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Il tono sentimentale della pellicola ruota attorno alla musica di Puccini, reale protagonista melodrammatico di tutta la vicenda. L'opera di Bizet, la stupefatta preghiera di Norma, il gioioso brindisi di Violetta non fanno che da contorno al Leitmotiv di un'anima in pena, Vissi d'arte dalla Tosca. Sospesa tra una vita vissuta per la musica - e l'amore sfortunato per Onassis - e le attese di un domani molto incerto e più felice (Un bel dì vedremo), questa donna non ha pace, non riesce a prendere una decisione, rifiuta la sua vita obliterando ogni forma di mondanità. È intelligente, serissima, integerrima: non affetta nessuna forma di posa aristocratica, ha un'eleganza naturale tutta femminile che le si addice e, questo sì, la rende vera.
Tuttavia, nel film di Franco Zeffirelli, i problemi sulla verità dell'arte e sulla vita - sul perfido intreccio che sembra vanificare tutto - non prendono il volo. C'è qualcosa di artefatto, di implicitamente privato in Callas Forever, poco spendibile in senso universale: non mi riferisco alle vicende personali del protagonista con il bel pittore Michael (Jay Rodan), è ovvio, o a quelle del soggetto, con la sua passione estemporanea per il Don José di turno (il Marco di Gabriel Garko, ancora una rima). Il problema sta più a monte, nel voler divulgare la donna e tenersi sul vago quanto al personaggio - oppure viceversa. Né si può pensare a sfortunati sconfinamenti di campo: la dimestichezza del regista con l'opera è nota a tutti, la sua è una firma autoriale che può non piacere, ma ha un suo indiscutibile carattere. Dunque è proprio nell'equilibrio tra rivelare e proteggere, tra mettersi in gioco e non sconfinare nella vita privata altrui che Callas Forever perde il suo mordente. Il film di Zeffirelli sembra, in tal modo, poco più che un'occasione per parlare del soprano più amato e forse più discusso della storia dell'opera, del simbolo stesso di un'arte. Ma la rappresenta tutta, quest'arte scenica? La si può considerare un simbolo? E come facciamo a sprofondare nell'universalità, se l'individuo si limita a essere capriccioso e sfuggente? Non si può pensare che la donna parli per sé, di un'esperienza biografica isolata, giacché nulla di quanto si racconta deve essere ricollegato a fatti davvero avvenuti. Mi sembra che Callas Forever di Franco Zeffirelli ci privi della persona, con il suo alludere per chi sa e far sognare - ma un po' in sordina e alla meno peggio - chi non ha una conoscenza specifica sulla vita di Maria Callas. Su Maria Callas, io credo, vorremmo ancora molto di più, qualcosa che la riporti ancora tra noi, e davvero, anche per chi preferirebbe confinarla nel passato.
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