Mio padre aveva un sorriso enorme stampato in faccia. Era tanto che non lo vedevo così! Guardò il cielo e poi chiuse gli occhi inspirando profondamente, come se volesse inglobare nei suoi polmoni tutti i profumi che c’erano nell’aria. Faceva caldo, e i raggi del sole che accarezzavano la mia pelle, mi riempivano l’anima. Respirai l’aria piena di magia. La brezza che soffiava la potevo sentire nei miei capelli neri che volteggiavano leggeri. Quella città, era la mia città ora! Non avrei potuto immaginare, solo qualche ora prima, che avrei provato queste sensazioni. Ad un tratto tutto mi sembrò più semplice, più bello. Tutte le mie paure e le mie angosce scomparvero, nell’attimo di un solo respiro. Mamma si era già precipitata su per le scale del palazzo. Lo stabile anni ’60 era immerso nel verde di un cortile. Era fatto a ferro di cavallo, e dal cortile, alzando lo sguardo, si potevano contare almeno duecento finestre. Quando salii mamma aveva già aperto le finestre e l’aria bollente di luglio inondava tutta la casa. Poggiai la borsa sulla sedia e mi affacciai alla finestra della cucina. Di sotto la gente camminava ignara della mia presenza e del mio sguardo attento. Mi piaceva osservare le persone da lontano e decisi che quello sarebbe diventato un ottimo passatempo. Nei piccoli paesini non c’è mai tanta gente da osservare.Andai in camera mia e cominciai a sistemare tutti i miei libri sullo scaffale. Finiti gli scatoloni con i libri, iniziai con quelli dei cd. Presi in mano il cd di Yoruma, un pianista giapponese a dir poco fenomenale. Me l’aveva riportato Elisa dal Giappone, quando era andata in vacanza con sua sorella. Lo misi nello stereo e chiusi gli occhi per perdermi nella poesia di quelle melodie. Era così profonda quella musica, che quasi riuscivo a perdermi sui tasti di quel piano. Più tardi uscii in cortile. Il muretto sotto l’albero aspettava me. Mi sedetti lì, all’ombra del salice, e respirai fino in fondo tutti i profumi del posto. Alzai gli occhi e il cielo azzurro cospargeva ogni cosa di pace e serenità. Mai in vita mia avevo avuto il cuore così pieno di emozioni. E la mia mente era serena e spensierata.Chissà se avrei rivisto mai, quel viso del sogno, quegli occhi scuri che mi fissavano. Il mio cuore, inspiegabilmente, sperava di si.Il giorno dopo presi la metro e andai a fare un giro in centro. Non mi sentivo più una turista come le altre volte. Ormai quella città la sentivo mia e la cominciai a guardare con occhi diversi. Era bellissima, con i suoi cornicioni antichi e malandati, con le sue fontane e le sue piazze. Passeggiai per ore osservando i turisti con i loro visi radianti ed estasiati da tanta bellezza. Facevano foto per imprigionare quei luoghi per sempre. Le bancarelle di souvenir erano ovunque e davanti c’erano interminabili file di giapponesi, americani e tedeschi che cercavano di portarsi a casa un ricordo di quella giornata. I piccoli bar del centro, con i loro tavolini in mezzo alla strada - che per poco non venivano travolti da taxi e carrozze - erano pieni di gente che mangiava gelati e beveva caffè. Alla fine esausta dal caldo e dalla stanchezza mi sedetti sugli scalini di Piazza di Spagna per riposare. Era quasi il tramonto quando ripresi la metro per tornare a casa.Mia mamma stava preparando la cena. Andai da lei in cucina e la abbracciai. <<Ti vedo felice! Hai passato una bella giornata?>>mi disse. <<È stata una giornata splendida! Roma è bellissima mamma. Ho camminato talmente tanto che ho i piedi distrutti, ma sono felice!>>Dopo cena mi buttai sul divano e nel giro di dieci minuti mi addormentai. La mattina seguente mi svegliai lì, con una coperta di cotone addosso, che sicuramente mi aveva messo sopra mia madre. Mi feci la doccia e uscii in cortile a leggere un libro sotto il salice. Dopo qualche settimana, la mia vita era totalmente diversa da prima: erano cambiati i ritmi, le abitudini e soprattutto ero stregata da quella città.I giorni passarono in fretta fra le passeggiate in centro e le spiagge di Ostia. L’estate era quasi agli sgoccioli e presto avrei dovuto cominciare il nuovo anno scolastico. Mi chiedevo se avrei trovato nuovi amici e come mi sarei trovata nella nuova scuola.
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