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CARLA DE ANGELIS-note di lettura di Narda Fattori

Creato il 20 marzo 2014 da Viadellebelledonne

carla de angelis

Carla De Angelis, I giorni e le strade, Fara editore

Perché si scrivono poesie, atti in perdita finanziaria , che chiedono attenzione, tempo, impongono di sciorinare l’interno dolore, di perdere pudori, di perdere i percorsi sicuri, di abbandonare i salvagente, i corrimani,…?
Credo che nessuno abbia mai risposto in modo esaustivo e convincente a questa domanda; un poeta scrive come l’innamorato ama e non c’è ragione, non esiste nessun paradigma logico, filosofico, sintattico,…., ma l’uomo da millenni sceglie parole per dire di sé e del mondo, dei fatti e delle percezioni, e ha scritto tomi teoretici, ha raffinato la retorica, ha sgravato di oneri i poeti coronandoli di onori. Altri tempi, altri costumi…
Penso ad un filo che lega nesso, Nasso, abbandono, dolore, profezia: povera Arianna abbandonata in Nasso per l’opportunismo di Teseo, nesso fra il mito e il potere che profetizza lo stretto legame fra i poteri ( politico, mercenario, muscolare); la poesia è spesso profezia: immagino un bambino che gioca sulla sabbia del mare e seleziona valve e gusci , poi tira su un edificio beffardo, che sfida ogni regola di fisica ma che lo incanta anche se la cernita gli ha procurato qualche piccolo taglio sulle dita.
Carla, che ha pubblicato solo tre libri non è poetessa avara, è donna a cui i bisogni degli altri rubano il tempo. E i bisogni degli altri non rivaleggiano con i suoi , semmai li fa rivivere come propri.
Il titolo ha una sua consistenza semantica: i giorni che tramano il tempo e che ci fanno scoprire un ieri diverso, minuscolmente diverso dall’oggi , e la trama delle strade che ci portano a deviazioni, a rettifiche, a procedere e a recedere, a tessere comunque sempre la tela che la sorte ci ha dato, a provare ad amarla nel dolore che trafigge, nello spiraglio che ci illumina, raramente. E non c’è risposta alla domanda sul motivo di esserci su questa terra : l’amore ci fece, per amore sopravviviamo.
“Se la vita non fosse un fatto privato
ti donerei metà del mio respiro
da stringere nel pugno
quando la bestia ringhia
libera la mano e continua a volare
(……………………..)
Tu puoi solo scagliare la freccia
mani insieme a tendere l’arco”
L’amore non è oblativo, esiste e non mette steccati, non ha imbarazzi, non si svuota, è testardo, persiste e muta l’amante. L’amato è poco più di un pretesto.
In questo libretto di poesie , Carla si rivela ancora più scarna, ancora più incisa e incisiva; a lei non interessa la forma, delle parole cerca la forza, la coerenza con il suo stato d’animo-
Il suo dire duole, in esso si specchia il suo stare contuso e lieve per quel sogno che sopravvive:
“……
sette gatti un coniglio due papere
scriverò due lettere
solo due lettere
qualche numero di telefono”
La vita che ci strangola fra le lancette del tempo sa fornire pause come quelle sole: sono gli animali nel suo giardino, sono vita semplice, creaturale, sono l’essenziale.
Se dovessi definire queste poesie direi che sono un breviario per un dio che non intercede ma talvolta interviene leggero come un’intuizione; a Carla basta poco, quasi nulla , pure sulle sue gracili spalle si annida un Prometeo che per amore degli accetta di rinnovare ogni notte la sua tortura felice dei fuochi che ardono qua e là per le campagne.
Come premesso dalla poetessa stessa, le poesia seguono l’ordine cronologico della loro creazione nel rispetto dell’emozione che le ha fatte emergere.
Sono poesie di sostantivi, puntute e poco giocano con la metrica; il linguaggio è moderno, però non sperimentale. Riflettono i ritagli di tempo che ha permesso loro di esistere.

