettabile?
Sicuramente no, appunto. Quel che conta sembra essere, agli occhi di cittadini sferzati e di vite sradicate violentemente da questa crisi, "too big to be honest": troppo grandi per poter essere onesti, traducendo.
E' il caso di quelle multinazionali che, navigando a vista su un 'filo del rasoio' impressionante, hanno dirottato una parte consistente dei loro capitali in paradisi fiscali esteri, beneficiando di una serie non adeguatamente sintetizzabile di agevolazioni e 'sconti'.
E' il caso dei tanti istituti bancari mondiali che, in quanto 'too big to fail', hanno avuto benefici e riscontri positivi per aver contribuito ad innescare (o perpetuare, a seconda dei punti di vista) il fluire di quella che può essere definita come evasione mondiale senza quartiere.
Come risolvere questo dramma di cui, volutamente, nessuno sembra parlare adeguatamente?
Non bastano certo inni alla faciloneria o sproloqui populisti a rendere eseguibile quel che da (troppi) anni avrebbe dovuto configurarsi come 'eticamente necessario'. Non bastano campagne elettorali per prendere voti promettendo quel che (purtroppo) si sa benissimo da subito di non poter onorare a dovere: per una lung(hissim)a serie di ragioni che è impossibile sintetizzare adeguatamente in poche righe.
E' stata questa crisi economico-finanziaria ad innescare una serie di cambiamenti che, fino ad oggi, erano stati permessi (quasi del tutto) solamente alle popolazioni ed alle classi governative di ogni Stato definibile come 'democratico': sovvertimento di politiche economiche, deposizione di Governi, alterazione di bilanci macro-economici mediante attività speculative, [...].
Può la tremenda complessità (aggravata da una disinformazione e da una mancanza di cultura devastante) del sistema economico-finanziario aver aggravato quel che si sarebbe potuto forse controllare a condizioni iniziali differenti?
La domanda è lecita anche se, forse, posta non in tempo: tanti e troppi capitali sono sfuggiti, sfuggono e continueranno indisturbati a scappare.
Quali sono le autorità a cui conviene lasciare queste risorse 'indisturbate'?
Si ricordi, in termini forse eccessivamente semplificatori ma sicuramente significativi della gravità di questa emergenza, l'equivalente di quei 30mila miliardi precedentemente citati:
"[...] I capitali nei paradisi fiscali equivalgono a:
- 20 anni di PIL italiano;
- 15 volte il nostro debito pubblico;
- 3mila volte i tesori del Vaticano.[...]"
Da qualsiasi punto di vista la si osservi, pertanto, sembra di essere davanti ad un'emorragia economica senza quartiere (e/o senza definitiva soluzione?). I tentativi di risolvere, o quantomeno di regolamentare, questa tragedia sono stati più volte impostati, dai Governi e dalle pubbliche autorità di vari Stati e dalle dirigenze di organi sovranazionali (es. OCSE).
Nonostante tutto l'impegno e le mille tecnicalità promesse, però, quasi nulla è stato ancora attivamente promosso: quali ragioni si nascondono dietro a queste scelte? Quali sono le motivazioni che sembrano aver annullato l'intenzionalità del 'prossimo agire'?
E' arduo rispondere in maniera esaustiva a domande come queste, in quanto sono molteplici i "fili" che tengono legati indissolubilmente ricchezza finanziaria (e fittizia) ed economia "reale". Nonostante tutto, comunque, il libro in questione concorre ad esaminare con estrema e chirurgica attenzione quelli che sono stati fino ad oggi i capitoli fondanti e fondamentali di questa emergenza.
Per un motivo o per un altro, comunque, quel che sarebbe dovuto eticamente succedere non è ancora accaduto: indizi migliori sembrano provenire, in questo senso, dalla road map promulgata dall'OCSE con l'orizzonte del 2017.
Arrivando a tale anno, infatti, stando alle parole ed alle (sempre identicamente uguali a loro stesse) buone intenzioni di Governi e Capi di Stato si dovrebbe arrivare alla realizzazione di quel che avrebbe dovuto realizzarsi da troppo tempo a questa parte: una sorta di "capodanno" mondiale della legalità, con accordi internazionali finalizzati allo scambio automatico di informazioni tra tutti i Paesi inseriti dentro questa emergenza.
Si rimarrà nelle sole intenzioni, arrendendosi (una volta di più) al celebre "mare" che si nasconde fra il "dire" e il "fare"?
E' dietro a questa domanda che si nasconde forse il bivio più importante per cercare un'uscita diversa, più etica e forse credibile, da questa crisi economica che fino ad oggi ha visto troppi interessi scontrarsi e troppi complicati meccanismi essere semplificati oltre l'estremo accettabile.
