Il professor David Summer, neo vincitore di una borsa di studio per i suoi studi matematici si reca con la giovane moglie Amy in un piccolo paese di una contea inglese in Cornovaglia del quale la moglie è originaria.
Il giovane professore di indole mite, stenta da subito ad entrare in confidenza con gli abitanti del luogo, anche perchè distratto dai suoi studi mentre sua moglie, che non è tornata volentieri nel paese che l’ha vista nascere ben presto si annoia.
Durante i lavori di ristrutturazione della casa, Amy si mostra in topless ai lavoranti che tra l’altro sono le persone meno affidabili del paese.
Dustin Hoffman interpreta il professor David Summer
Ben presto gli uomini, complice anche la distrazione di David, arrogantemente iniziano a mostrare pericolose mire sulla moglie di David arrivando a minacciare la pricacy della coppia.
Il gruppo infatti penetra nella casa di David e Amy e dopo aver ammazzato la gatta di casa, la appendono per il collo nell’armadio della donna.
Nonostante la moglie protesti per la mancanza di reazione di David davanti ai soprusi, quest’ultimo non reagisce limitandosi ad andare a caccia con loro, attirandosi così il profondo disprezzo della moglie.
Durante la battuta di caccia, i teppisti lasciano solo David e si recano a casa sua, dove violentano la troppo disponibile Amy.
Susan George è Amy, la moglie di David
La donna però decide di non raccontare l’accaduto al marito; le cose cambiano drammaticamente quando, durante una festa, Henry Niles abitante del posto con alcune turbe psichiche uccide involontariamente la giovanissima Sally.
Henry fugge sconvolto e finisce per essere quasi investito da David, che lo carica in macchina e lo porta a casa, deciso a soccorrerlo.
David Warner è Henry, l’assassino
Nel frattempo, scoperto l’accaduto, il gruppo di prepotenti raggiunge casa di David decisi a farsi giustizia da soli.
Qui però incontrano il netto rifiuto dell’uomo, che da quel momento difende strenuamente l’ospite, battendosi come una furia per garantirne il diritto ad essere giudicato dalla legge….
Cane di paglia, diretto da Sam Peckinpah nel 1971 su riduzione del romanzo The Siege of Trencher’s Farm di Gordon Williams è uno dei più controversi film del regista californiano e dell’intero decennio settanta.
Un film in cui la forte tematica di fondo, i rapporti tra gli individui cosidetti normali e la violenza, il sopruso e la prevaricazione, la trasformazione da cane di paglia in vendicatore dei torti subiti e in difensore dei valori venne vista in un’ottica di estrema misoginia da parte del regista.
Se vogliamo un fondo di verità in tutto ciò c’è; Peckinpah utilizza la violenza per mostrare come nell’individuo esista una forma di auto difesa estrema che lo porta, in condizioni particolari, a ribellarsi a tutto ciò che metta in pericolo il suo piccolo universo.
Ultimi momenti di tranquillità
E a fare quindi uso della violenza per combatterne una forma subdola, che vuole e può annichilirne i diritti inalienabili.
Cane di paglia, aldilà del suo messaggio più o meno condivisibile sul teorema individuo/violenza “genetica”, è un film molto cupo, girato con mano assolutamente ferma e con uno sguardo cinico e misogino da parte di un regista abituato a portare sullo schermo una violenza che sembra l’espressione di un rituale tribale del quale l’umanità non ha ancora imparato a fare a meno.
Se nel 1969 il mondo aveva imparato a conoscere la parte estrema della violenza attraverso il capolavoro del regista, Il mucchio selvaggio, nel 1971 impara a conoscere una nuova forma di violenza, più subdola e più individuale.
Quella sull’individuo mite, tranquillo, impersonato da David; un uomo che in fondo sarebbe invisibile e che altro non chiede che di poter vivere la sua vita da studioso, immerso nella matematica, in quel mondo di numeri retto da regole precise e ordinate.
Una violenza che costringe David a trasformarsi completamente, a diventare l’esatto opposto del cane di paglia a cui tutto si può fare.
