Il deserto della Meseta
Maledetti russatori. Luca in primis. Lui e un belga stanotte sembravano 2 orsi in calore. Risultato dell’accoppiamento: non ho dormito un cazzo. Soprattutto grazie ai problemi di riposo stamattina nel deserto è stata molto molto dura. Mi sentivo svuotato, senza energie. Ho capito subito che qualcosa non andava e ho dovuto fermarmi dopo pochi chilometri in un area de descanso per dormire e recuperare almeno un po’.
Cercasi ombra disperatamente
Ieri sera le gentilissime suore hanno offerto la cena a tutti i pellegrini in un’atmosfera di giovialità/ingenuità cristiana che ricordava un po’ i personaggi religiosi dei film di Bud Spencer e Terence Hill.
Al termine del pasto Suor Carolina ha ringraziato tutti i presenti, spiegando il senso del volontariato che le suore offrono ai pellegrini. Ha detto che stamattina, come ogni giorno, avrebbero pregato per i pellegrini ripartiti in direzione Santiago, per noi. Al termine del discorso le ho chiesto una preghiera speciale per le mie vesciche, promettendole che quando arriverò a Santiago ricambierò pregando per lei nella Cattedrale. Le si sono illuminati gli occhi, neanche le avessi promesso la vita eterna.
da qualche parte nel deserto
Suor Lucia invece si è presa cura delle mie vesciche in maniera meno spirituale: le ha disinfettate e medicate, mentre le altre sorelle guardavano inorridite la condizione del mio ormai famoso piede sinistro (il destro continua ad essere intatto). In riferimento alla vescica che da otto giorni ha conquistato interamente il mignolo ha detto “Esta la tiene en carne viva!” (spero che il mio spagnolo sia corretto) ma il pellegrinaggio è sofferenza ed ogni vescica è ormai una medaglia al valore. Pregherò anche per lei a Santiago.
Le cicogne su tetti e campanili della Castilla
Stamattina nel bel mezzo dei 17 km di nulla che separavano Carrion de los condes dal paese successivo, ho aiutato una coreana in disidratazione. Mi sono fermato nell’ennesima area di riposo per rilassarmi un po’ all’ombra e rifocillarmi. Lei era seduta sulla panchina, completamente sudata, stravolta ed ansimante, neanche avesse corso. Le ho offerto la mia acqua e le due pesche noci che mi erano rimaste. Lei per affrontare uno dei tapponi più duri del Cammino aveva solo delle giuggiole. GIUGGIOLE. Quelle della Haribo. Gli squaletti e gli orsetti iperzuccherati. Stavo per partire con un pippone semestrale da genitore conservatore, poi mi sono frenato. Farle una paranoia in inglese sull’importanza dei sali minerali nello sforzo fisico era semplicemente troppo sforzo. Fatto sta che la mia considerazione dei coreani è ormai ai minimi storici.
Oggi per la prima volta ho sbagliato strada, a causa di un’indicazione ingannevole. Ciò mi ha portato a fare 2km a vuoto. Due chilometri che mi hanno distrutto psicologicamente, per cui ho deciso di fermarmi in questo posto dimenticato da Dio (rimanendo in tema religioso) dal nome affascinante di Terradillos de los Templarios.
Purtroppo il fascino si limitava al nome. Dei templari nessuna traccia. In paese solo un albergue, un bar, qualche vecchio seduto in veranda a guardare il tempo ed i pellegrini che passano e le cicogne, onnipresenti nel cielo castigliano. L’unica foto non paesaggistica è per loro. Arriveranno tappe e momenti migliori. Per ora bisogna stringere i denti ed andare avanti. Il Cammino è sofferenza ma anche resistenza, psicologica più che fisica.
PASSI: 42.682 PASSI DALL’INIZIO: 608.012
KM: 31,1 KM DALL’INIZIO: 444