Eclettico, imprevedibile, originale. Renato Carusone, al secolo Renato Carosone, rappresenta ancora oggi uno degli artisti più innovativi della scena musicale partenopea ed italiana!
Pronto a sperimentare, in anni in cui la sperimentazione non veniva vista di buon occhio (data la tendenza conservatrice che investiva la musica così come la società, ancora irretita nel claustrofobico pensiero fascista), iniziò a suonare nei locali napoletani intorno agli anni ’40, al ritmo di una musica frivola e “danzereccia” che, qui in Italia, sembrava assumere la connotazione di una tendenza esotica e di assoluta rottura con la tradizione musicale tricolore.
Classe 1920, Renato Carosone si fece conoscere dal grande pubblico soprattutto in seguito al fatidico incontro con un’altra grande eccentrica personalità partenopea, Gegè Di Giacomo, batterista-fantasista che, insieme a Peter VanWood (primo chitarrista elettrico del mondo), divenne elemento indispensabile per la costituzione del famoso Trio Carosone.
Leggenda vuole che, Di Giacomo, si presentò al cospetto di un giovanissimo ed inesperto Carosone (che nel frattempo aveva ottenuto il primo incarico in un noto club napoletano dell’epoca) munito esclusivamente di pentole, coperchi, e oggetti vari che fece suonare nelle stanze vuote e in penombra del locale, come la più potente delle batterie. Fu quello l’inizio di una storia d’amore musicale, che portò entrambi ad un inaspettato ed esplosivo successo.
Un Trio che in soli dieci anni si fece conoscere in Italia e all’estero, guadagnando consensi da pubblico e critica. Il primo successo commerciale dell’artista napoletano fu Maruzzella, composta da Carosone su un malinconico e struggente testo di Enzo Bonagura. Dopo questo ce ne furono tanti altri, alcuni dei quali appartenenti alla tradizione classica partenopea come Malafemmena di Totò, Scapricciatiello, lanciata da Aurelio Fierro alla Piedigrotta Bideri del 1954, Anema e core e tantissimi altri brani in lingua che portarono la canzone napoletana d’autore, all’antico splendore di un tempo.
Con il suo viso segnato e le sue espressioni bizzarre che facevano di Carosone una vera maschera teatrale, la sua produzione musicale resta ancora oggi un inestimabile patrimonio artistico partenopeo da conservare gelosamente.
Il suo ritiro dalle scene, annunciato il 7 settembre 1959 durante la trasmissione televisiva “Serata di Gala”, sconvolse l’Italia del dopoguerra, incredula di fronte ad un abbandono che cadeva proprio nel periodo di maggior successo. Nessuno riuscì a spiegarsi come mai, un artista tanto apprezzato, decidesse di ritirarsi proprio al culmine della sua carriera. Si narra che alcuni settimanali scandalistici dell’epoca motivarono quella decisione accennando ad un presunto voto che Carsone, devoto e religioso, aveva fatto alla Madonna. Egli semplicemente riferì che, in un’ epoca in cui le cose scorrevano tropo veloci e in cui i cambiamenti si susseguivano l’un l’altro senza sosta, il suo modo di fare musica non trovava più posto.
Un animo poetico, malinconico e raffinato quello di Carosone, che ogni buon partenopeo dovrebbe riscoprire, non foss’altro che per dare giustizia a quello sterminato repertorio musicale ancora oggi di grandissima attualità!