Il bisogno trasforma David in un essere primordiale, in cui l’istinto oscura quasi completamente la ragione, anche se proprio la ragione verrà in aiuto del timido professore, ispirandogli le forme migliori di difesa.
Non esistono quindi i cani di paglia, esistono solo dei cani dormienti, pronti a svegliarsi quando le cose precipitano e vengono messi in discussione i loro valori.
Peckinpah va oltre, caratterizzando in negativo i personaggi del film, tra i quali spicca Amy, moglie del professore, una donna mal assortita in coppia con il tranquillo David, civettuola e in fondo anche un tantino sciocca e vanesia.
Il film è diviso nettamente in due parti; una prima parte descrittiva, introduttiva, nel quale vediamo l’avvicinarsi della tempesta segnalato dai numerosi atti vigliacchi del gruppo di teppisti e assistiamo contemporaneamente al comportamento ignavo di David, che sacrifica orgoglio e dignità al suo desiderio di vivere tranquillo.
Lo stupro di Amy
La seconda è un crescendo rossiniano; l’uomo impara a difendere i suoi valori, la sua casa e perchè no, quella donna che lo disprezza e che non vorrebbe farsi coinvolgere, anzi, che chiede esplicitamente a David di consegnare Henry al gruppo di teppisti e ubriachi che li assediano.
Il finale è una drammatica esclation che mostra la metamorfosi di David fino alle estreme conseguenze.
La parte di David è affidata ad un Dustin Hofman che veniva dalle spettacolose performance di Un uomo da marciapiede di John Schlesinger e da Piccolo Grande Uomo di Arthur Penn; l’attore americano si conferma come uno dei più grandi attori tra le nuove leve e consegna alla storia del cinema una recitazione asciutta, rigorosa e impeccabile del professor David.
Battaglia finale…
L’attore cura il personaggio nei minimi particolari, fornendo una prova maiuscola attraverso l’interpretazione di David caratterizzata dalla debolezza del carattere dello stesso fino alla resurrezione ( o involuzione?) finale.
Bene anche Susan George e bene Peter Vaughan.
Cane di paglia, come Arancia meccanica, uscito più o meno nello stesso periodo, sono due facce di una stessa medaglia:
David ha appena sparato ad un piede di un assalitore
la società violenta, nichlista di Kubrick è formata anche da tanti individui come il David di Peckinpah. Il discorso sociale della violenza come affermazione dell’individuo non è altro che la punta dell’iceberg, alla base del quale c’è David e tutti quelli come lui, i cani di paglia con i quali però, è meglio non scherzare troppo.
Cane di paglia, un film di Sam Peckinpah. Con Dustin Hoffman, Peter Vaughan, David Warner, Susan George Titolo originale Straw Dogs. Drammatico, durata 118 (113) min. – USA 1971.
Dustin Hoffman David Summer
Susan George Amy Sumner
Peter Vaughan Tom Hedden
T.P. McKenna Major John Scott
David Warner Henry Niles
Del Henney Venner
Jim Norton: Chris Cawsey
Donald Webster: Riddaway
Ken Hutchison Scott
Sally Thomsett: Janice Hedden
Peter Arne: John Niles
Len Jones Bobby Hedden
Michael Mundell Bertie Hedden (scene eliminate)
Colin Welland: Rev. Barney Hood
Regia Sam Peckinpah
Soggetto Gordon Williams (romanzo The Siege of Trencher’s Farm)
Sceneggiatura Sam Peckinpah, David Zelag Goldman
Produttore Daniel Melnick
Fotografia John Coquillon
Effetti speciali John Richardson
Musiche Jerry Fielding
Scenografia Ray Simm
Costumi Tiny Nicholls
Trucco Harry Frampton
Ferruccio Amendola: David Summer
Vittoria Febbi: Amy Sumner
Gualtiero De Angelis: Tom Hedden
Glauco Onorato: Venner
Bruno Persa: Major John Scott
Vittorio Stagni: Chris Cawsey
Luciano De Ambrosis: Riddaway
Cesare Barbetti: Scott
Flaminia Jandolo: Janice Hedden
Manlio De Angelis: John Niles
Romano Ghini: Rev. Barney Hood
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Misogino, visto che le uniche due donne veramente presenti fanno entrambe una pessima figura. Rappresentazione di come i buoni sopportino, sopportino e sopportino, ma quando esplodono… Buon film (giudicato di destra da miopi e cisposi dell’epoca: al di là dell’ovvio fatto che si può fare un buon film di destra, questo è tutt’altra cosa), ma resta lontano dal capolavoro per un’eccessiva lentezza iniziale (per preparare bastava meno tempo: così tedia) e per la troppo calcata caratterizzazione del personaggio principale, che scade troppo da imbelle a imbecille. ***
Basato sul discutibile concetto morale dell’”occhio per occhio” e della difesa (a tutti i costi) del proprio territorio, il film di Sam Peckinpah vale sopratutto per la caratterizzazione (abilmente effettuata dalla sceneggiatura) del protagonista, classico uomo qualunque, anzi un tantino banale, che subisce una profonda trasformazione che culmina in un’escalation di violenza. Ottima la regia che riesce a creare un crescendo di tensione anche grazie all’ottima interpretazione di Dustin Hoffman.
