Non so come la pensiate voi, ma per me i Cannibal Corpse sono come l’amico storico d’infanzia che ti porti sempre dietro, quello che non importa quanto vi trascuriate a vicenda, quanto possiate insultarvi le madri, alla fine c’è sempre stato e sempre ci sarà e così tu per lui. Non c’è nemmeno bisogno che stia qui a dirvi quanto la band di Fisher e co. sia importante per il mondo del metal tutto (forse l’unica band che anche i genitori e i parenti più estranei alla musica del demonio conoscono) e aldilà dell’importanza storica è inutile aggiungere anche quanto i Nostri in fondo abbiano sempre prodotto lavori più che meritevoli (salvo qualche calo di stile in episodi meno ispirati come Gallery Of Suicide o The Wretched Spawn).
Fondamentalmente la recensione potrebbe anche chiudersi qui considerando che questo A Skeletal Domain è, niente di più e niente di meno, il solito buon lavoro a marchio Cannibal Corpse: riffing serrato, sezione ritmica che macina anche le ossa e l’arcinota timbrica vocale di George “I don’t need a neck” Fisher. Forse ciò che più salta all’occhio è un’attenzione maggiore al groove, più di una canzone riesce a fare breccia nella memoria dell’ascoltatore già al primo ascolto, il che è ottimo se consideriamo che in fondo il death metal dei californiani è semplice e genuino come la ricotta appena fatta la mattina presto (e altrettanto gustoso aggiungerei). Se tutto va come deve andare me li vedo pure in live il 25 Novembre in quel di Roncade (TV), inutile dire che ci si vede lì a scapocciare. Per il resto ragazzi, sul serio, se devo stare qua a spiegarvi perché i Cannibal Corpse sono fondamentalmente una delle band più importanti della storia forse avete sbagliato blog. Ascoltatevi A Skeletal Domain, compratelo, condividetelo con amici e parenti, mettetelo su alla sagra della castagna, scrivete una tesi di laurea sul gargarozzo di Fisher e ringraziate il Demonio che a 45 anni questi ragazzoni abbiano ancora le palle per dettare legge.