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Cara Eliane, che noia in campagna.

Da Pamirilla

 

 

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Carissima Eliane,

il racconto del tuo ultimo viaggio mi ha fatto tanto sognare, quasi mi pareva di vederli quei posti così lontani ed esotici. Sei molto fortunata, grazie al tempo disponibile ed alle vostre risorse puoi godere di queste deliziose opportunità e tuo marito è sempre tanto galante e disponibile nel farti scegliere le mete più estrose.
Certo io non sarei mai stata tanto coraggiosa da mangiare cavallette fritte, come hai fatto tu, ma penso che mi sarebbero piaciuti tanto i tramonti nel deserto che descrivi.

Purtroppo in questa vecchia casa affogata nella campagna solitaria non può succedere un granché di eccitante, come puoi immaginare, ed ora che è cominciato l’autunno piove sempre e le giornate si stanno facendo via, via più buie ed interminabili.
Come sai, spesso i turisti diretti in paese si fermano qui davanti ammirati dalla bellezza di questa affascinante residenza coperta d’edera. Se ne stanno a naso in su con la bocca aperta sognando di scappare dalle loro città grigie e godere della meraviglia del paesaggio senza sapere della noia, della pioggia e della totale assenza del benché minimo avvenimento se non eccitante almeno di minimo rilievo.

Ecco, cara Eliana, ho paura che le mie lettere non possano essere meno noiose delle giornate insulse che conduco qui.
A proposito di insulsaggini giusto una decina di giorni fa sono andata in paese per le provviste periodiche e ho dovuto subire la sequela di chiacchiere della moglie del droghiere che, come ben sai, non eccelle in intelligenza e tanto meno in riservatezza. E sì che ormai, dopo tanti anni, dovrebbe averlo capito che non amo perdere tempo intrattenendo conversazioni inutili con chicchessia. Quella donna è veramente insopportabile e dovermi recare in negozio una volta ogni mese per le compere mi costa un mal di fegato ogni volta. Mentre quella blaterava senza sosta guardavo fuori dalle vetrine polverose i turisti che passeggiavano per il paese con quel tipico atteggiamento svagato e curioso di chi non ha di meglio da fare che andarsene in giro a bighellonare. Anche se l’estate è finita da un pezzo queste parti richiamano sempre tanti turisti e perditempo di ogni genere.
Molti di loro sono stranieri e la maggior parte è vestita malissimo. Come non fossi già abbastanza infastidita dalla petulante moglie del droghiere, ho dovuto constatare quanto fosse squallido questo assalto senza sosta di gente di ogni risma che sporca e fa confusione.

Tra di loro, ad un certo punto, ho notato il volto scuro di un uomo dall’aspetto inquietante che sembrava fissarmi. Ho creduto difficile che dalla strada il suo sguardo potesse penetrare l’opacità polverosa delle vetrine però quando ha visto che lo guardavo si è portato la mano verso il cappello e, toccando la falda con due dita stese, mi ha rivolto un cenno di saluto reclinando un poco il capo e sorridendo appena.
Stizzita dall’intrusione nella mia vita privata da parte di un perfetto sconosciuto ed ormai esausta ho desiderato più che mai abbandonare il negozio al più presto e far ritorno a casa mia. Perciò ho affrettato l’ordine, ho pagato e me ne sono andata quasi di furia.

Che sollievo trovarmi di nuovo tra le mura domestiche, lontana da quell’insoffribile accozzaglia di gente mal vestita e male odorante. E non parliamo della moglie del droghiere!
Stavo sistemando le piante di fiori nel giardino, che in questi giorni hanno bisogno di cure e di essere preparate al freddo che presto arriverà, quando, pensa Eliane, ho visto arrivare dal vialetto quel tipo losco che avevo visto poco prima in paese.
Mia cara, sai che non sono una donnetta paurosa però mi sono inquietata ed il cuore ha cominciato a battermi forte in petto. È così difficile sai, per una donna sola e della nostra età vivere in un luogo così appartato e dover far fronte ad ogni cosa! Non per questo voglio avere personale e servitù tra i piedi ma quante volte vorrei che il mio povero marito fosse ancora qui , quanto sarebbe più leggera la vita per me! Sei proprio fortunata, mia cara amica, a poter ancora contare sul tuo caro, paziente gentiluomo, credimi. Anche se Ubald non era una persona del tutto affidabile e certo non dotata di senso pratico sarebbe sicuramente meglio poterlo avere ancora qui.

