Il concetto di open world è vecchio quanto i videogiochi stessi. Come potrà arricchirlo Zelda per Wii U?
Prima di cominciare il discorso, chiariamo un punto: in quest'articolo leggerete molte critiche a Zelda, e pochi complimenti. Questo non perché la saga non abbia il nostro gradimento, tutt'altro: la sua qualità la diamo per scontata. Finché Zelda manterrà la posizione attuale nelle gerarchie Nintendo, nessun accolito dell'azienda giapponese potrà dirsi seriamente disinteressato: nella sua versione principale, cioè su home console, è il brand che vanta i maggiori investimenti - oltre che i team di sviluppo più ampi. Questo significa che i controlli, l'engine, la grafica e l'interazione col mondo che Zelda propone sono il top che Nintendo, in un determinato momento storico, possa garantire: a uno status altrettanto privilegiato ci si avvicina Mario, ma non sempre e non in tutti i campi, fin dai tempi della cartuccia dorata. Se si ama l'artigianato degli uomini di Kyoto, la loro esperienza trentennale, la loro perizia e maestria nel game design, semplicemente non si può ignorare Zelda: questo al di là dei gusti personali, e che si sopporti poco un episodio o l'altro. Prevedibilmente quindi la saga è sempre sotto osservazione, e viene attaccata quando non si rivela migliore delle altre o percorre strade discutibili: che sia l'eccessivo conservatorismo di Twilight Princess, la discontinuità di The Wind Waker, la linearità di Skyward Sword o la stranezza di Majora's Mask. Già, abbiamo citato ben quattro giochi, per un totale di quattordici lunghi anni; era il 1998, con Ocarina of Time, quando la serie ricoprì per l'ultima volta il ruolo a cui Nintendo l'aveva destinata. Non tanto essere il miglior action RPG - o action adventure, chiamatelo come volete, ci siamo capiti - perché probabilmente lo è stata anche dopo, almeno in certi frangenti; piuttosto, ambire al posto più alto nella piramide dei videogame. Essere quell'opera che, semplicemente, va giocata: essere imprescindibile, che si ami il genere o no. Quattordici anni sono tanti, e se il prestigio di Zelda non è già stato declassato, sicuramente lo sarà in caso di "fallimento" dell'iterazione su Wii U.
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Mondo aperto
Tutti i critici anelavano l'open world - giustamente - e open world sarà. Specificando una cosa: Zelda non abbraccia o sposa questo approccio, come spesso di legge in giro. Al limite lo riaccoglie, essendone stato uno dei primi e maggiori esponenti negli anni '80. Perché, come ha sottolineato Aonuma, tutti gli episodi bidimensionali pre-Ocarina of Time avevano quell'impostazione; un'impostazione che Nintendo, per limiti hardware, finora non era mai stata in grado di traslare adeguatamente in tre dimensioni. Insomma, l'open world fa parte dell'essenza stessa della saga, perciò non si temano eccessive contaminazioni occidentali. Ma, celebrazioni e fuochi d'artificio post-E3 a parte, cosa si intende con quelle due paroline inglesi tanto di moda? La risposta non è scontata, e probabilmente nemmeno univoca.