Notevolissima incursione di Sam Peckinpah nel dramma a forti tinte (la chiusa, con furiosa ed inattesa vendetta, ha del memorabile) supportata dalla più che convincente immedesimazione nel ruolo da parte del grande Dustin Hoffman. A suo modo può essere considerato -previa eccezione de La fontana della Vergine (1960) – un precursore (d’alto rango) del “rape & revenge”, che raggiungerà picchi di cinismo estremi in L’ultima casa a sinistra (Wes Craven, 1975) e Non violentate Jennifer (Meir Zarchi, 1978). Finale ferocissimo, per l’epoca del girato.
Studioso si trasferisce in un villaggio dove la moglie è violentata dagli abitanti del luogo. Due ore ben realizzate di tensione psicologica in crescendo, farcita di violenza. Ma l’esaltazione della violenza (sia pure come legittima difesa), la contrapposizione tra il civilizzato colto e i rozzi e vigliacchi contadini, l’idea del territorio da difendere: tutto questo rischia di trascendere la cornice filmica per diventare discutibile paradigma etico di un comportamento naturale. Ottimo Hoffman. Ambiguo e spietato.
Straordinario e controverso film in cui Peckinpah tratta il tema a lui più caro: la violenza come sintesi di tutti i rapporti umani. Qui, infatti, essa esplode in un uomo normale e pacifico e lo fa in tutta la sua potenza e follia raggiungendo livelli di efferatezza notevoli ma comunque mai gratuiti. Incredibile il “filosofico” e caotico montaggio che si “riferisce al caos morale e materiale che domina le persone”. Assolutamente da vedere.
Discusso e discutibile nell’assunto, misogino, inevitabilmente datato nella rappresentazione della violenza (ne è passato di sangue sotto i ponti), possiede tuttavia uno spessore raro in gran parte degli epigoni, dovuto sia all’abilità del regista di costituire lentamente la tensione, sia all’interpretazione sfumata di Hoffman, mite intellettuale che si trasforma in belva per la difesa del suo territorio, a dimostrazione dell’immutabilità dell’animo umano sotto la vernice della civilizzazione. Importante più che bello.
Non certo tra le migliori opere del grande regista americano, ma pur sempre un Peckinpah movie. Ottima la prova di Dustin Hoffman, timido professorino che subisce tutto in totale silenzio ma che alla fine si trasforma letteralmente e farà valere le sue regole. Il film, che all’epoca fu molto osteggiato dalla critica ufficiale perché considerato di “destra”, ha un crescendo di tensione e di violenza che tiene ben desta l’attenzione dello spettatore. Sicuramente la sufficienza se la porta a casa.
Grande film. Incredibilmente pessimista e disperato, parte molto lentamente per poi diventare teso a appassionante come pochi altri lungometraggi. La regia è sapiente e crea un’ottima atmosfera (ricreata grazie all’eccellente fotografia e alle belle ambientazioni) e un clima di rabbia e follia che non lascia indifferenti. La violenza è presente ma non è compiaciuta. Ottimo anche il montaggio. Grande Hoffman, bellissima la George, bravo Warner. Da non perdere.