Beh, comunque, quando ho capito che quel tipo non poteva avere altra meta che la mia casa mi sono nascosta nel giardino e sono rimasta ad osservare le sue mosse.
Nascosta dalla siepe non riuscivo a vedere benissimo ma ho notato di nuovo che aveva la carnagione molto scura indizio quasi certo che appartenesse a qualche compagnia di zingari o gitani, magari in cerca di case da svaligiare.
Non aveva un aspetto dimesso, anzi gli abiti che indossava sembravano di buona fattura ma troppo eleganti per una gita in campagna. Evidentemente l’ultimo colpo messo a segno doveva essere andato a buon fine e certo non si era preoccupato, ammesso che fosse in grado di farlo, di apparire abbigliato in maniera più appropriata. Anche i capelli nerissimi e troppo lunghi, ravviati in dietro e lucenti di brillantina, mostravano il gusto rozzo ed inelegante di qualcuno che cerca di apparire un signore senza riuscirci benché vestito in maniera costosa. Un enorme e vistosissimo anello d’oro al dito medio della mano sinistra mi ha convinta del tutto che si trattasse di un ladro ed un criminale. Il gaglioffo ha prima squadrato per bene tutto il giardino e poi si è messo ad osservare la casa, finestra per finestra e in ogni dettaglio. Forse quello era solo un sopraluogo, ho pensato, e avrebbe potuto tornare con dei complici.

Non potevo certo aspettare di scoprirlo quindi, afferrando saldamente il badile che avevo posato tra l’erba, l’ho colpito alla testa. È caduto con un tonfo e mentre mi accertavo che avesse perso i sensi e non stesse solo fingendo mi sono accorta che non respirava più. Anche il cuore sembrava essersi fermato. Perciò non c’era più nessun motivo di chiamare i soccorsi e sarebbe stato abbastanza inutile anche segnalare il criminale alla polizia, visto che non era più in grado di nuocere. Quindi ho deciso di liberarmene seppellendolo nel giardino, accanto al muro di cinta che da sul retro.

E così ho fatto, che faticaccia, cara Eliane! Non ricordo di aver mai sgobbato tanto!
Stava cominciando a fare buio quando sono potuta rientrare finalmente in casa, togliermi i vestiti sporchi e lavarmi via la terra ed il sudore.
Mancando ancora tempo per la cena (come ti ho detto qui le giornate sembrano interminabili e lunghissime da quando è arrivato l’autunno e la noia regna sovrana) ho pensato di rilassarmi preparando un dolce. Sai che mi piace cucinare dolci e mi ricorda quando Ubald era ancora con me e prendevamo il the insieme tutti i giorni con qualche delizia appena sfornata e fragrante.

Cosa dà più piacere di un dolce ben fatto? Eppure tante donne si credono grandi cuoche e invece compiono errori madornali. Come la sciocca moglie del droghiere che mi raccontava di aver fatto la crostata con la marmellata di albicocche arrivata dalla Francia che ho comprato anche io. Stupida donna, pensa che stende la marmellata sulla pasta cruda, la copre con striscioline di pasta e poi cuoce tutto rovinando così sia la marmellata che la consistenza friabile della frolla! Ma si può?! E poi fa quella frolla dura e secca che non la mangerebbe nessuno se lei non lo costringesse a forza con il suo cicalare insistente.

Io ho preparato la frolla con una parte di farina di mandorle, per darle un aroma raffinato che si sposasse con grazia alle albicocche, poi ho cotto il guscio in bianco e quando era quasi del tutto cotto l’ho farcito con la marmellata e scaglie di mandorle. Ho intrecciato delle striscioline di pasta e le ho cotte a parte. Con la griglia che ho ottenuto ho decorato infine la crostata.
Posso assicurarti che è venuta proprio una cosa a dovere. Me l’ha detto anche il commissario quando è venuto per farmi delle domande circa un tale che risultava scomparso.
Il commissario è una persona davvero gentile e garbata. Abbiamo preso il the e mi ha fatto qualche domanda poi è andando via senz’altro più leggero e contento, con la mia crostata nello stomaco, benché io non abbia potuto essergli di nessun aiuto per le indagini, sfortunatamente.

