Quella mattina arrivò, quella del primo giorno nella nuova scuola. Ero agitata da morire e svuotai tutto l’armadio sul letto per cercare qualcosa da mettermi.<<Cristina ti vuoi sbrigare?! Farai tardi!>> urlò mia madre dalla cucina. Io giravo per la stanza in mutande buttando tutti i vestiti in aria. Alla fine decisi di mettermi i soliti jeans e la solita magliettina. Allo specchio, per poco non mi si fermò il cuore. I miei capelli erano tutti in disordine e avevo occhiaie talmente livide da sembrare uno zombi. Per non parlare del mio colorito bianco latte, che non mi aiutava per niente. Avevo dormito poco e male per l’agitazione, come succedeva ogni notte prima del nuovo anno scolastico. Cercai di abbassare i capelli, ma vinsero loro. Fui costretta a legarli in una coda di cavallo. Mi truccai abbastanza da coprire tutte le imperfezioni. Salutai i miei e mi precipitai fuori di casa, senza neanche fare colazione. Sull’autobus pensai a come sarebbe stato quel primo giorno di scuola. Se avrei avuto dei compagni simpatici e dei bravi insegnanti. Arrivai nel cortile della scuola e mi apparve immenso, come tutto in questa città. In fondo l’imponente edificio scolastico. Era molto antico e bellissimo. Mi fermai a guardarlo dal cancello e per un secondo il mio cervello suggerì alle mie gambe di correre lontano. Poi la ragione prese il sopravvento e, dopo un lungo sospiro, mi incamminai verso l’entrata. La scuola era già piena di ragazzi organizzati in gruppetti più o meno numerosi. C’era chi fumava, chi giocava a calcio, chi ricopiava i compiti delle vacanze e chi prendeva il sole. Ma una ragazza colpì la mia attenzione. Era appoggiata al muro a leggere. Sembrava una ragazza semplice dal modo in cui vestiva. Era magrissima e aggraziata. I suoi capelli nerissimi svolazzavano mossi dal vento e le finivano sul viso color avorio. Era lì da sola e immersa nel suo libro. In quel momento mi sembrò l’unica persona con la quale potessi parlare. Volevo chiederle informazioni sulla mia classe e sui prof. Mi avvicinai con cautela ma lei non si accorse minimamente della mia presenza. << Scusami… Ciao mi chiamo Cristina Salvetti>>. Lei alzò gli occhi verso di me. I suoi lineamenti erano bellissimi. Rimasi raggelata dal suo sguardo profondo e terribilmente familiare, ma non ci badai al momento. << Ciao, Martina Marini piacere. T- ti serve qualcosa?>> la sua espressione sembrava sorpresa e imbarazzata.
Capii subito che era molto timida e introversa. << Sono nuova di qui e tu mi sembravi l’unica che potesse aiutarmi a trovare la mia classe. Gli altri sono tutti in gruppo e non volevo mettermi in mezzo>>. << Oh, va bene. In che classe sei?>> disse arrossendo. << Quarto C>> risposi sfoderando il sorriso più cordiale che mi venne per metterla a proprio agio. Ci incamminammo dentro la scuola e lei mi disse che eravamo in classe insieme. Fui davvero contenta di conoscere almeno una persona nella mia classe. Entrammo in aula e notai che gli ultimi banchi erano già occupati. Immaginai che i ragazzi seduti sopra, fossero i famosi bulli- quelli che siedono in fondo per poter fare tutt’altro che seguire le lezioni-. Erano tutti intenti a parlare di calcio e non si accorsero nemmeno della nostra presenza.<<Qual è il tuo banco?>> chiesi a Martina, e lei rispose indicandomi il banco davanti alla cattedra. Dal suo sguardo capii che in quella classe, lei era la secchiona snobbata da tutti. Aveva appoggiato il suo zaino sul banco e non potei fare a meno di notare che era stracolmo di libri. “Wow”, pensai. “Il primo giorno di scuola porta tutti quei libri. Ora capisco perché nessuno se la fila”. Mi pentii subito del mio pensiero infelice nei suoi confronti e la guardai negli occhi per farla sentire accettata, ma subito un brivido mi colse di sorpresa. Il suo sguardo mi ricordava tanto quello… del ragazzo del mistero. Ecco perché era tanto familiare!Prima di svenire decisi di pensare ad altro. Mi schiarii la voce, dopo essermi ripresa dallo shock. << Ti faccio una proposta!