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Cannabis: la verità scientifica contro l’insostenibile “leggerezza” dei radicali

Creato il 07 febbraio 2012 da Uccronline

Cannabis: la verità scientifica contro l’insostenibile “leggerezza” dei radicali
di Stefano Bruni*
*pediatra

Mentre il mondo radicale continua ad agitarsi scompostamente nella difesa di improbabili diritti da salvaguardare senza se e senza ma, anche a costo di mentire alla comunità sulla portata delle conseguenze di certe azioni sull’individuo e la collettività, la comunità scientifica seria, quella libera da ideologie di qualsiasi tipo, quella che guarda alla sostanza e alla ripetibilità dei dati scientifici ed alla loro significatività statistica, esce allo scoperto dimostrando l’inconsistenza di talune teorie e la contraddittorietà di certe tesi.

Dopo che l’embriologia moderna ha distrutto la tesi secondo la quale una cellula uovo fecondata e un embrione nelle prime settimane del suo sviluppo sono un “grumo di cellule” senza vita, con ciò ponendo le basi per un “contro-diritto” del prodotto del concepimento sulla madre; dopo che psicologia e medicina hanno evidenziato chiaramente come, a fronte di nessuna dimostrazione scientifica dei vantaggi che l’aborto determina sulla salute della donna, sono al contrario moltissime le evidenze dei problemi psichici e fisici che possono residuare nel breve, medio e lungo periodo in una donna che ha scelto di interrompere volontariamente una gravidanza; dopo che diversi studi, a supporto del semplice buon senso, hanno dimostrato che  il desiderio di avere un figlio a tutti i costi anche in età molto avanzata può determinare seri problemi ad un bambino (psichici) nonché alla sua mamma (fisici e psichici); dopo che anche il preteso “diritto” al suicidio assistito ha dimostrato di essere una bufala che nasconde l’incapacità e la mancanza di volontà dell’essere umano di prendersi cura delle persone malate e sofferenti le quali, grazie alle moderne terapie del dolore, se accudite con amore dichiarano sempre più spesso di non provare alcun desiderio di porre fine alla loro vita autonomamente; ebbene, dopo che queste come molte altre “campagne” condotte nel tempo dai radicali e da tutti coloro secondo cui il presunto diritto del singolo prevale su quello di molti altri si sono dimostrate fallaci e menzognere, ora a quanto pare anche l’ultima “lotta” a favore della legalizzazione dell’uso della cannabis, fondata su una presunta innocuità della stessa, sembra essere stata minata nelle sue fondamenta teoretiche da alcune, sempre più numerose e consistenti, evidenze scientifiche contrarie.

Senza avere la pretesa di essere esaustivo (le pubblicazioni scientifiche sul tema sono davvero numerosissime) mi limiterò a segnalarvi alcuni spunti di riflessione frutto di una ricerca bibliografica da me condotta (e da ciascuno di voi replicabile) su riviste scientifiche o siti di società scientifiche di evidente indipendenza politico-ideologica ed onestà intellettuale. 

Per dimostrare l’assurdità della pretesa secondo cui l’utilizzo della Cannabis sarebbe innocuo, partirei dal sito del Royal College of Psychiatrists (RCP), l’associazione professionale degli Psichiatri del Regno Unito. In uno dei documenti redatti dall’associazione scientifica e riportati sul suo sito a disposizione di chiunque sia interessato, viene chiaramente indicato come ci sia una crescente evidenza del fatto che l’uso regolare della cannabis raddoppia il rischio di sviluppare episodi psicotici o schizofrenia. Ovviamente a supporto della scientificità e correttezza di tutto quanto sopra esposto, il RCP porta un’abbondante e significativa bibliografia cui vi rimando per ulteriori approfondimenti. A detta degli psichiatri inglesi, la ricerca clinica ha chiaramente dimostrato un legame tra il consumo precoce di cannabis e i successivi problemi mentali che si sviluppano sia in coloro che sarebbero geneticamente vulnerabili a problemi come depressione e psicosi sia in coloro i quali, ancorché non predisposti, iniziano a consumare cannabis in epoca adolescenziale (ciò sarebbe verosimilmente in relazione con l’interazione delle sostanze psicotrope contenute nella cannabis con le cellule nervose di un cervello ancora in fase di sviluppo). Sulla particolare vulnerabilità degli adolescenti agli effetti della cannabis vedere anche qui.

Nello stesso documento riassuntivo del RCP viene citato uno studio pubblicato su un’autorevolissima rivista scientifica, il British Medical Journal condotto su 1600 studenti australiani di età compresa tra i 14 e i 15 anni, seguiti per sette anni, il quale ha dimostrato come i ragazzi che fanno uso di cannabis regolarmente hanno un rischio di sviluppare depressione o sindrome ansiosa significativamente più alto rispetto a coloro che non ne consumano. Lo stesso studio dimostra che al contrario non è vero che i bambini che già soffrono di depressione sono più portati ad utilizzare la cannabis. Ancora, vengono citati altri 3 studi importanti condotti su larghi numeri di persone che mostrano come maggiore è l’uso di cannabis, soprattutto se si inizia a fumarla prima dei 15 anni di età, maggiore è il rischio di sviluppare schizofrenia; rischio comunque significativamente più alto rispetto al rischio standard valido per la popolazione generale.