Quando, alcuni giorni dopo, sono tornata in paese per delle commissioni il farmacista mi ha chiesto se avessi poi conosciuto un certo Signor DeCortès, un ricco latifondista brasiliano dalle lontane origini italiane che era arrivato da poco. Pare fosse in viaggio in Italia alla scoperta di quel paese d’origine che aveva sognato per tanto tempo. Questo Signor DeCortès passando davanti alla mia residenza ne era rimasto incantato, come del resto capita a tutti i turisti, ed aveva chiesto a chi appartenesse la casa. Il farmacista, avendomi vista entrare nella drogheria di fronte al suo negozio, mi aveva indicata al forestiero. Il signor DeCortès, mi ha detto il farmacista, avrebbe voluto chiedermi la cortesia di poter visitare la casa che così tanto aveva stuzzicato la sua curiosità ed immaginazione. L’avevo dunque conosciuto, Mrs Marple? mi chiese, aggiungendo che aveva indicato lui stesso la scorciatoia che porta a casa mia dopo che il signor DeCortès mi aveva persa all’uscita della drogheria dalla quale mi ero allontanata in un lampo senza che riuscisse a fermarmi.
Sembra che questo signore brasiliano fosse un gran chiacchierone ed aveva raccontato al farmacista della fortuna fatta dalla sua famiglia con le piantagioni in Brasile ma anche di quanto sognasse da sempre poter venire in Italia a conoscere il paese che i suoi genitori non avevano mai visto.

Se è così loquace si troverà bene vicino al mio Ubald, non credi?
Il mio caro marito non era un uomo pratico, era piuttosto un gran damerino ma di certo sapeva come intrattenere una conversazione brillante.

Mia cara Eliane, spero di non averti annoiato con questi raccontini di paese. Temo, purtroppo, che la calma piatta della vita in campagna non offra niente di meglio.

Un caro abbraccio dalla tua amica affezionata,

Magdalene

 

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Crostata alle albicocche e mandorle di mrs. Marple (buona…da morire)

Stampo da 24cm di diametro

Per la frolla

200g di farina
100g di zucchero
100g di burro
50g di farina di mandorle (farina sottile per una texture più raffinata o grossolana con qualche pezzetto di granella per una nota croccante e aroma tostato)
2 tuorli grandi (60g)
Un tappo di rum
Un pizzico di sale

Per la farcia

200g di marmellata di albicocche

20g di mandorle in lamelle

 

Sabbiate la farina miscelata alla farina di mandorle con il burro, aggiungete lo zucchero e quando avrete ottenuto delle piccole briciole impastate con i tuorli. Unite il rum ed il sale sciolto in poche gocce d’acqua, formate una palla e fate riposare la pasta nel frigorifero per un’ora circa.

Prelevate due terzi della pasta, stendetela ad un altezza di circa 4mm e foderate uno stampo imburrato. Bucherellate il fondo, fate aderire bene la pasta sui bordi e se la pasta si è scaldata troppo riponetela di nuovo nel frigorifero. Cuocete a 180° gradi per circa mezz’ora, quando la pasta comincia a prendere colore farcite la crostata con la marmellata e cuocete per altri 10minuti. Nel frattempo stendete la pasta rimasta e tagliatela in striscioline larghe mezzo centimetro. Formate una griglia su carta da forno posta su una placca.

Cuocete la griglia per 10/15 minuti e poi posizionatela sulla crostata.

 

Note: per avere la giusta misura della griglia tracciate sulla carta da forno l’impronta della teglia quindi girate la carta e ponetevi le strisce di pasta frolla, formate la griglia e ritagliate l’eccesso.
Un’idea elegante: una griglia che non copra l’intera crostata e di forma irregolare.


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