>> esclamai all’improvviso. << Che ne dici se indietreggiamo di un banco e io mi siedo vicino a te?>>. Lei fece un’espressione stupita e fece di si con la testa senza dire una parola. Forse le sembrava strano che qualcuno volesse starle vicino. Prese il suo zaino, con non poca fatica, e lo spostò sul banco dietro. Il mio sorriso fu ricambiato all’istante. Dovetti fare i conti però con quei ragazzi, che la guardarono con la loro espressione “anche quest’anno sarà un inferno per te”.<<Che c’è?>> domandai a quel branco di galletti. <<Per caso è prenotato questo banco?>> cercai di tirare fuori tutta la mia superiorità nei loro confronti, sperando che il tono della mia voce li intimidisse. <<E tu chi sei, il suo portavoce?>> rispose uno ridendo mentre scambiava occhiate con i suoi amici. <<No. Sono quella che non ha intenzione di perdere tempo con un idiota come te!>> girai i tacchi e feci per uscire dall’aula. Martina mi seguì ridacchiando per l’espressione da ebete che avevo lasciato sulla faccia di quel ragazzo.Mi ringraziò per averla difesa e sfoderò un sorriso luminoso. << Quello si chiama Fabio. Non lo sopporto! È dal primo che mi scoccia.>>.Ero contenta di aver dato una lezione a quel ragazzo e non mi importava del fatto che sarei stata perseguitata, per questo motivo, per tutto l’anno. Sapevo difendermi bene, ma per qualche strana ragione la tranquillità interiore che provavo, stupiva anche me. << Adesso potrai dividere il carico con me.>> ridacchiai.La campanella suonò ed entrammo per prendere posto. Arrivò il professore e Martina mi disse che insegnava inglese. Cominciò con le solite domande su come avessimo trascorso le vacanze e chiese se avevamo ripassato. Io cercai di tenere lo sguardo basso per evitare di essere notata ma il prof mi guardò e mi presentò alla classe. Ecco, ora tutti potevano vedere la mia faccia imbarazzata e goffa e desiderai strangolare il prof. Mi misi a sedere più in fretta possibile, dopo essermi presentata a tutti i miei compagni.Le ore di lezione passarono in fretta. Cercai di psicanalizzare tutti i professori per capire com’erano e conclusi che ero stata abbastanza fortunata. La prof di italiano, la signora Bassi, era molto severa. Ma traspariva notevolmente, dai suoi occhi verdi, che voleva bene ai suoi alunni. Dopo la sua lezione, mi avvicinò per conoscere il programma svolto nella vecchia scuola e fu contenta di sapere che ero al passo con il suo. Soddisfatta mi fece un sorriso cordiale. Gli altri professori, invece, a malapena mi notarono.Al suono dell’ultima campanella mi avviai per il corridoio verso l’uscita e mentre camminavo un brivido mi passò lungo la schiena. Mi fermai di colpo e un paio di ragazzi mi tamponarono, arrabbiandosi. Chiesi scusa e mi voltai. In un angolo del corridoio c’era un ragazzo che mi fissava. Era lui! Il ragazzo dagli occhi scuri. Mi sorrise e sparì tra la folla di ragazzi. Cercai di tornare indietro spintonando tutti, ma non riuscii a trovarlo da nessuna parte.Stavo impazzendo cercando di trovare una risposta convincente a questa storia. Tornai a casa con la testa fra le nuvole e mi chiusi in camera. Mia madre preoccupata spalancò la porta e mi chiese cos’avevo. <<Niente mamma, in classe ci sono dei ragazzi idioti!>>inventai sul momento. <<Vedrai che andrà meglio nel corso dell’anno. Comunque se ti danno fastidio io…>> la interruppi dicendole di lasciarmi sola e lei disarmata uscì dalla stanza. Non riuscivo a capacitarmi della cosa, e cominciai a sbattere la testa sulla scrivania. Mi ero sicuramente sbagliata, magari era uno che gli assomigliava. O forse era un maniaco che mi aveva seguito fino a Roma. Ma no, era impossibile. Stavo delirando! Eppure quel brivido era lo stesso della prima volta che lo vidi, e non poteva essere una coincidenza.Avevo deciso di cercarlo l’indomani per potergli chiedere spiegazioni.