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Caffè e bagna caoda

Creato il 13 aprile 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Dopo ore di pesanti lezioni universitarie, quando la luce arida e artificiale dei neon fa sembrare oro un raggio solare, e quando le più che comode poltrone rosse della Palazzina Einaudi dell’UniTo (o le più-che-scomode seggiole in legno), accompagnate dalla morfemica cantilena del professore di turno, l’unica via per la sopravvivenza è il caffè.
Questo «nettare» è realmente il solo carburante che muove il cervello di uno studente, l’unico scoglio a cui aggrapparsi in tempo di burrascose lezioni.
Una delle poche certezze della vita è che non esiste alcun universitario che non ne abbia fatto uso. Recenti indagini scientifiche dimostrano che gli studenti negli atenei sono composti per il 60% di caffè, 20% di ansia, 7% di voglia di vacanza e/o di ritornare al liceo, 5% di preghiere verso Dio per passare il prossimo esame, 2% di nozioni imparate durante la carriera universitaria e per il restante 6% di enormi punti interrogativi per il futuro misti a pelle, ossa, tendini, muscoli, lacrime e sangue.
Figuratevi la sorpresa quando il caffeinomane di turno si è trovato davanti ad un distributore automatico che dispensava, fra le varie cose, insalate, sughi per pastasciutta e (squillo di trombe) bagna caoda! Sì, proprio il prelibato piatto piemontese. Una crema così dolce e vellutata, spumosa e delicata al punto giusto che non ti fa pensare altro che a…un attimo! Il caffè! Preso dallo sconforto lo sciagurato futuro laureato, come un tossico in cerca di droga, cerca con affanno e con pupille dilatate il solito (ma caro) distributore di caffè. Eccolo. Per fortuna. È ancora lì. Al suo posto, di fianco a quello nuovo. Le pulsazioni si normalizzano, la bocca smette di essere asciutta. La vita è salva, almeno fino alla prossima «pausa caffè». O alla «pausa bagna caoda» per i più raffinati.

Articolo di Stefano Rossa

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