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Campovolo 2.011, sogno di una marchetta mancata

Creato il 19 luglio 2011 da Olga

Campovolo 2.011, sogno di una marchetta mancata

Sono stata a Campovolo, non perché sia fan di Ligabue. Ci sono stata perché ci andavano i miei colleghi di lavoro, e poi per curiosità. La mia curiosità è stata appagata, portandosi con sé uno strascico di tristezza.
Non faccio le solite generalizzazioni che sono stata portata a fare in altri post, i lettori di questo blog conoscono lo stile. Basti dire che vedere 140.000 persone cantare a squarciagola, e probabilmente col cuore, canzoni piene di valori positivi, facili, semplici, mi ha intenerito. O non proprio.

Come dire, beati loro che ancora ci credono.

Ma poi credere, credere a cosa?

Per lavoro poi dovevamo fare delle videointerviste che vertevano sul sogno, interviste che non avevano niente a che fare con il concetto di marchetta, ma che necondividevano lo stesso  falso entusiasmo. Alla domanda: “Qual è il tuo sogno nel cassetto?” sono seguite risposte del tipo : “avere una famiglia”, “avere un lavoro”.
Avere una famiglia non è un sogno, è un diritto.
Avere un lavoro non è un sogno, è un diritto. E sono tra i fondamentali.
Non è il fatto di confondere un sogno col diritto, ad avermi intristito:  ho fatto le scuole dalle suore, di storie di terzomondismo ne ho sentite così tante che in teoria dovrei prendere la cosa con un sospiro d’appendice.
Sono stati i sorrisi, la leggerezza, l’incoscienza con cui si buttavano nel cesso la storia, le lotte, i diritti fondamentali, le rivoluzioni.

Il non rendersi conto che quel che si chiedeva alle nuvole del sogno, era solo l’ovvietà della loro esistenza.
Non c’è molta differenza tra dire che come sogno vorrei un lavoro, e come sogno vorrei un sogno. Ecco, per la verità non ce n’è nessuna.

Così, è da tempo che mi chiedo  che fine abbia fatto la responsabilità. Che fine abbia fatto il senso civico, che fine abbia fatto cultura. Quella che ti insegna le poesie a memoria, sì, con cui sì, si prende un bel 9, ma soprattutto quella che ti insegna a vivere in una società, quella che ti rende cosciente, quella che ti fa scegliere il meglio per tutti.

Siamo in crisi, una crisi profonda, radicata. Stiamo affondando, ma non lo sappiamo. O forse siamo già interrati.


Mi sono stancata di vedere così tanta gente credere in testi di canzoni così individuali, così leggeri e ottimistici.
Mi sono stancata delle parole vuote. Della notizia quotidiana sull’esempio di Precario. Della notizia, quotidiana, sul Governo. Della retorica politica. Mi sono stancata di essere felice per “aver vinto” le Elezioni, per aver “vinto” il Referendum. Vinto cosa? Se “i Giovani” non sognano, non c’è più niente da vincere, se non la lotteria.


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COMMENTI (2)

Da  Alesan
Inviato il 19 luglio a 20:40
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Un pezzetto vuoto, demagogico, troppo leggero e personalistico... credo si intenda questo.

Da master
Inviato il 19 luglio a 19:09
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Esagerata!. Questi eventi vanno vissuti come momento di aggregazione, non mi pare fare il caso di fare dietrologia spicciola su cosa vogliono i giovani o meno... Sicuramente ogni persona troveera' la propria strada... e guardandosi indietro ricordera' quel pezzettino fatto insieme ad altri 100.000!