Questo è stato l’anno del film d’autore blasonato, lunghissimo e non perfetto. Nonostante il livello delle opere fosse elevato, di fatto, dopo poche ore dal nostro arrivo a Cannes ci siamo accorti che due erano i difetti che quasi tutte le pellicole in corsa per la Palmarés avevano in comune: la durata interminabile, che spesso danneggiava il ritmo di storie uniche, brillanti, con potenzialità notevoli; e la mancanza di quel non-so-che necessario per gridare al capolavoro. I film erano oggettivamente belli, ma… con un “però” sempre nell’aria.
Una scena del film “The Homesman” – Photo: courtesy of FDC 2014
Palesi esempi sono stati il caso di “Mr Turner”, in cui l’attore Timothy Spall è stato unico, mastodontico, un vero trasformista, ma intorno a lui regnava ben poco; oppure il caso di “The Homesman”, con attori da far tremare Hollywood, che hanno tutti contribuito alla riuscita di un’opera talmente oliata da scivolare presto nell’oblio. E poi ci sono quelle due standing ovation anomale: la prima per un evento speciale che mostrava fotogrammi di un progetto dolce e ambizioso non ancora concluso, quale la trasposizione animata del libro “The Prophet”; e la seconda alla proiezione del film di chiusura de la Quinzaine des Realizateurs “Pride”, una dolce e amara commedia per il grande pubblico. Molta era la gente commossa, ben più di quanto accaduto per due settimane nel Palais. Che smacco: nessuna pellicola del concorso è riuscita ad eguagliarli!
Tra i film che dimenticheremo con velocità superiore alla media, non ci attendevamo di dover annoverare anche “La Chambre Bleue”, adattamento per il grande schermo dell’omonimo romanzo di Georges Simenon, con dietro la macchina da presa un grande attore come Mattieu Amalric, per l’occasione in compagnia della consorte. Ma i due non sono sufficienti a rendere il film intrigante, a far salire la curiosità, a incollare lo spettatore alla poltrona. Nonostante una durata di poco più di un’ora, tutto è poco interessante e troppo con un’atmosfera da sceneggiato TV.
Una scena del film “Jimmy’s Hall” © Sixteen Films
Il primo premio per la situazione più assurda, lo vince la proiezione su invito del nuovo film di Ken Loach, “Jmmy’s Hall”. Sceneggiato da un veterano come Paul Laverty, veniamo portati un’altra volta nella verde Irlanda, a questo giro durante gli anni ’30, che lassù coincisero con un periodo di tensioni politiche e deportazioni alquanto bizzarre. Rimase agli annali, e probabilmente romanzato non poco, il caso di Jimmy Gralton, spedito con un biglietto di sola andata nel Nuovo Mondo con accuse che ai giorni nostri potremmo definire pittoresche. La ricostruzione e i paesaggi sono come al solito di grande impatto, la musica irlandese impera, ma il ritmo a più riprese latita, la storia è soporifera, quindi non mi attendevo cori da stadio che al rimo dei canti di Irlanda inneggiassero, come nel migliore degli stadi, alla Pal-ma-rés! Pal-ma-rés! Pal-ma-rés!
Ma Cannes 67 ha saputo farsi perdonare con un’ottima Séance de Minuit - “The Salvation“, “The Rover“ e “The Target” sono tre opere tanto diverse, quanto solide e intriganti – e con una serie di eventi speciali mastodontici, culminati con due abbondanti ore conversando con una vera Signora del Cinema come la meravigliosa Sophia Loren, quindi… non vediamo l’ora arrivi l’edizione 2015!
Vissia Menza
n.d.r. A questo link il nostro diario dalla Croisette