Doveva essere il simbolo finanziario del Venezuela, un grattacielo che con i suoi quarantacinque piani doveva sovrastare Caracas come simbolo infallibile del potere. Doveva, perché il Centro Financiero Cofinanzas, iniziato nel 1993, non è mai stato terminato. Passato a controllo statale dopo la crisi bancaria dell’anno seguente, è diventato la più alta baraccopoli del mondo, cresciuta in verticale da quando, nell’ottobre 2007, con il beneplacito delle autorità, è stata occupata da settecento famiglie.
Tolto quel nome altisonanate di centro finanziario, non solo gli squatter e gli abusivi che vi vivono, ma tutti i caraqueños la conoscono semplicemente come la Torre di David, dal nome di chi l’aveva voluta, David Brillembourg, il banchiere morto prematuramente dopo aver investito una fortuna nel progetto.
Stona davvero lo scopo per cui era stata costruita con l’uso che se ne fa oggi. Da espressione del potere economico e finanziario del Venezuela degli anni Ottanta, imbevuto del culto delle poche, facoltose famiglie, che decretavano con i loro capricci il destino del paese, è diventata ricettacolo di quell’umanità gettata o mantenuta sul lastrico proprio dai giochi di potere. Un quartiere di diseredati, che invece di crescere in orizzontale, si è elevato verso il cielo, come alla ricerca di una salvezza tra le nuvole e, un gradino più su, verso il paradiso. Una salvezza che finora è arrivata ¨solo¨ fino al ventiduesimo piano: la salita verso il cielo è ostacolata da un impedimento pratico, la mancanza degli ascensori.
Città nella città, il grattacielo funziona con un proprio regolamento interno. A mancanza di servizi (l’acqua va e viene, interi piani sono al buio, non esiste un sistema di fognature), ogni piano è sotto la responsabilità di un coordinatore. Non si paga l’affitto, naturalmente, ma ogni famiglia sborsa ogni mese una quindicina di dollari per un servizio di baby sitter e per le necessità spirituali, affidate ad una chiesa evangelica. Il grattacielo, che doveva celebrare un sistema creato per perpetuarsi, è diventato, insomma, un monumento alla provvisorietà e al transitorio. Una temporaneità che però è anche lo specchio della fragilità dell’attuale sistema che, al di là delle dichiarazioni di una rivoluzione che libera ed eleva, non è riuscito a risolvere il fondamentale problema della casa a più della metà dei venezuelani.
La Torre di David è diventata anche territorio di dispute culturali. A Hollywood è stata usata (pura fiction, però, visto che si è girato a Porto Rico) come scenografia di un recente episodio della patriottissima serie televisiva Usa ¨Homeland¨, la favorita di Barack Obama. Non proprio in buoni termini, visto che da Caracas l’hanno tacciata di propaganda anti-venezuelana: la slum in verticale appare rifugio di fuori legge e testimonianza del fallimento chavista. Di differente avviso sono stati alla Biennale di Venezia, dove due anni fa hanno premiato il grattacielo come un esempio di common ground, per l’uso razionale degli spazi comuni dove le famiglie occupanti ¨hanno creato una nuova comunità e una casa a partire da un edificio abbandonato e incompiuto¨.
Questioni di vedute. Riappropriazione dal basso degli spazi o espressione di miseria, la Torre di David ha bisogno di crescere. Per farlo, hanno fatto sapere i coordinatori, c’è bisogno degli ascensori.