Talete, mentre passeggiava, cadde in un fosso, tanto era assorto. Oh, Talete! Quanto sarebbe meglio che tu pensassi di meno, ma facessi attenzione a dove metti i piedi! Talete era un antico amico della sapienza. Ma quante persone sono filosofe? Quante si comportano e seguono delle regole, con certe convinzioni, con proprie concezioni della vita? Praticamente tutte le persone consapevoli o no. Molte sono le opinioni contraddittorie anche sugli stessi avvenimenti [dalle contraddizioni il frutto di nuove verità]: raccomanda ai figli dei comportamenti differenti da come veramente vive, si dichiara cattolico, dice di agire per la pace invece fa la guerra, offende continuamente le proprie convinzioni. Non sempre la contraddizione è in mala fede, invece, è mancanza di consapevolezza. Ed ecco che, tra il dire e il fare, tra il pensare e il non pensare, si cade nel fosso. Per non cadere nel fosso occorre l’onestà della coerenza; essere così veramente amico della sapienza. Dal greco: filos = amico e sofia = sapienza; non è la somma che fa il totale ma fa la filosofia; il metodo con cui si analizza lo sviluppo della natura, della società e del pensiero; un metodo che non serve soltanto a interpretare il mondo, ma a cambiarlo, in meglio, naturalmente!
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I CANTI -65-
Anche se la pena mi spegne in un dolore incessante,
mi chiama indietro dalle Vergini sapienti,
e la mente non sa gettare germogli di poesia
Ortalo, in tanto male di sventura
è poco tempo, e l’onda del gorgo di morte lambisce
appena il piede bianco lieve del fratello mio
che la terra, a Troia, là sotto la costa Retea,
ha strappato ai miei occhi e mi calpesta
mai più ti parlerò, mai più ti udirò raccontare,
fratello mio più amato della vita,
mai ti vedrò poi, eppure ti amerò per sempre,
sempre la mia poesia avvolgerò di lutto,
come l’usignolo cantando nell’ombra densa dei rami
piange la sorte di Itilo perduto
pure, in tanta tristezza, Ortalo, ti mando
questi versi ispirati dal Battìade,
perché le tue parole non creda disperse nel vento,
passate via invano dal mio cuore:
come il frutto mandato in pegno dall’uomo promesso
sfugge dal casto grembo d’una vergine,
la povera ragazza scorda che sta nella morbida veste
viene la madre e s’alza e quello cade,
scivola a precipizio, corre via non si ferma, la complice
si fa scarlatta e il volto s’incupisce.
-Catullo-