NARDA FATTORI

Questa notte lascio una ciotola

alla finestra

acqua e petali di rosa

domani colpirà la distanza

delle gocce profumate

dalla pianta incauta

carica di spine  

cammino per tenere i piedi a terra

recido un braccio poi l’altro

senza chiedere la profondità del taglio

gli occhi devono tacere, la bocca

non innalzare lamenti

Il corpo in un recinto

nel profumo di rosa

senza nome

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Quando è arrivata

non ero lì

Ora la cerco nelle strade

tra i sassi

soffio le particelle di polvere  

nei battiti del pino

senza calpestare le radici

del pane dorato fra le spighe

Ho aperto una nube e l’ho cercata

nelle gocce che accompagnano

il canto dei poeti

Devo chiedere perdono

per quella distrazione

devo ripercorrere tutti i volti

risolvere quel pianto di bimba

stendere la solitudine dove i sogni

la possono ritrovare

Mi alzo

rimbocco bene le coperte

lascio un po’ di me fra le lenzuola per

ritrovarmi questa sera

Dalla finestra vedo il grano

le cornacchie i merli i gatti

un gattino che sbadiglia

gocce di acqua sulle foglie  

sulla macchina

scendono insieme al sole che sorge

mi volto

sulla tavola

il pane il latte

noi

l’abisso e la salita

Un altro giorno per conquistare le stelle della sera

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Devo salire su una stella cadente

attraversare parole nuove

fiori con tanti petali

e farfalle da accarezzare

non più bastoncini e puntini

frasi da nuotarci dentro  

con accenti sbagliati

liberi

altalenare sugli apostrofi

oscillare sul tempo lasciato

in quel cortile fra galline e alberi da frutta

canzoni urlate destino da recitare

disseppellire un barlume

brandelli di giochi

non fanno infanzia

Devo scrivere una poesia

l’ho promesso

sul bene sul male

sulla morale

Aspetto il vento,

se bussa

non chiudo porte e finestre non spio tra i vetri  

lo faccio entrare

si accomodi sul divano

gli dico

mi siedo accanto

lo insinuo nei cassetti

un soffio sotto i mobili

in cantina fra fantasie e speranze

fra bene e male

Lo specchio senza polvere

rimanda parole stonate

imprime un segno

nessun miracolo oggi

il soffio che ora sento

non è il vento

è l’odio

odora di selvaggio

impudente mi riflette

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Dovessi morire adesso

nessuno saprebbe i pensieri

che questa sera penso

non potrei ordinarmi fra le lenzuola

ritrovare lo stesso sogno

che tornava a casa

a nessuno potrei dire di quel sabato incantato  

mancherei a tutti gli appuntamenti

Fermo il cuore

le gambe e lo stomaco non proverebbero più tremiti

Il cellulare nuovo? la pasta che a malavoglia

ho lasciato per il pranzo di domani?

sarà come non avessi

più bisogno del respiro

Che farei delle mie mani pronte

a trattenere il vento

a contare i giorni di coraggio

posati sulle ginocchia?

Qualcuno per cancellare il dolore

vuoterà l’armadio brucerà le foto

imbiancherà le pareti della mia stanza

forse il computer conserverà memoria.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Un touch e scompare un volto

rotolano nel cestino lettere messaggi

tutti i baci e gli abbracci

il respiro di un lungo tempo

i luoghi di tanti racconti

mille e più amici  

Attenzione

il nemico è silenzioso

nessuno riposi

disperato a recuperare

quel battito dal volto invisibile

perso nello spavento del file

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Una goccia di sudore

non sa dove posare la lacrima

Il dramma è quella carretta troppo carica

Il mare la inghiotte poi ripete la sua onda

Il dramma è quella donna malmenata e arsa viva  

Intorno le auto continuano la corsa

Un altro uomo si ferma

quanto?

settembre 2012

Utopia

Scusa Signore se non ho ricordo dei giorni vissuti

un pensiero lungo in cerca di incanto

è rimasto impigliato nei perché

tuttavia riprendo la strada

senza sprecare una mollica di pane

un sorso di acqua un passo una parola  

senza consumare il mistero mi fermo

dalla finestra vedo passare il gregge

il cane bianco lo protegge lo avvia alla collina

l’incanto si trova nei fili d’erba

nel silenzio del pastore nel sole

nessuna pecora si deve smarrire

nessun uomo deve più morire

(pensando a tutte le guerre)

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Una briciola già mi sfama

una nota mi rallegra

un seme lo dono alla terra

Il Signore gli conceda

la gioia di germogliare


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