E’ arrivato, alle prime ore dell’alba, l’ennesimo terremoto legato al Calcioscommesse che sconvolge il calcio italiano. Questa volta non si tratta del massimo campionato di Serie A, bensì di due campionati minori: Lega Pro e Serie D. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha portato nel corso della notte all’arresto di 50 persone. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla frode calcistica. Per alcuni, c’è anche l’aggravante di favoreggiamento ad organizzazioni mafiose.
Un sistema che, da quanto emerge dall’inchiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro, avrebbe portato ad oltre 27 partite truccate. Tra questi 50 arrestati, spiccano presidenti, dirigenti, calciatori, allenatori ed anche scommettitori. Un sistema a 360°, che permetteva a queste persone di poter guadagnare milioni di soldi, senza destare sospetto alcuno. Dal documento di fermo si legge: “Le indagini ruotano attorno all’opera di faccendieri, di direttori sportivi infedeli alla loro funzione i quali, facendo leva sul loro ruolo all’interno delle società e sulla rete di relazioni e conoscenze che ne segue, alterano le gare di campionato procurando e promettendo denaro o altre utilità ad allenatori e calciatori militanti nelle squadre partecipanti alle competizioni perché falsino le loro prestazioni alterando i risultati delle gare”
Tra gli arrestati, adesso in galera: oltre 15 calciatori, 6 presidenti di società sportive, 8 dirigenti sportivi, allenatori, direttori generali, e 10 “finanziatori” (scommettitori italiani, maltesi, del Kazakistan, della Russia, Cinesi e Serbi). Oltre 30 invece le squadre coinvolte, tra le quali vi sarebbero: Pro Patria, Barletta, Brindisi, L’Aquila, Neapolis Mugnano, Torres, Vigor Lametia, Sant’Arcangelo, Sorrento, Montalto, Puteolana, Akragas, San Severo.
L’uomo chiave di questa cupola sarebbe tale Fabio Di Lauro, che, secondo gli investigatori è “il rappresentante unico in Italia” dei “signori delle scommesse” nazionali ed internazionali, che investivano ed incassavano milioni di euro che transitavano attraverso banche turche, serbe, cinesi ed italiane.