Franco Luceri. Cara Rina, sai bene che mi caverei un occhio per evitarti un dispiacere; ma visto che mi hai autorizzato tu a correggerti apertamente gli errori; da nonno putativo rompiscatole, voglio farlo, per quella categoria di lettori che ti stima (a cui io appartengo), ma non ha lo spessore culturale sufficiente a capire tutte le parole straniere di cui sono farciti i tuoi scritti, se non attrezzandosi di dieci diversi vocabolari e di un addetto ai lavori che li usi.
Mi sono permesso di farti questo appunto, perché sono profondamente convinto della tua onestà intellettuale, del tuo coraggio che è riduttivo definirlo da leoni, della tua tendenza ad occuparti delle cause perse e in difesa ad oltranza dei perdenti, anzichè saltare come i più sul carro del vincitore, per trarre vantaggi lisciando il pelo ai potenti.
Allora il tuo scritto, dove fai sfoggio di una cultura enciclopedica smisurata, (per quel poco che capisco) lo sento in contraddizione col tuo pensiero e col tuo carattere, che ti porta a bacchettare i potenti, ma in difesa degli impotenti.
Allora abbi la bontà di adeguare il tuo scritto al tuo pensiero; mettici la traduzione delle parole straniere, parla ai dotti, ma fatti capire dagli ignoranti come me. Di sicuro mi dirai che non esiste una facile traduzione di tutte le parole straniere che usi, ma la tua santabarbara linguistica ti consente persino i miracoli.
In campo giornalistico (e non solo) eri, sei e resterai leader. E un leader (sai bene) deve “dire, spiegare, dimostrare… ma soprattutto ispirare”. E se non si fa capire dai più abbaia alla luna.
Non hai bisogno che te lo ricordi io, che c’è un solo linguaggio giornalistico capace di terrorizzare i potenti disonesti di cui è ricchissima l’Italia: quello reso comprensibile agli impotenti, perché dalle angherie dei potenti possano difendersi prima che sia tardi e magari senza imbracciare i forconi.
Cara Rina, spero non ti dispiaceranno le mie umili osservazioni, e ti lascio con tanti auguri estesi ai tuoi cari e a tutti gli amici di Rosebud che ti amano.
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Di seguito la mia risposta a Franco.
Caro Franco,
come sai io ti darei un premio per avermi mandato questa lettera che non esito a pubblicare e di cui farò grande tesoro. Debbo però dire un NO deciso alle tue richieste per i motivi che spiego qui di seguito.
1) In primo luogo io non sono un leader come sostieni tu. Au contraire, io sono l’anti-leader per eccellenza! Sono un cane sciolto, uno spirito individualista, una che pensa che i followers in un sito siano per lo più una nuisance (i.e. una scocciatura) perché, causa l’attenzione che devi mettere a non riempire troppo i loro box delle e-mail, non puoi scrivere quanto vorresti. Etc. etc. etc.
2) La tua richiesta di scrivere in italiano-fascistizzato (perché alla fine della fiera di questo si tratta), non può essere accolta perché la mia scrittura infarcita di termini in altre lingue non è un vezzo, ma il risultato della mia esperienza di vita. Tu dimentichi che io ho passato più di metà della mia vita – e che vivo tuttora – in un luogo che non è l’Italia, che ho viaggiato molto per lavoro e che ho studiato le lingue. La mia scrittura racconta me, la mia essenza, le mie fatiche, le mie tristezze, le mie delusioni, i miei momenti, le mie incazzature, le mie ribellioni, le mie frustrazioni, il mio destino di emigrante come nient’altro e così sarà sempre. Questa di fatto è – in nuce – la scrittura che spero di utilizzare in futuro per i miei libri. Quelli che verranno, quelli veri. Non a caso, in mille occasioni, io mi sono sempre considerata alla stregua di Salvatore - l’ex-frate dulciniano raccontato in quel capolavoro narrativo che è Il nome della rosa di Umberto Eco – il cui linguaggio era un mix di latino e delle principali lingue volgari del tempo – e temo che come lui morirò, sul rogo. Seppure su un rogo ideale costruito dai ben pensanti.
Ma, soprattutto, qui non siamo né alla scuola serale né al mercato del pesce e IO NON SONO UN GRAMMATICO, io sono uno-spirito-che-scrive; ne deriva che i punti e le virgole, i nomi, gli aggettivi, finanché gli accenti vanno DOVE E COME DICO IO non dove e come dicono i manuali scolastici che pur conosciamo bene (James Joyce docet e io non sono nella sua terra per nulla!). Dulcis in fundo, caro Franco io, per natura, non penso mai che gli altri siano ignoranti (meno che meno lo pensso di te!) e sono arciconvinta che i termini che uso siano facilissimi da capire per chiunque voglia capirli.
Perciò, mentre ripeto che ho apprezzato molto- al solito- la tua severa e onesta critica (le mie preferite), se davvero ami la Rina che si propone su Rosebud, ti chiedo di continuare a seguirla così com’é e di non tentare mai di omologarla. Di scritture omologate è piena la Rete e il mondo cartaceo ma IO NON APPARTENGO. Ti dirò di più, tanto più è omologata una scrittura tanto più è omologato un pensiero e dunque non fa per me perché per me la libertà intellettuale è tutto. Come vedi anche in questo io sono l’anti-leader di cui ho già detto è così resterò fino all’ultimo mio respiro.
Baci e… happy Xmas holidays to you and to your family.
RB
PS Perché invece non prendi spunto dalla lettura dei miei miseri pezzi per interessarti alla lingua inglese? Assicuro che è il passaporto per dialogare con tutti. Con l’universo intero.
Featured image, Salvatore de Il nome della rosa nell’omonimo film diretto da Jean-Jacques Annaud nel 1986.
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NB. Certo però bisognerebbe evitare l’anglo-latino del TG3…. come ci fa notare il Corriere.it…
Mio lato aggiungerei che bisognerebbe stare attenti anche ai titoli. Con quel LETTA: E’ FINITO… scritto così non si capisce se il titolista è andato in vacanza o se, peggio, la Berlinguer è già salita mani e piedi sul carro del vincitore Renzi… Quest’ultima opzione però è pure la più probabile!
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