La prima voce da ascoltare a questo proposito è quella attribuita a Pascal Saint-Amans, responsabile delle politiche fiscali dell'OCSE:
"[...]questa volta scendiamo in campo per vincere. [...] Dal 2015 ogni grande gruppo multinazionale dovrà rendere trasparente quanto fattura e quanto paga di tasse in ogni Stato. [...] La nostra ferma intenzione è scrivere la parola fine per quei sistemi che, pur legali, causano enormi danni in termini di mancato gettito agli Stati. Consideri che, solo per [...] l'Europa, abbiamo riscontrato una perdita di mille miliardi l'anno di entrate fiscali. [...]
sono i Governi che ci hanno chiesto di intervenire, di fare qualcosa. E' la prima volta che [...] abbiamo concordato un vero piano d'azione. [...]"
Per quali motivi un piano come questo dovrebbe funzionare? Cosa dovrebbe spingere gli Stati a rendere illegale ciò che fino ad oggi è stato bollato semplicemente come "eticamente ingiusto ma legalizzabile"? Le risposte a questa domanda mai furono più chiare:
"[...] Ci sono tre diversi fattori [...] che ci convincono a dire che funzionerà.
Il primo è la crisi economica violenta, che costringe gli Stati a prendere provvedimenti. Tutti i Paesi, tutti i Governi [...] ci dicono la stessa cosa: siamo obbligati ad agire. Il secondo elemento è l'aumento spaventoso delle tasse, e intendo le tasse sulle persone fisiche, sul lavoro [...] mentre le multinazionali pagano zero. E' una questione politica, prima ancora che economica: la pressione fiscale rischia di innescare fenomeni incontrollabili, mette in pericolo la coesione sociale, la stessa democrazia.
Se non facciamo nulla, i Paesi resteranno con le casse vuote. Questo causerà un crollo del consenso politico e sociale, ed è il terzo motivo per cui sono fiducioso [...]"
La seconda voce da ascoltare è sintetizzata al meglio da parole provenienti da un articolo de L'Espresso, del novembre 2010.
Tale visione risulta essere molto scettica nei confronti degli sforzi e dei proclami dell'OCSE:
"[...] L'impegno solenne dei Governi alla lotta contro i paradisi fiscali è una menzogna [...].
I Governi non possono permetterselo, perché inaridirebbero una parte imponente dell'accumulazione capitalistica.
Pertanto la cosiddetta lotta contro i paradisi fiscali è un combattimento con una mano legata dietro la schiena [...].
Questa contraddizione non potrà essere eliminata finché esistere un varco tra la libertà dei mercati e la sovranità politica a livello mondiale: insomma, finché non ci sarà una qualche forma di Governo mondiale capace di imporre la piena trasparenza dei capitali 'liberati'. [...]"
A questi elementi sarebbe possibile aggiungere, quasi come se quanto scritto fino ad ora non bastasse già, il concetto di "supercupola del potere".
Nulla di complottistico o di poco chiaro, anzi. Basti citare rapporti e studi scientifici promulgati da Politecnico di Zurigo, Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, OCSE. Limitandosi al report fatto dal Politecnico di Zurigo, è possibile riprendere quanto segue:
"[...] è emersa una struttura a 'farfalla', costituita da due ampie ali laterali e un nucleo centrale molto ridotto. Della farfalla fanno parte 147 compagnie alle quali fa capo il 94,2% dei ricavi operativi mondiali. Ma il comando sta nel nucleo centrale, dove agisce una vera e propria 'supercupola' composta da appena cinquanta nomi [...]"
Come giudicare questa situazione in termini piuttosto allarma(n)ti ma secoli luce distanti dal complottismo tanto di moda e maniera su argomenti come questi? La via di mezzo è presto tracciata:
"[...]I ricercatori [...] non parlano mai di 'cospirazione' [...], affermano anzi che questa incredibile concentrazione di poteri potrebbe essere semplicemente il risultato 'di un naturale sviluppo macroeconomico'. E forse, però, è perfino peggio.
Ecco cosa si legge nel documento del Politecnico:
'La struttura della rete di controllo delle multinazionali influenza la concorrenza dl mercato globale e la stabilità finanziaria.
Il nucleo da noi evidenziato può essere visto come una superentità economica che solleva nuove questioni importanti per i ricercatori e responsabili politici [...]. Sorprendentemente, l'esistenza di un tale nucleo nel mercato globale non è mai stata documentata prima e, quindi, finora nessuno studio scientifico dimostra o esclude che questa 'super-entità' abbia sempre agito come un blocco.
Tuttavia, alcuni esempi suggeriscono che non si tratta di uno scenario improbabile. [...]"
Qualcosa di troppo complesso sembra essere dunque sfuggito, concorrendo a movimentare una "macchina" che ha contribuito a dissanguare le società degli Stati colpiti dalla crisi. Esistono colpe e colpevoli per questo cumulato status quo?
Verso chi puntare il dito? E' ancora possibile fare qualcosa di radicalmente importante per il riequilibrarsi delle economie reali? A lettori ed interessati le ardue sentenze.
Corsivi tratti da: "Caccia al tesoro", Nunzia Penelope, Editore "Ponte alle Grazie"
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