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Calvary

Creato il 20 maggio 2015 da In Central Perk @InCentralPerk
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calvario
cal·và·rio/
sostantivo maschile
1. Tribolazione, sofferenza indicibile (dal nome del monte su cui fu crocifisso Gesù).
Domenica
Tutto ha inizio così, al buio della chiesa, protetti dalla privacy di una grata, con un bambino ora diventato uomo che accusa un prete di avere abusato di lui, di averlo violentato per 5 anni. Un uomo che ora vuole vendetta, ma non può averla, quel prete è morto, quel prete non avrebbe scandalizzato: meglio allora uccidere un prete buono, uno di quelli utili ad una comunità, che alla sua comunità ci tiene.
Meglio uccidere te, padre James che ascolti, dandoti una settimana di avviso, una settimana che sarà un calvario.
Lo sarà fin dal pomeriggio, con una messa in cui tutti sono visti con sospetto, in cui James si trova comunque a dover aiutare il prossimo, Veronica nella fattispecie, moglie fedifraga, amante del sesso, che quell'occhio nero cerca di nasconderlo dietro occhiali scuri.
Lunedì
L'arrivo di una figlia abbandonata, che ha tentato il suicidio, che cerca pace tra le braccia di un padre che ora è padre della Chiesa complica le cose.
Il marito tradito, macellaio, intanto si dichiara innocente, l'amante dalla Costa d'Avorio pure, entrambi si arrabbiano, minacciano quel padre impiccione, che vaga sperduto per il paese, passando per un vecchio scrittore che chiede una pistola con cui porre fine alle sue sofferenze, passando per un ispettore dal quale si intrattiene un amante sui generis, incrociando il ricco, viziato, del luogo, restando ancora stordito dalla sentenza che gli è stata annunciata.
Martedì
Quella comunità che lui cerca di servire e aiutare al suo meglio, non gli viene certo incontro: ricchi che sprecano i loro soldi, giovani frustati che meditano il cambiamento entrando nell'esercito.
Nessuno ascolta le sue parole cariche di buon senso e di cura.
L'unica a farlo è una turista francese, che vede il marito spegnersi, che trova conforto nel parlare con James, nel confidarsi con lui.
Calvary
Giovedì
Ora è quella figlia a confessarsi, a riversare tutta la sua tristezza, tutta la sua rabbia sulle spalle sempre più pesanti di un uomo che nello stesso giorno è chiamato a sentire i gesti orribili compiuti da un serial killer e a vedere la sua chiesa bruciare, cadere in cenere, con quella comunità che ride e lo deride.
Venerdì
Arriva il momento della rabbia, per quel gregge che non lo vuole seguire, che continua a peccare, a farsi beffe di lui, arrivando a toccare chi gli sta più a cuore.
Si cede all'alcool, si cede alla violenza, ma quello che resta sono incubi e lividi che non si dimenticano.
Sabato
Il tempo degli addii, a quella figlia, e a quell'unica persona che gli è stato vicino, che potrebbe salvarlo, che potrebbe cambiare il suo destino.
Domenica
Il tempo dell'accettazione, del conforto verso quel vecchio a cui basta una parola, verso quel ricco a cui basta sentirsi ascoltato.
E' il tempo di incontrare faccia a faccia quel bambino che non riesce a dimenticare, farsi suo martire, inginocchiarsi di fronte a un volere più grande.
Calvary
E' un calvario lungo una settimana quello a cui assistiamo, in cui questo padre buono procede stancamente, consapevole che tutte le belle parole che dirà, tutti i consigli, non verranno ascoltati.
Il suo ruolo in quella comunità sperduta nella costa irlandese non ha abbastanza eco, l'amoralità regna sovrana, il disprezzo per il credo pure.
E' un calvario lungo 110 minuti il nostro, con quell'inizio promettente che va' a impigliarsi in cliché, in personaggi troppo calcati, troppo sopra le righe, che fanno a pugni con l'interpretazione trattenuta di Breandan Gleeson e di Kelly Reilly, dei loro ottimi dialoghi.
C'è troppo in questo film, troppo per riempire quella settimana di dolore, e si finisce per perdersi, per esagerare, con una colonna sonora che si profila solo verso la fine, che rimescola in modo confuso lo stile finora tenuto.
La bellezza selvaggia e incontaminata di un paesaggio che toglie il fiato finisce così per cozzare contro una comunità delineata grossolanamente, dove ad ognuno sembra essere impartito il suo ruolo, il suo copione da cui non uscire.
Si arriva al finale stremati, non troppo sorpresi da quella rivelazione, da quel colpo di scena a cui non sembra importare della coerenza, ma solo di stupire.
Ed è questo che sembra volere John Michael McDonagh stesso: sorprendere, calcare la mano, calcare la sceneggiatura, che a ben guardare bastava fosse più dosata, più equilibrata, per essere vincente, invece di farci tribolare e soffrire fino alla fine.
Calvary
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