Giù il cappello. Perché nella distrazione dell’estate è stata ripubblicata (per la prima vola in DVD) “una delle 10 migliori commedie della storia del cinema”, giudizio non mio ma del maestro Billy Wilder. Il capolavoro di Clare Booth Luce (autrice del testo teatrale originale) riscritto da Anita Loos (quella degli “Uomini preferiscono le bionde”) e diretto con maestria impeccabile da George Cukor.
E’ The Women, ovvero Donne, donne che parlano di donne (137 sullo schermo senza una sola presenza maschile) e si soffiano i mariti in una New York dedita al pettegolezzo come arte suprema e mania sociale, fra i misteri (per gli uomini) dei saloni di bellezza, il successo della manicure che fa alle signore le unghie “rosso giungla” con una capacità di diffusione delle notizie superiori a quelle di una stazione radio, il viaggio delle divorziande verso Reno, soldi e status sociale di signore che non lavorano (solo le signorine svolgono questo ruolo) ma vivono del riflesso dei soldi e della posizione dei mariti, attuali e divorziati. Il film è del 1939, ha 71 anni. È datato? Per alcune cose sì, molto: la pettinatura della protagonista Norma Shearer (canadese, classe 1902) sembra una pagnotta bolognese, i suoi sguardi in macchina (eredità dell’epoca del muto) assolutamente ridicoli (fanno un po’Mel Brooks), la figura da lacrimuccia della bambina undicenne della coppia che divorzia è melassa pura (appicicaticcia), la seduttrice irresistibile e volgarissima Joan Crawford è tutta denti come un piranha e sexy come un paracarro ma tutto sommato più signora di qualsiasi starlette dei programmi di intrattenimento della Tv di oggi: per di più la sua affermazione “non voglio tornare a quell’inferno…” (commessa di profumeria in un grande magazzino sulla 5°avenue) fa un po’ pena in un mondo dove la maggior parte delle ragazze diplomate darebbero un piede per un impiego simile.
“Nessuna buona intenzione rimarrà impunita”, sosteneva l’autrice della commedia, classe 1887, senza dubbio una delle donne più discusse, discutibili e interessanti del secolo scorso: figlia illegittima di una cantante e di un violinista di varietà che vendeva medicinali per sostenere la famiglia, giornalista, scrittrice di saggi e opere teatrali (The Women è appunto il suo capolavoro) è diventata anche una importante esponente del partito democratico sotto il presidente Eisenhower: sarebbe sua l’idea di un piano di aiuti per l’Europa post 2°guerra mondiale (il piano Marshall), fu ambasciatrice degli Stati Uniti in Italia fra il 1953 e il 1956 non senza qualche problema dovuto alle sue intemperanze caratteriali (si dice amplificate dall’uso di cocaina). Famosissima resta la risposta che pare le abbia dato Papa Giovanni XXIII di fronte a una serie di osservazioni su che cosa avrebbe dovuto fare la Chiesa Cattolica (Clare Booth Luce si era clamorosamente convertita al cattolicesimo qualche anno prima di sbarcare in Italia): “Sì signora, guardi che anch’io sono Cattolico”. Un’altra frase celebre della signora era che “il comunismo è come la forfora: quando l’hai preso è impossibile da curare”.
Dunque è un po’ difficile vedere in Donne soltanto una commedia datata. Perché in realtà è un classico, un esempio supremo di Screwball Comedy di Hollywood, le “commedie svitate” con trame apparentemente incongrue ma con dialoghi e prove d’attore formidabili. Come quelle di Rosalind Russell nella parte della pettegola patologica (in italiano Mrs Malinas detta dalle amiche Mrs Malignas), dell’arrampicatrice sociale Paulette Godard a cui va una delle battute chiave del film “la mia idea dell’amore è che l’amore non si scandalizza mai di nulla”, la veterana Mary Boland che interpreta la pluridivorziata patologica che colleziona mariti “come le saponette degli alberghi”. Insomma, qualcosa che vi conviene riguardare oggi, godendovi il vetriolo che trasuda dalle battute (tipo quella della protagonista: “in due anni di divorzio mi sono fatta crescere gli artigli: rosso giungla, naturalmente”, o a proposito delle pettegole coprotagoniste “ieri ho visto Mrs Povah allo zoo. Naturalmente vicino alla gabbia delle vipere”). Perché domani i vostri figli potrebbero trovarsi a doverlo studiare a scuola come Shakespeare o Oscar Wilde.