"Capitan Harlock"/"Space Pirate Captain Harlock".
di: S.Aramaki.
Animazione - GIA 2013
115 min
"Per aspera ad astra"
e' uno dei lasciti del passato che meglio si associa all'idea di avventura. L'espressione, infatti, circoscrive una vicenda
travagliata e insidiosa che proprio in virtù delle difficoltà e dei pericoli che implica apre orizzonti inediti, instaurando un dialogo intimo e continuo con la possibilità di trasgredire quel certo senso di predestinata inerzia che avvolge le cose umane e primo passo in direzione di un qualunque itinerario di riscatto e rigenerazione. Proprio tale scenario traspare - almeno per la prima parte del suo svolgersi - dai fitti andirivieni spaziali che si organizzano attorno all'incrociatore pirata "Arcadia" e al di lui comandante, Capitan Harlock, prode quantomai meditabondo e taciturno, schivo e in eterno bilico (simile al fluente ciuffo che ne occulta la parziale cecità) su quella "depressione dell'eroe" che tipicamente accompagna/affligge l'individuo sulle cui spalle gravano destini enormi, più o meno orditi dal Fato, più o meno frutto della distorsione dei concetti simmetrici di colpa/espiazione.
L'operazione della ultracinquantenne "Toei animation", nelle intenzioni, andava a colmare un vuoto cinematografico che isolava da diversi decenni un personaggio che sin dalla sua prima apparizione (il punto di origine e' il manga di Leiji Matsumoto del 1976) s'era guadagnato un compatto manipolo di estimatori. E non senza argomenti, del resto: ciò di cui parliamo e', infatti, una figura elegante, longilinea, d'età indecifrabile, ambigua connotazione sessuale, lunga capigliatura castana e intenso sguardo corrucciato. Intabarrato in un lungo pastrano dai risvolti cremisi, a meta' fra una mantella in stile napoleonico e la nera "membrana planante" di Batman, ricolmo di fregi "filibustieri" (teschi e tibie) sparsi qua e la' sulla giubba e richiamati nei grossi bottoni, Harlock era, in altre parole, uno dei tanti punti di congiunzione ideale fra una certa tradizione a lungo incarnata dal paladino romantico e - nel caso - algidamente guascone e i prodromi dell'eroe moderno e post-moderno, pieno di contraddizioni, magari votato al bene ma ad una maniera tutta sua che non esclude, tra l'altro, il desiderio come estremizzazione del godimento personale. Al tempo, egli era pure gran conoscitore di antiche tecniche di combattimento (pur sempre di un pirata si tratta, e come tale spadaccino, con tanto di durlindana futuribile), nonché di armi moderne di ultima generazione e sovente scaltro manipolatore di teorie sullo scivoloso crinale di mondi complessi come quelli della fisica delle particelle e della meccanica quantistica (la propulsione dell'"Arcadia", per dire, e' un motore a "dark matter"/materia oscura, identica origine della longevità del tenebroso Capitano)...
