La nuova geografia storica si appresta a rinominare uno dei posti considerati in ogni epoca (prima di questa) tra i più incantevoli, mirabili e prosperosi del pianeta: la “Campania (in)felix”.
Capire di cosa stiamo parlando è importante, ma lo è ancor di più riflettere su come, e soprattutto chi e cosa ha permesso che si arrivasse a quella che è stata definita la “Chernobyl italiana”.
Il laghetto al veleno. Nei pressi dell’Agro Nolano, in prossimità della cosiddetta “Cava Papa”, si è da tempo formato un piccolo lago. Nulla di strano, se non fosse che quel laghetto è perlopiù composto da solventi chimici finiti così in profondità nel terreno da inquinare la falda acquifera e risaliti in superficie mischiati all’acqua con cui si irrigano i campi coltivati.
Sono all’incirca 30 anni che il mix perfetto di industrie centro-settentrionali e camorra, grazie alla tacita complicità dello Stato, interra rifiuti tossici e nocivi nella cava, già interessata da sentenza in cui si racconta di 500 mila metri cubi di solventi chimici, metalli pesanti, residui di fonderia oltre a numerosi fusti di materiali ignoti. Sostanze come il cloruro di metilene capaci di modificare il DNA e il feto materno.
Le porte dell’Ade. “Sembrava l’anticamera dell’inferno. Si immagini lei cosa significa vedere sette ettari di terreno invasi da rifiuti tossici fino a quattro metri di profondità”. Parole inequivocabili, tanto più se a dirle è Sergio Costa comandante del Corpo forestale che prosegue: “Nel momento in cui l’escavatore ha tirato su dal sottosuolo un fusto, che conteneva scarti industriali, i guanti dei miei collaboratori si sono letteralmente sciolti nel tentativo di esplorare con le mani il bidone, che era danneggiato. [..] Il fusto pervenuto era praticamente appoggiato alla falda acquifera, a quattro metri di profondità, con tutti i rischi che questo comporta”.
In pozzi e terreni già sequestrati nelle passate settimane, chiosa il comandante, “abbiamo trovato solventi molto pericolosi, arsenico, manganese. Abbiamo stimato 200mila metri cubi di rifiuti tossici nella zona, e stiamo continuando gli scavi. Vediamo dove ci portano”.
Il Triangolo della morte. La definizione di “triangolo della morte”, attribuita alle zone di Acerra-Nola-Marigliano, è stata data nell’agosto 2004 dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale The Lancet Oncology che ha pubblicato uno studio in cui descrive l’area per un indice di mortalità elevatissimo sia per quel che riguarda il tumore al fegato sia per il cancro alla vescica e al sistema nervoso. Risultato del continuo avvelenamento dell’agro campano e dei suoi abitanti, in molti dei quali sono state misurate alte concentrazioni di policlorobifenili (PCB) contenuti nei fanghi industriali provenienti da Porto Marghera e smaltiti soprattutto nelle campagne di Acerra dal clan dei Casalesi. A Marigliano, addirittura, in una discarica abusiva è stata ritrovata interrata un’intera autocisterna colma di sostanze velenose.
A questo punto diventa chiaro e preciso il senso da dare alle inequivocabili parole di un uomo di pace come Padre Maurizio Patriciello, che individua con accuratezza e senza veli gli esecutori materiali e i mandanti morali di questa vera e propria strage che sta uccidendo gli uomini e le terre del Sud: “È una vera ecatombe. Nelle province di Napoli e Caserta il cancro ci sta distruggendo. I rifiuti industriali, altamente tossici, interrati o dati alle fiamme nelle nostre campagne, stanno distruggendo un popolo. Non capisco come facciano tanti genitori a non alzare alta la loro voce. Non capisco come facciano i nostri politici a continuare a fare i finti tonti. Lo Stato italiano, verso di noi, si sta dimostrando non padre ma patrigno arcigno. Ci ha abbandonati nelle mani di delinquenti senza scrupoli. Camorra, industriali criminali e politici corrotti, collusi o ignavi hanno fatto un patto scellerato. Sulla pelle delle povera gente. Occorre svegliarsi. Immediatamente. Prima che sia troppo tardi. Occorre inventare nuove strategie. Occorre che tutti si diano da fare. Tutti. Per amore di se stessi. Dei loro figli. Della povera gente. Per amore di questa nostra terra maltrattata. Inquinata. Avvelenata.”