(foto del sottoscritto)
Mi stavo beatamente approcciando a una pasta alla Norma avanzata dal giorno prima che il cellulare inizia a fischiettare allegro. Sto sull’attenti perché ho messo un paio di post in giro su faccialibro sperando nella botta di culo del last-minute o di approfittare della rinuncia di qualcuno. Rinuncia che puntualmente arriva. Mollo la pasta e mi fiondo all’Auditorium dove incontro il mio nuovo migliore amico, Enzo da Caserta. Do ut des. Concluso il sinallagma, chiamo immediatamente l’egregio dott. Fabio, l’avvocato di Metal Skunk (ebbene sì, non ci dovete nemmeno provare a romperci le palle), il quale, fugando ogni mio timore di truffa, riesce a rassicurarmi. Prendo gli occhialini del 3D brandizzati col marchio Kraftwerk (un oggetto che conserverò a vita) e prendo pure posizione: molto centrale. Scusa, caro Enzo da Caserta, se ho dubitato di te anche solo per un momento, ma sai, oggidì, non ci si può fidare di nessuno. Parte un breve intro, il pubblico si scalda, entrano quattro splendidi sessantenni un po’ calvi e un po’ canuti (in verità il quarto membro, Falk Grieffenhagen, l’ultimo acquisto, di anni ne ha 45), vestiti della classica tutina attillata coi quadretti che fa tanto Tron Legacy, tutti seriosi e impettiti, prendono posizione ognuno davanti al proprio calcolatore elettronico e danno il via alle danze. Sì, perché è veramente impossibile restare fermi, buonini e seduti al proprio posto numerato, così qualcuno timidamente già inizia a ballare (tipo le due scalmanate davanti a me che danno vita ad un’interessante interpretazione di un concerto dei Kraftwerk). Alla fine della serata, quella che nasce come una sacrosanta standing-ovation si trasformerà in una danza collettiva e la tentazione di trasformare la Cavea in un rave è fortissima.
Niente più Ralf und Florian, l’attuale formazione annovera tra i membri fondatori il solo Ralf Hütter. Gli altri sono Henning Schmitz e Fritz Hilpert. Florian Schneider lasciò il gruppo, dopo 38 anni di onorato servizio, nel 2008. L’anno successivo i Kraftwerk hanno dato alle stampe Der Katalog, ovvero un cofanetto contenente 8 dischi rimasterizzati, che sono Autobahn, Radio-Aktivität, Trans Europa Express, Die Mensch-Maschine, Computerwelt, Techno Pop (il titolo originale di Electric Café), The Mix e Tour de France Soundtracks. Poi, un paio di anni dopo, iniziano un lungo tour in giro per il mondo durante il quale eseguono tutto (TUTTO) Der Katalog accompagnati da effetti grafici in 3D. Quest’anno lo hanno fatto prima a Los Angeles e poi a Vienna, dividendo rispettivamente le performance in quattro giorni (due dischi completi al giorno). Già, una roba da uscirne matti. Le altre gig di un giorno singolo, praticamente, consistono nella riproduzione live dei pezzi contenuti in The Mix (una raccolta di remix pubblicata nel lontano ’91) con l’aggiunta di qualche rinforzino. Dal vivo, inoltre, quei capisaldi dell’elettronica vengono ulteriormente attualizzati e pompati. Stasera i suoni sono perfetti, l’esecuzione è perfetta, il contesto e l’atmosfera perfetti, la gente pure. Il pubblico ha rappresentato una sorpresa; fomentato e competente. Del resto, erano dieci anni che i Kraftwerk non si affacciavano a Roma e i romani ne soffrivano (i biglietti sono andati esauriti il primo giorno). Non solo i romani ma anche il resto della gente proveniente da tutta Italia. Bravi, bene così. I quattro di Düsseldorf si sono sentiti considerati e onorati (una certa emozione traspariva nonostante le robotiche movenze) e hanno onorato tutti noi di un encore notevole.
Leggendo le recensioni del concerto del 2004 mi sono reso conto del fatto che praticamente hanno cambiato poco o nulla: quasi identiche la scaletta e l’aver eseguito gli assoli prima della fine (tipo un gruppo rock). Idem si dica per certe chicche, tipo Pocket Calculator cantata in italiano. Da menzionare, ovviamente, gli effetti grafici in 3D, alcuni pure simpatici, tipo l’astronave che vola sul Grande Raccordo Anulare e atterra davanti al Colosseo con Spacelab di sottofondo, altre meno ‘leggere’, tipo Radioactivity cantata per un pezzo in giapponese (all’elenco Tschernobyl, Harrisburgh, Sellafield, Hiroshima hanno dovuto aggiungere, purtroppo, anche Fukushima). Sicuramente il momento più alto ed emozionante della serata. La scelta, apparentemente stramboide, di voler proiettare le vecchie immagini minimaliste (cubi, parallelogrammi, linee e disegni stilizzati) utilizzando la grafica del 3D è riuscita a spiazzarmi non poco, al punto che suoni e immagini lanciavano segnali contraddittori che a tratti facevo fatica a decrittare e contestualizzare in un adesso reale. Sentirsi dentro un Commodore 64, è capitato solo a me? Con la stessa calma surreale, bombardati di applausi, i quattro fanno un inchino e spariscono, inghiottiti dalla tenda buia che li aveva partoriti due ore prima. Immensi. Speriamo di rivederli prima di altri dieci anni. (Charles)Setlist:
The Robots
Numbers
Computer World
It’s More Fun to Compute/ Home Computer
Computer Love
Pocket Calculator
The Man-Machine
Spacelab
The Model
Neon Lights
Autobahn
Geiger Counter
Radioactivity
Elektro Kardiogramm
Tour De France (1983)
Tour de France 2003 (Étape 1)
Tour de France 2003 (Étape 2)
Trans-Europe Express
Abzug/ Metal on Metal
Electric Café
Boing Boom Tschak/ Techno Pop/ Musique Non-Stop
Encore:
Aéro Dynamik
Planet of Visions