Sebbene la narrazione sia incardinata su binari piuttosto consueti - in un futuro (o in un passato, avverte la voce narrante) lontano, ad una umanità sparpagliata ai quattro angoli dell'universo desiderosa di far ritorno alla Terra madre, si oppone una super corporazione di natura militare che, con la motivazione di preservare il pianeta a modello di ultimo paradiso vivente ne occulta in realtà la tragica sorte: dittatura di fatto a sua volta osteggiata da Harlock e dal suo equipaggio nel ruolo di implacabili guastatori intergalattici - il fulcro delle circostanze si organizza ben presto - da un lato - intorno al giovane Yama, fratello minore del potente comandante in capo delle forze della conservazione, Ezra, mente della di lui infiltrazione tra i ranghi della ciurma dell'"Arcadia" allo scopo di eliminare Harlock - e dall'altro - al raccordo di frequenti intermezzi nostalgici e pensosi ("Nonostante ci si evolva, non si arriva mai a niente. Non cambia mai niente") in cui una estenuata filosofia circa la perdita della leggendaria "età dell'oro" della razza umana si alterna ad altrettanto malinconiche quanto vaghe evocazioni palingenetiche ("Un istante ripetuto nel tempo diventa eterno"). Il risultato di siffatti avvicendamenti e' soprattutto quello, in concreto, di relegare, a mo' di progressivo "clinamen", Harlock a margine della Storia e, in particolare, dei capovolgimenti caratteriali di Yama, vero ago della bilancia degli eventi, artefice delle risoluzioni più significative e non a caso catalizzatore di una ipotetica promessa per il futuro.Sebbene la narrazione sia incardinata su binari piuttosto consueti - in un futuro (o in un passato, avverte la voce narrante) lontano, ad una umanità sparpagliata ai quattro angoli dell'universo desiderosa di far ritorno alla Terra madre, si oppone una super corporazione di natura militare che, con la motivazione di preservare il pianeta a modello di ultimo paradiso vivente ne occulta in realtà la tragica sorte: dittatura di fatto a sua volta osteggiata da Harlock e dal suo equipaggio nel ruolo di implacabili guastatori intergalattici - il fulcro delle circostanze si organizza ben presto - da un lato - intorno al giovane Yama, fratello minore del potente comandante in capo
delle forze della conservazione, Ezra, mente della di lui infiltrazione tra i ranghi della ciurma dell'"Arcadia" allo scopo di eliminare Harlock - e dall'altro - al raccordo di frequenti intermezzi nostalgici e pensosi ("Nonostante ci si evolva, non si arriva mai a niente. Non cambia mai niente") in cui una estenuata filosofia circa la perdita della leggendaria "età dell'oro" della razza umana si alterna ad altrettanto malinconiche quanto vaghe evocazioni palingenetiche ("Un istante ripetuto nel tempo diventa eterno"). Il risultato di siffatti avvicendamenti e' soprattutto quello, in concreto, di relegare, a mo' di progressivo "clinamen", Harlock a margine della Storia e, in particolare, dei capovolgimenti caratteriali di Yama, vero ago della bilancia
degli eventi, artefice delle risoluzioni più significative e non a caso catalizzatore di una ipotetica promessa per il futuro.
D'altra parte, l'animazione si rivela assai curata, in specie nel comparto "meccanico" e in quello relativo alle battaglie e alle esplosioni (impressionanti gli speronamenti cosmici tra astronavi), al punto da mostrare un non comune "splendore dinamico" (tiranti d'acciaio, ruote dentate, carrucole, argani, cavi e tubature lavorano nella loro "greve" consistenza materica in felice contrapposizione all'essenzialita assoluta dei fasci di luce, dei lampi d'energia, dei bagliori magnetici et.), tale, ad esempio, da non patire o quasi quel minimo di scarsa fluidità, di residuale rigidità che ancora si nota - soprattutto nei campi medi e ravvicinati - nei movimenti della figura umana e in alcune ombreggiature ed espressioni dei visi - questa e quelle, peraltro, finemente stilizzate come vuole l'imprinting grafico di tanto immaginario nipponico (basterebbe come riferimento l'incanto filiforme dell'aliena - tecnico e consigliere di Harlock - Meeme, "stirpe nibelungica", mirabile concentrato di sinuosità, stratificazione del tratto e reminiscenza proto-elfica delle saghe nordiche). Il nero dello spazio profondo, inoltre, la prevalenza dei grigi e dei marroni, come degli azzurrini asettici, dei bianchi opachi e di un marcato gioco di penombre e oscurità piene, accentuano l'impressione di sciagura incombente ma, visto il tono generale del film di Aramaki, sostanzialmente incerto fra descrizione e slancio emotivo, finiscono anch'essi per giocare a favore del sospetto riguardo una certa freddezza di fondo dell'intero lavoro (a tratti ineccepibile dal punto di vista formale - un occhio a Giger, un altro a "Final fantasy", entrambi focalizzati comunque sulla resa spettacolare - più carente da quello narrativo - personaggi non di rado ingessati dal registro retorico e enfatico, o di ondivaga moralità -), enorme marchingegno adulto, elaborato e irrisolto, come certe suggestioni che non riescono a tradursi in meraviglia.
TFK
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