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Cari sardi indipendentisti: il 'grillismo' non vi dice niente?
Creato il 24 maggio 2012 da Zfrantziscudi Gigi Sanna
Il miglior commento, a mio giudizio, del successo dei seguaci di Beppe Grillo ovvero del movimento a Cinque Stelle è stato quello del giornalista e opinionista Mario Sechi il quale, parlando a caldo in televisione dei dati elettorali, ha insistito sul fatto che quello di Grillo è un movimento allo 'stato nascente' e che, in quanto tale, non si arresterà nel giro di poco tempo. Nessuno si illuda. Avrà vita lunga e non vorrà avere nessuno al suo fianco. Le logiche di partito non lo interesseranno minimamente. Sarà solo di proposito contro tutti e punterà tutto sulla sua 'felicità', sulla fantasia e sulla sorpresa. E sicuramente vincerà. Forse è appena il caso di ricordare che uno 'stato nascente' è un particolarissimo (e irripetibile) momento della condotta degli uomini che, di fronte a posizioni irrigidite di natura politica, economica, sociale e culturale, fanno tutti assieme 'movimento' per abbattere, con un vigoroso sforzo comune, tutte le barriere che ostacolano la libertà e impediscono tenacemente il nuovo. Il movimento per sua natura è pre-logico, senza rigidi programmi, fondamentalmente anarchico, intuitivo e, soprattutto, si fonda sull'abolizione totale delle differenze. In un movimento, ci spiegano i sociologi e i filosofi della scienza della politica, tutti si sentono in improvvisa sintonia: diventano amici, solidali, pronti ad aiutarsi reciprocamente. E' bandito l'egoismo e i 'capi' del movimento sono scelti dallo stesso movimento in quanto esso è ben consapevole che senza di essi, che ne interpretano efficacemente volontà, desideri e speranze, la lotta rischia d'essere inutile o poco efficace. Il capo o i capi, una volta scelti, sono lo stesso movimento, lo incarnano. E non sono i cosiddetti 'intellettuali' ad essere i leader, come si potrebbe pensare, ma in genere uomini di particolare carisma e sensibilità, capaci di grandi intuizioni e di capire 'cosa' vuole, 'dove vuol andare', un esercito di persone solo potenzialmente rivoluzionarie.
Uomini molto capaci di tradurre i sentimenti ancora fluttuanti in azioni e fatti concreti. Uomini che il più delle volte, forti della solidarietà incondizionata generale, infrangono le regole, spiazzano e giocano 'diverso', perché sanno che proprio quelle regole da rispettare a priori sono i baluardi della conservazione. Non si va in TV, neppure nei 'salotti buoni'. Perché la televisione evoca sempre e comunque protagonismi, lottizzazioni, illusioni di false libertà democratiche, manipolazione delle coscienze. Lì i pochissimi e i soliti guidano la danza e i moltissimi seguono. In facebook le cose sono diverse e a parlare sono tutti, chiunque voglia e quando e come voglia, soprattutto i giovani che spronano i 'vecchi' esortandoli, senza recare loro violenza, a considerare che c'è oggi un nuovo modo di comunicare. Si parla, o meglio si 'comunica', soprattutto scrivendo. Lo scrivere è già un 'votare' continuo, un desiderio di aprirsi agli altri sincero e palese. Ma sono anche uomini che sanno come usare il linguaggio adatto, in quel momento, a quel sentimento; un lessico organico a esprimere motivazioni spesso non ancora del tutto chiare alla coscienza collettiva. Anche ad usare il codice delle cosiddette 'parolacce'; quelle che provocano sul momento rifiuto ma che sono il sale, autentico verbalmente, del messaggio comunicativo dell'indignazione esasperata o, meglio, dell'incazzera. Non è strano dunque che sorga persino un 'saltimbanco' di professione e che diventi leader acclamato: lo diventa perché è il particolare momento storico a richiederlo, perché non tanto e non più l'ironia imbelle, quanto il comico più spinto e il grottesco sono gli strumenti espressivi più adatti a ridicolizzare e ad annientare i potenti, gli ipocriti, gli egoisti, i furbi e i falsari della politica. Il comico e il grottesco sono le uniche armi comunicative rimaste per abbattere, con una spallata di sberleffi, l'istituzione, il cosiddetto 'partito', 'il movimento di una volta' senza più anima, ormai irriconoscibile, paralizzato dal grigiore, dagli egoismi, dai giochi delle cosiddette 'caste'; l'istituzione ormai marcia e del tutto incapace di interpretare e soddisfare l'anima del mondo che va avanti e che richiede incessantemente soluzioni alternative e 'catastrofi' (mutamenti radicali). Questo