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Capire le emozioni, insegnare l'attesa. il difficile compito dei genitori ai tempi di internet

Creato il 25 novembre 2013 da Afrodite
Sala affollata venerdì sera a Ornago (MB) per l'incontro dedicato a "Rete e social network, le emozioni nell'era digitale. Essere genitori ai tempi di smartphone e tablet", organizzato dall'associazione Mondo Famiglia Style.
Diverse decine di mamme e papà sono accorsi portandosi appresso un carico di dubbi e incertezze: che cosa fare con i propri figli, bambini o adolescenti, per evitare che le tecnologie vengano usate in modo improprio o addirittura autolesionista?

CAPIRE LE EMOZIONI, INSEGNARE L'ATTESA. IL DIFFICILE COMPITO DEI GENITORI AI TEMPI DI INTERNET

Una parte del pubblico presente in sala. Foto Giovanni Cortesi


Originale la formula scelta dall'associazione organizzatrice, sostenuta da numerosi sponsor e dalle amministrazioni comunali di Ornago e Bellusco.

CAPIRE LE EMOZIONI, INSEGNARE L'ATTESA. IL DIFFICILE COMPITO DEI GENITORI AI TEMPI DI INTERNET

Il saluto della sindaca di Ornago, Maurizia Erba. Foto Giovanni Cortesi


La serata, suddivisa in temi (L'attesa, Il bello di Facebook: le nuove relazioni, La necessità delle regole: il Decalogo, I pericoli della Rete, La Rete e la scuola) ha visto un'alternanza di letture tratte dal romanzo "Non fare il male" (http://www.girlgeeklife.com/2013/06/non-fare-il-male-un-libro-una-regola/) e di interventi a cura dello psicologo del Centro Studi Erickson (http://www.erickson.it/Pagine/default.aspx) Michele Facci.

CAPIRE LE EMOZIONI, INSEGNARE L'ATTESA. IL DIFFICILE COMPITO DEI GENITORI AI TEMPI DI INTERNET

Da sinistra: Annamaria Vicini (autrice "Non fare il male"), Luisa Rota (Mondo Famiglia Style), Michele Facci (Centro Studi Erickson)


Interessanti le "provocazioni" che quest'ultimo ha lanciato a una platea attenta e partecipe.
"I bambini imparano ad ascoltare grazie al racconto delle fiabe - ha esordito Facci - Ma oggi le statistiche ci dicono che solo un genitore su dieci lo fa con i propri figli. Così poi quando iniziano il percorso scolastico e trovano un insegnante che parla per ore restano spiazzati. Anche perché il docente non può essere "spento" con un telecomando".
Il racconto della fiaba serale è importante anche perché genera nel bambino un'attesa. Quell'attesa che oggi, come viene descritto in alcuni brani di "Non fare il male", non siamo più capaci di insegnare ai nostri figli ma nemmeno di praticare come adulti presi come siamo nel vortice quotidiano di ritmi frenetici.
Nella seconda fase dell'infanzia e nell'adolescenza il vero oggetto di culto è diventato il cellulare, meglio se di ultima generazione. Se fino a qualche anno fa i preadolescenti facevano follie per gli abiti firmati, ora fanno di tutto, fino a commettere atti illeciti, pur di avere l'ultimo modello di smartphone.
"Mi risulta che spesso il telefonino venga regalato per la prima comunione - ha riferito l'esperto - Ma in realtà i genitori ne fanno dono perché è un ansiolitico per loro, in quanto possono attraverso questo strumento controllare i propri figli. Salvo poi diventare esso stesso causa di ansia se questi ultimi non rispondono subito alle loro chiamate".
Con lo smartphone i ragazzi si scambiano spesso messaggi d'amore.
"Ma è diverso scrivere in un sms "tvtb" o dire a qualcuno che è fisicamente presente "ti voglio bene". Non provoca le stesse emozioni. Ecco, ai ragazzi bisogna spiegare questa differenza".
Molto gettonati anche i social network, da Facebook al più recente ask.fm.
"Su Facebook si chiede e si dà l'amicizia: ma i nostri figli sanno chi è veramente un amico? E se in Internet vedono che il sesso è un atto finalizzato a essere riprodotto in foto e video forse finiranno per pensare che fare sesso significa solo questo".
Quello che le tecnologie rischiano di farci perdere di vista è la complessità della vita e delle relazioni. Con un clic si possono fare molte cose e siamo quindi portati a pensare che tutto sia facilmente risolvibile con questo semplice e automatico gesto.
Ma non è così. E di questo, per fortuna, ci sono ancora genitori che sembrano averne consapevolezza.
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