Cannes 2014: THE DISAPPEARANCE OF ELEANOR RIGBY (THEM) – recensione

Creato il 08 giugno 2014 da Luigilocatelli

The Disappearance of Eleanor Rigby (Them) – La scomparsa di Eleanor Rigby (Loro), un film di Ned Benson. Con James McAvoy, Jessica Chastain, William Hurt, Isabelle Huppert. Presentato a Un certain regard.
Perché Eleanor ha lasciato Connor? Perché non lo vuole più vedere? Perché lui continua ossessivamente a cercarla? Storia tormentata di una coppia, tra Scene da un matrimonio di Bergman e Un uomo, una donna di Lelouch, però in versione indie-americana. Con una meravigliosa Jessica Chastain e un ottimo James McAvoy. Film-puzzle tra i più attesi a Un certain regard, ma che ha convinto solo in parte. (Lei è stata chiamata così dai genitori beatlesiani fanatici.) Voto tra il 6 e il 7
I festival sono come i conclavi, c’è chi entra papa e ne esce cardinale. Capita che titoli dati per favoriti prima che scatti la competizione, poi se ne tornino a casa senza premi. Quest’anno è successo – a Un certain regard a Cannes, la seconda sezione del festival – sia al francese Bird People di Pascale Ferran, peraltro notevolissimo, ma un po’ troppo ostico, sia a questo indie-americano La sparizione di Eleanor Rigby. Film che Cannes abbiamo visto in prima mondiale nella sua versione sintetica, dopo la sua presentazione a Toronto in due film disgiunti, TDOER Her e His, vale a dire la storia della coppia protagonista vista prima dalla parte di lei (Eleanor) e poi di lui (Connor). Piaciuto sì, però con riserva, e senza destare gli entusiasmi che ci si aspettava alla vigilia. Il sottotitolo Loro a questa nuova e pare ultimativa versione voluta dal produttore-distributore Harvey Weinstein, quella che dovrebbe uscire nei cinema, indica la perdita dei rispettivi punti di vista, o meglio, una loro alternanza, poiché il film è in realtà un montaggio (alternato) di pezzi dei due apparsi a Toronto. Gente che al festival canadese c’è stata assicura essere Them inferiore alla double version, io che non c’ero dico solo che non è all’altezza dell’enorme buzz che lo accompagnava prima della proiezione sulla Croisette. Non che TDOER sia brutto, anzi, a tratti è bello assai e lascia intravedere quanto magnifico sarebbe potuto essere. Solo che il regista Ned Benson oscilla tra due registri, due polarità troppo diverse senza mai decidersi a seguirne decisamente una, da una parte il dramma coniugale con lacerazioni e abissi vertiginosi e facciamoci-del-male alla Scene da un matrimonio di Bergman, dall’altra la rom-com pur screziata di eventi drammatici alla Un uomo, una donna di Lelouch, film-feticcio di cui la protagonista tiene in camera l’affiche, tanto perché non ci siano dubbi sul modello di riferimento (a proposito: Lelouch l’avevo visto giusto la sera prima presenziare a un’altra proiezione di Un certain regard, Amour Fou di Jessica Hausner).
Girato nei modi del cinema indipendente, con un realismo che sfiora e mima il cinéma-vérité, con l’uso ovviamente molto mobile e prensile della camera a mano (o a spalla, che è lo stesso) a intensificare il senso di immediatezza, con attori-star che si fingono benissimo gente qualunque, si presenta all’inizio come un mystery, un puzzle dalle molte zone oscure di cui lo spettatore non afferra il disegno. Assistiamo per un bel po’ a frammenti disgiunti delle vite di Eleanor Rigby (chiamata così dai genitori fanatici beatlesiani, che son poi William Hurt e Isabelle Huppert, bravissimi, soprattutto il primo, semplicemente da Oscar) e del marito Connor. Son separati, di una separazione che si intuisce dolorosa e piena, specie da parte di lei, di rancori. Eleanor Rigby – è il nome completo – è una donna devastata, la vediamo in una delle prime scene tentare il suicidio buttandosi da un ponte. Si salverà, ma la malinconia, una malinconia tenace e vischiosa, non smette di accompagnarla. Se n’è tornata a vivere dai genitori, una coppia intelettuale molto openminded che cerca come può di lenire la sua sofferenza. Intanto vediamo Connor, il marito lasciato e da lei ora evitato con tutte le forze, lavorare nel suo ristorante e intanto pensare ossessivamente a Eleanor, solo a Eleanor. La cerca, e quando riesce a intuire dove abiti, comincia a seguirla, a pedinarla, sfiorando lo stalking. Non sappiamo, non capiamo che cosa abbia distrutto la loro vita insieme, non capiamo quali siano le colpe che Eleanor Rigby rinfaccia a Connor, ne vediamo solo le pesanti ricadute su tutte e due. Che continuano a volersi e desiderarsi, ma che non possono non torturarsi e farsi del male (ecco l’oscuro côté bergmaniano-strindberghiano). Poi naturalmente sapremo, ed è una mazzata (ma non rivelo niente, ci mancherebbe. Butto lì solo un indizio: Alabama Monroe). Con un finale magnificamente pensato e girato, una gran scena notturna e ambigua che ci fa rimpiangere il risultato che TDOER avrebbe potuto raggiungere se si fosse sempre mantenuto all’altezza dei suoi momenti migliori. Prodotto comunque di indubbia qualità che, se imboccasse in autunno alla sua uscita nei cinema americani la strada giusta (ottime reviews e buoni incassi), potrebbe anche avere parecchie chance nella awards season. Film eminentemente di attori. Jessica Chastain si conferma una delle miglior e più profonde attrici della sua generazioni, e qui a tratti somiglia in modo impressionante alla Monica Vitti della stagione antonioniana. James McAvoy disegna un maschio tormentato e come nullificato dalla potenza (e imperscrutabilità) del femminile, un carattere assai in linea con i tempi. Quuando arriverà in Italia (il film, intendo), preparate i fazzoletti, che alla fine si piange.


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