Cambiamenti climatici: adeguarsi o morire

Creato il 26 luglio 2013 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

La questione del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici non è più rimandabile

Da uno studio dell’Università Bocconi risulta che se l’Italia raggiungerà nel 2020 il 17% di energia da fonti rinnovabili, come tra l’altro stabilito dalla UE, avrà creato 250mila posti di lavoro. In definitiva, lo sostengono in molti, una delle poche vie d’uscita dall’ultima recessione è investire sullo sviluppo sostenibile. Lo hanno compreso già da qualche tempo gli amministratori della Vestas Wind Systems, azienda danese che opera nel campo eolico. Il capo executive, Ditlev Engel, ha dichiarato: «Brevettiamo nuove tecnologie per rendere le pale eoliche sempre più grandi e leggere. E poi lanciamo sul mercato prodotti con l’etichetta Wind made fabbricati grazie al vento così che il consumatore al supermercato può scegliere ogni giorno di premiare chi non usa energia fossile. E’ essenziale dare al consumatore il potere finale, per aggirare l’alleanza tra i politici e le lobby del petrolio».

Nuovo imperativo dunque è vendere solo prodotti carbon neutral, così da annullare le emissioni di CO2.

In Italia, sebbene la grande crescita sul versante dell’energia rinnovabile, si sta facendo di tutto per scoraggiare gli investimenti. Notava Gianni Silvestrini, direttore scientifico della Kyoto Club, che questo accade nonostante che nel 2009 gli impianti d’energia pulita abbiano generato una quantità di elettricità pari a una centrale nucleare della stessa generazione che all’epoca il governo intendeva mettere in cantiere, non nel giro di qualche mese, bensì dopo il 2020.

Da come la vedono gli scienziati, ed anche i più scettici stanno rivedendo le proprie posizioni, siamo a pochi passi dal punto di non ritorno. Malgrado gli sforzi sul fronte dell’informazione, le resistenze nel valutare le conseguenze dell’effetto serra sono ancora molte (troppe). Nel dicembre 2009 il Sunday Telegraph pubblicò un sondaggio i cui risultati appaiono davvero sconcertanti. Il 39% dei britannici, infatti, non credeva che l’attività umana sia responsabile dei cambiamenti climatici. E, come se non bastasse, il 7% riteneva che non esistano. Eppure anche la Gran Bretagna non fu risparmiata dalla canicola estiva del 2003 che causò 600 morti e una penuria di acqua mai riscontrata prima di allora. Ora, come riporta uno studio della London School of Hygiene and Tropical Medicine commissionato dal Times, in quest’inizio estate 2013 si sono registrate circa 700 vittime per le alte temperature (30° C) a causa di complicazioni cardiache e respiratorie. Le proiezioni per il Regno Unito fino alla fine del secolo prevedono un aumento medio della temperatura invernale da a 3,5° C ed estiva da a 5° C, le precipitazioni estive si ridurranno quasi del 60% e le nevicate del 30%. A Londra l’incremento del livello del mare provocherà inondazioni. Fortunatamente il governo britannico dinanzi a tali sciagurate prospettive con il progetto Thames Estuary 2100 ha posto le basi per potenziare i piani di adattamento per limitare gli effetti possibili dei cambiamenti climatici. Alla luce di questi dati chissà che i sudditi di Sua Maestà non stiano riconsiderando l’intera faccenda e al prossimo sondaggio saranno meno dubbiosi.

Com’è evidente la questione dei cambiamenti climatici non è una fantasia o il frutto di burloni o cinici catastrofisti. Tali cambiamenti porteranno sostanziali modifiche degli habitat naturali, incidendo significativamente anche sugli equilibri socio-economici dell’intero pianeta. Nessuno potrà ritenersi immune né sottrarsi alle proprie responsabilità. Il problema del riscaldamento globale è divenuto una priorità e un cambio di mentalità s’impone se non vogliamo seguire la stessa sorte degli abitanti dell’Isola di Pasqua. Gli interventi sulle emissioni di gas a effetto serra dovranno essere radicali se intendiamo veramente salvare il pianeta: questa è la scomoda verità cui i governi sono messi di fronte.

Per il momento, il mitico passaggio a Nord-Est, la rotta dall’Atlantico al Pacifico e viceversa, nel settembre del 2008 per la prima volta è stato percorribile. Il sogno di tanti esploratori, Vitus Bering, sir John Franklin, Roald Amundsen, si è realizzato. La nuova rotta collegherà l’Europa all’Asia con un risparmio di 4.000 chilometri rispetto alla rotta tradizionale attraverso lo stretto di Panama. I vantaggi del trasporto marittimo saranno evidenti. Dunque, nel novero delle cause del global warming c’è anche questo. Tuttavia, non sappiamo se rallegrarci o preoccuparci.


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