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Canone RAI, questo “antipatico”

Creato il 28 gennaio 2013 da Rsxblog @rsxblog

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Il 31 gennaio scade il termine ultimo per il pagamento del canone RAI, una delle imposte più antipatiche agli italiani.

“Qualunque cosa tu faccia con il tuo televisore, il canone è un’imposta legata al suo possesso”. Questo ciò che recita lo spot.

Fondamento normativo del pagamento del canone si rinviene nel Regio decreto – legge 21 febbraio 1938, n.246, il quale all’ art. 1 recita: “chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento” .

Ratio della norma risiede nella funzione assolta dal servizio radiotelevisivo pubblico, che si sostanzia nel soddisfacimento del diritto dei cittadini all’  informazione e nella diffusione della cultura, concorrendo altresì ad ampliare la partecipazione dei cittadini e lo sviluppo sociale e culturale del Paese.

La normativa stabilisce che l’obbligo di pagare questa imposta deriva dalla mera detenzione dell’apparecchio, ossia da una situazione di semplice disponibilità materiale della cosa, a prescindere dal possesso e dalla proprietà della stessa.

L’ art 11 dello stesso decreto dispone infatti che: “in caso di cessione o di alienazione dell’apparecchio, il cessionario o l’acquirente sono considerati nuovi abbonati al pagamento del canone dal giorno in cui hanno avuto la detenzione dell’apparecchio” .

La successiva questione di legittimità costituzionale degli att. 1,10, 25 del suddetto decreto è stata ritenuta infondata dalla Corte Costituzionale la quale con la sentenza n. 284 del 26.5.2002 ha riconosciuto che il canone non può più essere ritenuto una tassa connessa alla fruizione di un servizio ma, a seguito dell’evoluzione dei tempi va considerato un’imposta  essendo la detenzione di un televisore “ragionevole indice di capacità contributiva”.

Resta in ogni caso da chiarire come possa una situazione di fatto come la detenzione, indipendente dalla proprietà, costituire indice di particolare capacità contributiva e quindi di ricchezza. Perché chi ha ricevuto un apparecchio in comodato o lo detenga in un appartamento ammobiliato occupato in locazione, sia chiamato a pagare un’imposta su una ricchezza che non ha?

La stessa Rai ammise l’esistenza di dubbi di incostituzionalità al riguardo, non approfondendo però la questione in quanto la questione di legittimità si argomentava intorno ad altro.

Sembra possibile quindi che si configuri una violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. data la  disparità di trattamento fra chi detiene l’apparecchio in quanto proprietario e chi lo detiene per altra ragione, estranea alla propria capacità contributiva.

Dubbi sorgono anche con riferimento allo sviluppo dei c. d. device mobili, che consentono di fruire dei servizi e dei contenuti della TV di Stato. Chi possiede un pc o un teblet è tenuto a pagare il canone? A fare chiarezza è intervenuto il Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera il quale ha affermato testualmente: “non è possibile includere altre forme di distribuzione del segnale audio/video (per esempio Web Radio, Web Tv) che sono basate, come dicono i tecnici, su portanti fisici diversi. In linea generale sono, quindi, esclusi i personal computer, fissi o portatili, i tablet (come gli iPad) e gli smartphone, cioè gli strumenti suscettibili, di per sé, di connessione alla rete internet” .

In definitiva il campo degli apparecchi soggetti al pagamento del canone è circoscritto a quelli utili alla ricezione di segnali televisivi su piattaforma terrestre e piattaforma satellitare.



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