Sicuramente è fondamentale proporre un overworld unificato, privo di ingiustificate frammentazioni ed eccessive partizioni. Questo è un punto inamovibile. Per il resto, sembra che ci siano differenti opinioni: delle persone sono convinte che un open world debba essere privo di main quest, o quantomeno con una trama principale che non prevarichi sul resto. Alcune, addirittura, ritengono che la qualità stessa di questi giochi si valuti dalla quantità di missioni "secondarie". Altre pensano che un'ambientazione del genere non possa implicare un andamento lineare degli eventi: si vada dove si vada, tutto dovrebbe essere immediatamente accessibile. Per quanto possano sembrare attuali, questi problemi sono già stati affrontati brillantemente quasi trent'anni fa (pensate un po') proprio da Nintendo, e soprattutto grazie al braccio destro del maestro Miyamoto, Takashi Tezuka. Al momento di portare la saga su SNES, decisero che ampliare a dismisura il primo Zelda sarebbe stato troppo dispersivo: in quell'avventura si poteva andare (e morire) ovunque, senza alcuna indicazione rilevante a suggerire il cammino. Perciò vennero posti dei vincoli all'open world, che non smise comunque di essere tale: un ordine ai dungeon, anche se non restrittivo come lo consociamo oggi. Delle strade sì aperte, ma con degli ingressi chiusi o delle zone momentaneamente irraggiungibili. Insomma, l'approccio ragionato di Nintendo alla questione fu questo, e non crediamo che lo cambierà radicalmente con le tre dimensioni: libertà di andare ovunque, senza che si possa accedere a ogni luogo. Libertà di sbagliare destinazione, ma con una meta "giusta" ad attenderci altrove. Qualche dungeon dall'ordine facoltativo, ma non ognuno di essi. E soprattutto, osservazione a posteriori, nessun aiutante, fatina o Midna che sia, a prendere Link per mano. The Legend of Zelda Wii U - Videodiario con Eiji AonumaInteragire
Dov'è che Zelda si potrà imporre rispetto agli altri open world odierni? Posto che stiamo parlando di un tipo di ambientazione che comprende vari generi, quindi titoli difficilmente paragonabili tra loro, di sicuro un ambito in cui Nintendo non solo può, ma sicuramente dovrà primeggiare, è la qualità dell'interazione, da sempre punta di diamante dell'azienda. Dovrà essere migliore sia dello spartano (in questo campo) Skyrim, sia dell'ultimo notevole GTA V. In poche parole, la vastità della nuova Hyrule non dovrà corrompere il dettaglio: le complesse coniugazioni tra Link e i vari tipi di terreno, inclinati o diversamente composti che siano, l'approccio modulato alle sezioni acquatiche, i combattimenti variegati e raffinati, i controlli stratificati e precisi, il contatto "al pixel" coi nemici... tutto questo non dovrà essere sacrificato per ottenere un mondo più grande.
A scanso equivoci, non crediamo che ve ne sia il rischio. Ma Nintendo dovrà far valere la sua esperienza sopratutto nell'alternare sapientemente la valenza semantica delle aree. Un approccio alla Skyward Sword, in un gioco del genere, sarebbe impossibile (oltre che sbagliato): non si può costruire un'intera landa a misura di Link. Perciò dovrà far attenzione a non banalizzare eccessivamente le sezioni discorsive tra un'area focale e l'altra, autentico stigma degli open world occidentali: Zelda, per storia e identità, non può permettersi vasti terreni vuoti, né elementi paesaggistici ripetitivi o meramente decorativi. Che sia una diversa curvatura del manto erboso, una roccia impervia o dalla forma strana, qualcosa dovrebbe costantemente caratterizzare, pure impercettibilmente, anche le aree più "inutili": sia dal punto di vista dell'interazione, sia da quello della grafica. Altrettanto esecrabile il rischio opposto, e cioè un'eccessiva strumentalizzazione dei sentieri: non tutte le strade dovrebbero essere lì per Link, e il discorso è estendibile a ogni singola roccia, nemico o avvallamento di Hyrule. Prima di passare oltre, un ultimo appunto sull'argomento: a sensibilità personale, ma non senza un input fornito dalle parole di Aonuma, credo che Nintendo punterà molto sull'approccio ragionato al "viaggio". Sarebbe in linea col suo game design raffinato, e quindi non è una strada da scartare. In molti open world occidentali si può andare ovunque a proprio piacimento, con un equipaggiamento enorme, senza preoccuparsi troppo di quello che accadrà: col nuovo Zelda è possibile che questa attitudine verrà limitata, a costo di far ripetere più volte uno stesso sentiero, circoscrivendo con cura il numero di oggetti trasportabili. Potrebbero non essere casuali quindi quelle borse appese al cavallo del trailer: del resto, sia su Ocarina of Time che Twilight Princess, la fida Epona non aveva mai dovuto reggere null'altro che Link - e qualche (decorativa) coperta.Per favore, aggreditemi!
