Magazine Psicologia

CAMMINARSI DENTRO (312): Tornare a casa con i più miti pensieri

Da Gabrielederitis @gabriele1948

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Mercoledì 30 novembre 2011

L’osservazione quotidiana dei comportamenti dei ragazzi, dei padri, delle madri nel Centro di ascolto riserva sempre le stesse sorprese: astratti furori, paure che non cessano mai, silenzi pensosi… Tutta la gamma di emozioni possibili sfila davanti ai miei occhi, offrendo alla riflessione occasioni preziose per riaprire con padri e madri la questione dell’educazione e quella degli affetti.

Ai padri pensierosi e stupefatti sono costretto dalle circostanze a ricordare quello che essi sanno bene: come amare un figlio di amore adulto, resistendo ai colpi della fortuna, ripetendo la formula della Legge, perché non tutto è permesso…

Alle madri che tutto debbono spiegare, perché di tutto hanno contezza e lucida memoria, è faticoso raccomandare dolcezza e tenerezza, perché provo vergogna io per primo ogni volta a dover dire loro come sia necessario dispensare carezze e sorrisi affettuosi… perché non di altro si nutre la nostra anima. Solo di quello abbiamo sete, del dolce che si distilla nei teneri abbracci e nei sorrisi.

Raccontare quanto fosse importante per un bambino famoso il bacio della sera di sua madre e per un altro, non meno famoso, la voce aspra di suo padre fa male al cuore. Ma questo male, che ‘accade’ a noi, è meno importante e doloroso. E può essere taciuto. Non è difficile nasconderlo allo sguardo indagante che cerca risposte ad ogni istante.

Il ricordo dei ‘luoghi’ più lontani dei territori della letteratura giova non poco al colloquio quotidiano, quando un’immagine indovinata arricchisca di tonalità forti il pacato ragionare sulle cause di un disagio apparentemente immotivato.

Bisogna muoversi lentamente, con delicato stupore, in mezzo allo stordito e intorpidito moto del cuore: nessuno rinuncia a dire di aver amato a sufficienza, anche troppo! Al figlio assente sembrano rimproverare tutti di non aver compreso l’amore che pure è stato dato.
Più di tutti, tocca il cuore quel padre che rivela finalmente di aver amato sua figlia di un amore veramente grande, anche se non ha potuto esprimerlo mai, per il timore che lei se ne approfittasse in qualche modo! E quel padre non accetta che gli si dica che avrebbe dovuto dire l’amore che pure c’era in lui! Non siamo noi a negare che egli abbia amato: sua figlia reclama un amore che sa di non aver mai ricevuto! Come fa male dover suggerire parole più coraggiose da una parte e silenzi rispettosi dall’altra!

Tornarsene a casa la sera, dopo aver parlato d’amore, e ritrovarsi a farlo sempre più, quasi ogni giorno, tutto sommato fa bene. Aiuta a sopire certe malinconie che occupano il cuore senza essere state invitate a farlo. Aiuta a ricordare il bene ricevuto e a scacciare il pensiero insidioso di non averne ricevuto a sufficienza, come se il mondo non avesse altro da fare che pensare a noi, solo a noi, nelle calde giornate estive, come ora, in questa stagione che non si decide a portarci il giusto freddo notturno, che non abbiamo ragione di temere, perché sappiamo bene che sarà poi la volta della primavera che non mancherà di portare nuova vita e un rinnovato tepore nell’anima.

Tornare a casa con questi miti pensieri è importante: il sentimento del tempo che scorre in noi aiuta a dare valore alle piccole cose e a trascurare le voci che vorrebbero che ci fermassimo ancora sul così fu, che è bene vada via con la sua tetra malinconia.

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