Magazine Diario personale

Carezze come fossero alberi

Da Nuvolesparsetraledita

consecco

Sempre di questa stagione – più o meno fine aprile, a volte inizio maggio – ti commuovono gli alberi.

Si aprono si innalzano si allargano:  si tendono verso il cielo, non si lasciano sviare dalla terra.

Cambiano la pelle, il loro colore: il tronco si fa turgido e marrone, ocra, giallo, a volte grigio; le foglie esplodono di una lenta felicità e sono verdi, un suono che riposa.

Sono gli alberi dimenticati lungo la strada mentre tu passi veloce con l’auto e non li vedi, sono a gruppi – lunghe schiere tutte uguali – sono solitari superbi o semplicemente  infelici. Ti commuovono quando rimangono fermi mentre tu passi o si piegano al vento, inchinandosi quasi, ma senza spezzarsi neppure nella tormenta dei giorni più bui. Sono gli alberi che chiacchierano a gruppi e non ti degnano di risposta quando li cerchi, che ridono di te perchè c’erano già e ci saranno ancora. Sono alberi nati per caso senza ordine, cresciuti di fortuna, rinforzati dalle intemperie, dissetati dalla pioggia e scaldati dal sole dell’inverno. E ti commuovono: il cuore ti si spezza quando li guardi e lasci il loro verde possederti.

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Era appoggiato alle tue ginocchia ed il sorriso bianco di ragazzo contrastava con i capelli già un po’ stempiati sulla fronte, con la barba nera morbida. Rideva di te, le tue parole i dubbi le paure, lui ne rideva.

Era questa stagione – più o meno fine aprile inizio maggio –  più o meno stesso tempo; intorno l’erba fragrante dell’ afrore del non colto, e gli alberi si chiudevano tutti intorno.

Eri appoggiata contro un tronco, ruvido alla schiena, e giocavi con le foglie – le stringevi fra le dita le tagliavi con le unghie – lui rideva di te, delle tue paure, dei tuoi dubbi, delle tue parole e strofinava la sua fronte contro il tuo ginocchio.

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Sempre di questa stagione ti commuovono gli alberi: gli alberi che crescono in città, a fatica. Quelli che spuntano da un muro tendendo le braccia come prigionieri, quelli che danno riparo agli uccelli – passeri cutrettole, qualche rondine una volta non più ora – , quelli che illuminano una casa vuota o solitaria, buia o abbandonata. Gli alberi dei giardini pubblici, scontati: non importa se ci sono, non importa cosa fanno, ai giardini si va per giocare, non per carezzare gli alberi.

Ti commuovono sempre gli alberi, soprattutto di questa stagione,  gli alberi unico legame tra la terra e il cielo; sono stati gli alberi che ti hanno accolta quando allora sei stata felice, poi ti hanno consolata quando se n’è andato ed eri disperata.

Non ti sei mai più sentita così amata e ti fai ancora compassione.

specidivers

CAREZZE COME FOSSERO ALBERI

Le ho avute, si
la pena e la gioia, il riso forte.
Il pianto disperato e l’intrigo.
Ho avuto tutto, l’ho messo nelle regole ai figli
nel toccare
le donne come fossero frutti
acerbi, chiari.
Di quella chiarità a volte fragile, un poema
fatto di acqua e qualche lanterna.
Ho avuto il meglio
perché le ore insieme a parlare sono il meglio
e gli inguini sfiorati di bocca sono il meglio;
e il viso terso dopo il dolore è anche il meglio.
Ho avuto molto più di che ho dato
ma rimedio, se mi darai occasione
di metterti un po’ a fuoco
così che diventiamo un’eclisse
io più te.
Un ramo di sambuco e la lingua degli eroi
la capra e la sua erba difficile;
la mano, e il negativo d’altra che stringo.
Ho avuto il meglio
la ruggine mi sfiora soltanto, un po’ del triste
a volte mi seduce le notti.
Ma poi vieni
a ricordarmi l’essere amato
e allora imparo, cos’è la compassione
la vita un po’ in salita.
A dare baci arancio e poi lilla e poi carezze;
carezze come fossero alberi
d’estate
dopo aver camminato per ore, senza meta.

 Massimo Botturi

grazie per averla scritta, grazie per avermi permesso di usarla

Non già conoscere molte cose, ma mettere molte cose in contatto, questo è uno dei primi gradini dello spirito creativo.

Hugo von Hofmannsthal, Il libro degli amici, 1922

 finestra

Avevo in testa da tempo gli appunti sugli alberi, ma non trovavo una poesia adatta.
Oggi l'ho trovata.

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