Da quando Aonuma ha preso in mano la saga di Zelda, ossia da Wind Waker in poi, ha trasformato molti aspetti. Non tutti in positivo. Il cambiamento più lampante è stato il progressivo avanzare dei puzzle, da semplici spezie a ingredienti principali. Non che gli enigmi siano sgradevoli, ma hanno un problema, soprattutto in ottica open world: la loro natura è duale. O sono giusti o sbagliati. Non c'è stratificazione nell'affrontarli, né piacere nel rigiocarli.
Skyward Sword ha fatto un passo nella direzione giusta, avendo eliminato quasi completamente i puzzle decontestualizzanti; detto più volgarmente, quelli da settimana enigmistica. Tutti quei rompicapo che, piuttosto che sfruttare l'ambientazione del gioco, avevano una soluzione nell'astratto reame della logica. Appartenenti al primo campo sono le crepe sulle pareti (da bombardare), al secondo i blocchi da spostare in un determinato ordine, le quattro-su-quattro torce da illuminare, la scacchiera pre-Tempio del Tempo in Twilight Princess. Ma a questo passo in avanti ne sono corrisposti due indietro, perché ogni elemento del gioco è stato reinterpretato in chiave puzzle, quasi si trattasse di un Adventures of Lolo del nuovo millennio: in particolare l'ambientazione - di cui abbiamo discusso ampiamente prima - e i combattimenti. Già, gli scontri con la spada: vi sembrerà assurdo se giocate alla serie da The Wind Waker, ma una volta Zelda era famoso per essere difficile. Da quando Aonuma l'ha accolto sotto la sua ala protettrice, gli scontri sono diventati più semplici, e i nemici più deboli. Addirittura in Skyward Sword (salvo notevoli eccezioni) si sono tramutati in puzzle ambulanti: non più assatanate belve da cui difendersi e su cui brutalmente infierire, ma avversari da studiare fino a scovare il punto debole. Per poi aspettare, difendersi e colpire. A volte la meccanica funziona, soprattutto con qualche boss particolarmente temibile, ma non tanto da rappresentare uno standard adeguato. Forse nemmeno questo è il principale dei problemi (è abbastanza circoscritto ai controlli di Skyward Sword, in effetti), perché i nemici in generale dovrebbero essere più forti, e se Aonuma sostiene il contrario allora sarebbe opportuno inserire l'Hero Mode fin dall'inizio - una soluzione poco nintendiana, ma alquanto gradita. Infine - e in un open world è fondamentale - che orde di nemici aggrediscano Link assetate di sangue! Anche senza esagerare, che attacchino. Che lo bracchino. Che non stiano ferme e immobili e idiote in attesa di essere piallate. Gioverebbe anche all'atmosfera dell'avventura, col giocatore sotto pressione e la malaugurata prospettiva di una morte imminente sempre (o quasi) dietro l'angolo. In quest'ottica sarà altrettanto importante il ritorno del progressivo scorrere delle ore. È drammaticamente paradossale che la saga capace di imporlo come standard per le avventure poligonali - attraverso Ocarina of Time - l'abbia poi trascurato, quasi fosse un dettaglio secondario. Non lo è, non lo è mai stato, sicuramente non lo sarà con un open world da visitare - anzi. Fiduciosi che l'alternarsi del giorno e della notte tornerà protagonista, che potremo di nuovo attraversare le beate praterie ammirando la cremisi Epona al morir del sole, che potremo ancora temere l'imbrunir per l'insorgere delle legioni tenebrose - ecco, fiduciosi di tutto questo, gradiremmo assai una bella ocarina magica, nel mondo reale, per portarci avanti di qualche mese e provare la demo zeldiana del prossimo E3. Poi torneremmo indietro a raccontarvela, ci mancherebbe.