Trovate tracce di elementi leggeri nella parte esterna del nucleo terrestre
di Silvia Fracchia
L’origine del campo magnetico terrestre è da sempre un argomento molto dibattuto. Nel 1905 Einstein lo definiva addirittura come uno dei grandi problemi non risolti con cui avrebbero dovuto fare i conti i fisici moderni. Per spiegarlo sono state formulate svariate ipotesi: quella che va per la maggiore negli ultimi anni vede un meccanismo di dinamo autoindotta a sostegno e mantenimento del campo. Tuttavia i dettagli di questo fenomeno sono ben lungi dall’essere chiariti.
Un nuovo contributo allo studio del campo geomagnetico arriva dal sismologo George Helffrich, dell’Università di Bristol, in Inghilterra, e dal geofisico Satoshi Kaneshima, della Kyushu University di Fukuoka, in Giappone. I due hanno pubblicato un articolo su “Nature” in cui annunciano il rinvenimento di tracce di elementi leggeri, come ossigeno e zolfo, ai margini più esterni del nucleo terrestre. Una scoperta di questo tipo ha due importanti conseguenze: anzitutto permette di ampliare la nostra conoscenza del nucleo della Terra e inoltre fornisce un’ulteriore prova della validità dell’ipotesi della dinamo.
Che cosa sappiamo oggi del nucleo terrestre? La maggior parte dei geologi è convinta che esso sia composto da due regioni: un nocciolo più interno e solido circondato da un guscio esterno e liquido, il tutto con un diametro di circa 7.000 chilometri. A prima vista potrebbe non essere ben chiaro come sia possibile ricavare informazioni sul centro della Terra dal nostro punto di osservazione, la superficie. Ma gli scienziati hanno sempre (o quasi) una soluzione per tutto. In questo caso si sfruttano i terremoti: dalla rivelazione di onde sismiche passanti nei pressi del nucleo si possono ottenere indiscrezioni sul cuore del nostro pianeta. Un esempio? La sua densità, che risulta essere circa pari a quella del ferro. Non proprio uguale, però. Ed è su questo “non proprio” che si basa la ricerca di Helffrich e Kaneshima.
Guarda un po' com'è fatta dentro... (Cortesia: NASA)
Consideriamo tre terremoti. Uno di essi avviene in Sudamerica e gli altri due nelle Isole Fiji, nell’Oceano Pacifico. Il primo lo riveliamo con centinaia di detector posti in Giappone, gli altri due in Europa. Poiché siamo esattamente dall’altra parte del globo rispetto all’epicentro dei terremoti, le onde sismiche emesse passeranno sicuramente dal nucleo terrestre e nel farlo verranno ripetutamente riflesse dalla discontinuità presente tra il nucleo e il mantello. Allora, se fossimo dei geologi un po’ furbi, potrebbe venirci in mente di misurare le riflessioni e cavarne qualche informazione.
Helffrich e Kaneshima l’hanno fatto e hanno osservato che i 300 chilometri più esterni del nucleo sono molto meno densi del resto. Allora dev’esserci qualcosa che “alleggerisce” questo strato nucleare. In effetti i due scienziati hanno visto che tutto torna se assumiamo che sia presente un 3-5 per cento di elementi leggeri, come zolfo e ossigeno. Non solo: questi elementi leggeri sembrano provenire dalla parte più interna del nucleo, espulsi in qualche modo durante il processo di solidificazione. Ecco allora che anche il campo geomagnetico trova una spiegazione: sarebbe proprio questa continua risalita di zolfo e ossigeno a dar luogo al meccanismo di dinamo che sostiene il campo.
Tutto a posto, allora? Non proprio. La teoria deve ancora essere confermata e rimangono molti punti oscuri. Ad esempio, perché zolfo e ossigeno si concentrano proprio sul margine esterno del nucleo e non vanno invece a dissolversi nello strato liquido circostante, come sarebbe più logico pensare? Insomma, Helffrich e Kaneshima hanno ancora del lavoro da fare per convincerci del tutto, ma le premesse sembrano essere ottime.