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Cannes 67: “Lost River” di Ryan Gosling (Un Certain Regard)

Creato il 24 maggio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Anno: 2014

Durata: 104′

Genere: Noir

Nazionalità: USA

Regia: Ryan Gosling

L’anno scorso il festival di Cannes lamentò l’assenza di Ryan Gosling sulla croisette quando Nicolas Winding Refn portava in concorso Only God forgives con l’attore canadese nei panni del protagonista. Gosling era all’epoca impegnato sul set del suo primo film, Lost River, che segnò il debutto alla regia di un attore consacrato al successo proprio dal regista danese con Drive. Inutile dire che è all’estetica di Refn – e nello specifico ai sopracitati film – che Gosling sembra attingere a piene mani. L’esordio dietro la macchina da presa del brillante addetto stampa de Le Idi di Marzo firmato Clooney è pertanto un misto di citazionismo, gusto personale e uno sguardo ancora da raffinare: c’è Refn, Lynch, ma anche un’idea di cinema, una direzione presa, sebbene non ancora imboccata con precisione. Lost River ha avuto la sua prima a Cannes nella sezione Un Certain Regard, tra il plauso del pubblico e l’incertezza della critica.

In una cittadina semideserta che ricorda la Detroit decadente e desolata di Only Lovers Left Alive si abbatte una maledizione. Bully (Matt Smith) si aggira per le strade deserte a bordo della sua auto-trono seminando il terrore e rivendicando il territorio. Una madre (Christina Hendricks) lotta per guadagnare il necessario per riscattare la casa dove vive insieme ai suoi due figli. Il figlio adolescente, Bones (Iain De Caestecker), si mette nei guai con la gang di Bully che gli darà la caccia per tutto il film. Intanto Billy, per amore dei suoi figli, accetta l’offerta del subdolo Dave (Ben Mendelsohn), finendo col lavorare in uno squallido varietà dell’orrore. Su suggerimento di Rat (Saorise Ronan), Bones decide di spezzare la maledizione che piega la città, portando a galla un pezzo della città sprofondata negli abissi del lago artificiale. Il ragazzo spera così di porre fine alle tragedie che affliggono luoghi e persone. Eva Mendes è Cat, una delle protagoniste degli spettacoli granguignoleschi. Come un po’ tutti i personaggi, Cat galleggia in uno stato di sospensione tra vittima e complice-carnefice. I miseri abitanti di questa remota cittadina sono corpi deambulanti che sembrano aver smesso di respirare tempo addietro per rimanere in apnea. Fino al riscatto.

Luoghi e personaggi si sintonizzano sullo stesso battito. Il malessere che si respira nella città è lo stesso che avvilisce i personaggi in questo racconto rarefatto, onirico e mostruoso. Gosling scrive e dirige un incubo ad occhi aperti dove il sacrificio è necessario alla salvezza. Scoppiano gli incendi e il fuoco si fa simbolo mortifero e purificatore. Mentre violento distrugge ciò che incontra, pone anche fine ad esistenze larvali imprigionate in un tempo passato ipnotizzante. Il sangue, versato per gioco e sul serio, diventa l’unico mezzo per liberarsi dalla prigionia.

Per essere l’opera prima di un attore giovanissimo ci sentiamo di considerare lo slancio autoriale deciso e di tralasciare i difetti di una mano e un occhio non ancora sufficientemente allenati. Ci auguriamo che Gosling possa seguire le orme cinematografiche di George Clooney, incisivo davanti e (quasi sempre) dietro la macchina da presa.

Francesca Vantaggiato


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