insegnano gli studiosi e fa specie notare che la nomenclatura, quasi in coro, finga il niente, parli di 'accidenti', di fatti effimeri, limitati nel tempo e nello spazio, di 'comprensibili' voti di protesta, di voti in libera uscita, di voti destinati a rientrare quanto prima nel recinto dell'istituzione partitica. Anche quello di Bossi fu detto (chi non lo ricorda?) essere qualcosa di 'giullaresco'', di mitico, di campato per aria, di momentaneo e di nessuna consistenza dal punto di vista progettuale. E invece quello 'stato nascente ', in quanto tale, cioè autentico, fu inarrestabile e avrebbe avuto vita lunghissima, condizionando nel profondo la vita politica anche dell'oggi, se non fosse avvenuto il fatto più grave e deleterio: lo scadimento, la caduta del prestigio del capo, che ha trascinato, inevitabilmente, nel baratro tutti i valori 'traditi' del movimento. Ora, io qui parlo dello 'stato nascente' o del movimento vincente di Grillo a Cinque Stelle perché è doveroso parlarne; ma anche perché è una cosa bellissima, un evento commovente e umanissimo che ci tocca tutti da vicino. E' cosa, secondo me, da applauso scrosciante. Perché tocca soprattutto (sottolineo soprattutto) le corde di noi Sardi ormai incazzati e stanchi di parolacce in sardo e in italiano; insofferenti di convivere con una repubblichetta (prima, seconda o terza che sia) stantia e di nessuna serietà, derisa da tutto il mondo, pompata solo dalla retorica ottocentesca alla Benigni (come si vede sono i comici, nel bene o nel male, i suoi alfieri!), guidata dalla reazione senza confini di schieramenti e connotata, ugualmente, dalla corruzione senza confini, O forse questa nostra insofferenza non è palese? Non è palpabile dappertutto? Forse i dati dell'inchiesta sull'indipendentismo e sul desiderio storico folle di 'sovranità' dei Sardi sono fandonie di questo o quel sardista radicale? Sono i Meloni o i Cumpostu o i Sale che hanno commissionato un'inchiesta truffaldina? O l'hanno commissionata quattro gatti spelacchiati di un Parlamentino sardo diviso e di norma senza bottoni, ma imbattibile nel fiutare i refoli della rivoluzione? Forse le TV isolane e i quotidiani sono letteralmente impazziti per generosità pubblicitaria nel tirare la volata dei 'separatisti' nostalgici del 'a mare sos continentales? Ma il dato dei 'grillini' è anche istruttivo, enormemente istruttivo: perché consente a tutti noi di capire cos'è la reazione, dove essa si annida, come agisce e come e perché 'reagisce'; di capire cos'è mai quel fatto politico singolare che consente, prima o poi, la sconfitta inevitabile della medesima. Ci consente di comprendere che senza 'stato nascente' e senza movimento i sogni di libertà sono solo retorica, imbroglio, perseguimento di obiettivi vani quanto ridicoli. Ci consente di capire che il 'grillismo' non l'ha inventato Grillo in quanto c'è sempre stato e sempre ci sarà. In quanto movimento della storia, morale ineludibile, puro umanesimo, cioè anelito perenne dell'uomo alla libertà nella solidarietà. Ci consente di capirne il grande valore spirituale e non tanto materiale perché esso nasce come negazione assoluta dell'individualismo, dell'egocentrismo, dell'avere e del possedere a discapito dell'essere; come negazione della dipendenza, del colonialismo, di tutte le schiavitù e di ogni genere di sopraffazioni. Ma lo 'stato nascente', cari indipendentisti litigiosi separati in casa, in ragione di tutto ciò, non lo si ottiene a comando e dall'alto: perché è nobile figlio della generosità e dell'umiltà che impongono come requisiti fondamentali di verità e genuinità l'abbandono di ogni ostilità, la fratellanza, lo smussamento continuo delle punte delle lance delle tribù, l'unione strettissima delle penne multicolori. Lo 'stato nascente' indipendentista richiede ancora una condizione: l'emarginazione e la sconfitta dei cento capetti intransigenti, il disarcionare funesti cavalieri teorici del grandioso 'particulare' tribale e del perfetto quanto spocchioso 'distinguo'; i leader fasulli della paralisi permanente, in caccia della gloria di un giorno, esaltati dal fatto che al seguito hanno i fedelissimi, i giustissimi, i purissimi; gli antesignani della futura repubblica dei veri santi sardisti; quelli che danno, regolarmente, come esito di folli quanto tragicomiche scorrerie con archi e frecce, il bottino rivoluzionario dello 0.5 per cento. Quando va bene.
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