Ancora una volta l'America è nei guai: una grande minaccia si insidia all'interno dell'intelligence più importante del mondo Marvel, lo S.H.I.E.L.D., e servirà l'iconico eroe a stelle e strisce con il suo (non tanto) luminoso scudo per sventare il terribile pericolo. Divertente intrattenimento politico che gioca degnamente le sue carte senza scivolare nella comicità forzata tipica di alcuni titoli imparentati con lui, questo Captain America: The winter soldier può essere sicuramente considerato una prova discretamente superata. Lungi da me, quindi, sminuire il film o raccontarlo per qualcosa che non è, poiché spero che, seguendo nella lettura, non pensiate che ve ne sconsigli la visione, anzi: guardatelo e apprezzatene la perfetta calibratura di un ritmo sempre serrato e mai in calo, di una sceneggiatura non male arricchita da quel già citato discorso politico tutt'altro che scontato, e ammiratene le sequenze d'azione, giostrate bene dai fratelli Russo ma, a mio modestissimo parere, montate in maniera troppo caotica da Jeffrey Ford. Quindi l'intrattenimento proposto da questo film è certamente interessante, abbastanza intelligente e assolutamente lontano dal concetto di "visione a cervello spento". C'è però quel classico e stonante "ma" che non mi fa gridare "al maricolo" come è capitato praticamente a quasi tutto il pubblico che ha assistito gioiosamente allo scorrere dei 136 minuti del film. Quella fastidiosa nota deriva dal fatto che il prodotto finale, nonostante sia dell'onesto intrattenimento, non è nient'altro che un mescolarsi di cose già rodate, già approvate e già apprezzate: le musiche di Henry Jackman, tanto per cominciare, rimandano all'ancora oggi risonante tema Zimmeriano onnipresente in buona parte dei blockbuster dei giorni nostri, eredi di quel tanto fortunato Batman Begins del 2005. Prendiamo poi le tematiche: il nemico che si nasconde tra le fila dei buoni, campana suonata in Iron Man e Iron Man 3, se proprio non vogliamo tornare indietro ad X-Men 2 di Bryan Singer (e costringendoci a restare in ambito cinefumettistico, altrimenti sai quanti esempi!). O, ancora, il diverbio sulla giustizia ("se avessi il potere di fermare i torti prima che accadano, lo useresti?"), che mi ha tanto ricordato il Minority Report di Steven Spielberg, ma per restare ancora sui comics si può sempre chiamare ancora in causa i Batman di Nolan, dove si vuole segnare il destino di una città per il bene dell'umanità (Gotham è di fatto destinata a cadere come quei venti milioni di esseri umani sacrificabili a favore dei sette miliardi), ma si può anche citare il Watchmen di Zack Snyder, per non passare di nuovo per hater indiscusso del regista di Memento. C'è poi il tema della fiducia, recuperato pari pari da The Avengers di Joss Whedon che sì, arricchisce il film, ma non lo rende comunque così speciale. E qui mi fermo, giusto per riuscire ad esprimere al meglio, con questi pochi esempi, come mai il mio entusiasmo non si sia elevato alle stelle alla fine della visione. Niente da dire, comunque: la spy story funziona nonostante i telefonatissimi cliché che la sceneggiatura (causa le imposizioni di produzione) ci propina e il film riesce a portare a casa il risultato, nonostante brilli quasi completamente di luce riflessa. Ma forse non è colpa dei registi o della produzione in sé: potrebbe anche darsi che sia il genere stesso ad essere stanco, talmente saturo da non riuscire a sfornare prodotti d'autore veri e propri, o anche solo un minimo diversi, ma semplici siparietti derivativi di cui ci si accontenta. E forse anche noi, sotto sotto, siamo un po' stanchi di queste cose, anche se ci accontentiamo.
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Ancora una volta l'America è nei guai: una grande minaccia si insidia all'interno dell'intelligence più importante del mondo Marvel, lo S.H.I.E.L.D., e servirà l'iconico eroe a stelle e strisce con il suo (non tanto) luminoso scudo per sventare il terribile pericolo. Divertente intrattenimento politico che gioca degnamente le sue carte senza scivolare nella comicità forzata tipica di alcuni titoli imparentati con lui, questo Captain America: The winter soldier può essere sicuramente considerato una prova discretamente superata. Lungi da me, quindi, sminuire il film o raccontarlo per qualcosa che non è, poiché spero che, seguendo nella lettura, non pensiate che ve ne sconsigli la visione, anzi: guardatelo e apprezzatene la perfetta calibratura di un ritmo sempre serrato e mai in calo, di una sceneggiatura non male arricchita da quel già citato discorso politico tutt'altro che scontato, e ammiratene le sequenze d'azione, giostrate bene dai fratelli Russo ma, a mio modestissimo parere, montate in maniera troppo caotica da Jeffrey Ford. Quindi l'intrattenimento proposto da questo film è certamente interessante, abbastanza intelligente e assolutamente lontano dal concetto di "visione a cervello spento". C'è però quel classico e stonante "ma" che non mi fa gridare "al maricolo" come è capitato praticamente a quasi tutto il pubblico che ha assistito gioiosamente allo scorrere dei 136 minuti del film. Quella fastidiosa nota deriva dal fatto che il prodotto finale, nonostante sia dell'onesto intrattenimento, non è nient'altro che un mescolarsi di cose già rodate, già approvate e già apprezzate: le musiche di Henry Jackman, tanto per cominciare, rimandano all'ancora oggi risonante tema Zimmeriano onnipresente in buona parte dei blockbuster dei giorni nostri, eredi di quel tanto fortunato Batman Begins del 2005. Prendiamo poi le tematiche: il nemico che si nasconde tra le fila dei buoni, campana suonata in Iron Man e Iron Man 3, se proprio non vogliamo tornare indietro ad X-Men 2 di Bryan Singer (e costringendoci a restare in ambito cinefumettistico, altrimenti sai quanti esempi!). O, ancora, il diverbio sulla giustizia ("se avessi il potere di fermare i torti prima che accadano, lo useresti?"), che mi ha tanto ricordato il Minority Report di Steven Spielberg, ma per restare ancora sui comics si può sempre chiamare ancora in causa i Batman di Nolan, dove si vuole segnare il destino di una città per il bene dell'umanità (Gotham è di fatto destinata a cadere come quei venti milioni di esseri umani sacrificabili a favore dei sette miliardi), ma si può anche citare il Watchmen di Zack Snyder, per non passare di nuovo per hater indiscusso del regista di Memento. C'è poi il tema della fiducia, recuperato pari pari da The Avengers di Joss Whedon che sì, arricchisce il film, ma non lo rende comunque così speciale. E qui mi fermo, giusto per riuscire ad esprimere al meglio, con questi pochi esempi, come mai il mio entusiasmo non si sia elevato alle stelle alla fine della visione. Niente da dire, comunque: la spy story funziona nonostante i telefonatissimi cliché che la sceneggiatura (causa le imposizioni di produzione) ci propina e il film riesce a portare a casa il risultato, nonostante brilli quasi completamente di luce riflessa. Ma forse non è colpa dei registi o della produzione in sé: potrebbe anche darsi che sia il genere stesso ad essere stanco, talmente saturo da non riuscire a sfornare prodotti d'autore veri e propri, o anche solo un minimo diversi, ma semplici siparietti derivativi di cui ci si accontenta. E forse anche noi, sotto sotto, siamo un po' stanchi di queste cose, anche se ci accontentiamo.
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