Che la cannabis poi sia una droga che può determinare dipendenza (alla faccia della sua pretesa “leggerezza”!) anche questo sembra essere evidente se è vero, come è vero, che il suo consumo frequente, in particolare in alcuni soggetti particolarmente vulnerabili (anche in relazione alla loro giovane età) presenta chiaramente alcune delle caratteristiche di altre droghe che generano dipendenza: tolleranza (la necessità cioè di aumentare progressivamente la dose da assumere per ottenere lo stesso effetto), sintomi da astinenza (forte desiderio, riduzione dell’appetito, difficoltà ad addormentarsi, perdita di peso, aggressività e/o rabbia, irritabilità, irrequietezza, strani sogni). Si veda anche qui. Chi usa la cannabis frequentemente e in grandi quantità lo fa compulsivamente anche quando ciò determina problemi famigliari, scolastici o lavorativi. I recettori per le sostanze attive della cannabis non sono presenti nel solo cervello ma si trovano anche a livello di occhi, orecchie, cute, stomaco ed altri organi del corpo umano dove dunque possono avere effetti, alcuni dei quali non ancora del tutto chiariti ma potenzialmente pericolosi. Inoltre la cannabis può causare una sindrome da intossicazione acuta potenzialmente molto pericolosa (si veda anche qui), né più né meno di quanto possono determinare altre droghe considerate comunemente più “pesanti”. 

Per finire, e a mero titolo esemplificativo (facendo una ricerca mirata in PubMed è possibile trovare numerosi altri lavori sull’argomento), tra gli effetti dannosi della cannabis sulla salute umana voglio citare: la correlazione tra il fumo di cannabis e il cancro del polmone, il cui rischio è stato trovato superiore a quello che hanno i semplici fumatori di tabacco; la correlazione tra la cannabis e altre patologie polmonari, tra cui il carcinoma nasofaringeo dove l’associazione con un diverso tipo istologico di tumore sembra suggerire un meccanismo carcinogenetico diverso rispetto a quello del fumo/aspirazione nasale di tabacco; la correlazione con una emergente patologia del cavo orale; la correlazione tra uso di cannabis prima o durante la gravidanza e una serie di gravi rischi relativi al feto e al neonato; la correlazione tra l’uso di cannabis e il precoce ”invecchiamento” del sistema nervoso centrale;

L’elenco dei danni che la cannabis può causare sarebbe ancora lungo e numerose le evidenze scientifiche a supporto di tali danni. Per chi fosse interessato a leggere qualcosa di più sull’argomento rimando ai seguenti link:

a)    http://www.mind.org.uk/help/diagnoses_and_conditions/cannabis_and_mental_health

b)   http://cyber.law.harvard.edu/evidence99/marijuana/Health_1.html

c)    http://www.plosmedicine.org/article/info:doi/10.1371/journal.pmed.0030039

Insomma, pretendere che la cannabis sia una droga “leggera” che non fa male a nessuno mi sembra davvero segno di una grossolana ignoranza. Né ha alcun senso citare l’effetto potenzialmente (ma spesso ancora tutto da dimostrare) positivo e terapeutico di alcuni derivati della cannabis su alcune patologie e sul dolore: non è certo l’uso terapeutico (medico) di questi derivati che qualcuno vuole liberalizzare!

Per fortuna c’è chi riconosce i propri errori. E’ accaduto, suscitando grande scandalo internazionale, al quotidiano britannico The Independent quando, nel 2007, ha pubblicato un articolo in prima pagina intitolato: «Cannabis, scusateci» per fare ammenda di quanto, dieci anni prima, lo stesso noto quotidiano londinese aveva sostenuto sposando una forte e netta campagna per la depenalizzazione delle droghe leggere, facendone uno dei tratti distintivi della propria linea editoriale. Jonathan Owen, il giornalista che firmò il famoso articolo, ne parla sul sito web “Tempi.it“ 

Poveri radicali; ora che anche questa ennesima “battaglia” sta perdendo le sue basi teoriche cosa faranno? Continueranno ad arrampicarsi sugli specchi nel tentativo di mistificare la realtà e di difendere l’indifendibile o troveranno un nuovo presunto “diritto” autolesionistico su cui concentrarsi? Staremo a vedere, ma senza abbassare la guardia: certe follie, adeguatamente travestite da diritti o sotto le mentite spoglie di un presunto vantaggio per la collettività possono insinuarsi subdolamente nella società, fino ad apparire ineluttabili.


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